Un nuovo dinamismo per il sistema europeo
“Vorrei ringraziare l’Ambasciatore, Ministro Giulio Terzi, mio caro amico, che mi ha coinvolto come relatore nello svolgimento e organizzazione di questo meeting.
Questo meeting per noi di Farefuturo arriva in un momento di riflessione che come fondazione stiamo facendo e di cui accennerò fra poco; in un anno decisivo per la nostra Europa che vedrà un’importante elezione del Parlamento europeo nel prossimo mese di maggio, sicuramente la più importante dalla sua costituzione.
È il mio terzo intervento oggi su questo argomento; sono intervenuto in aula nel dibattito aperto dal Presidente del Consiglio Conte al Senato sulle prospettive e obiettivi del prossimo Consiglio europeo e sono intervenuto oggi pomeriggio in Commissione esteri a fronte dell’audizione dell’ambasciatore della federazione Russa, nel quadro dei rapporti tra l’Italia, l’UE e la Russia, anche alla luce delle sanzioni che l’Europa ha messo su indicazione e stimolo del nostro alleato, gli Stati Uniti.
Il fatto stesso che sia costretto, in questo caso compiaciuto ad un terzo intervento, dimostra cosa sia l’Europa per noi italiani a fronte di quello che in questo libro è evidenziato, a fronte cioè della crisi della UE che si manifesta in tante competizioni elettorali ma anche nella paralisi delle istituzioni.
Oggi ho fatto notare al Presidente del Consiglio Conte che i proponimenti e le decisioni prese quattro mesi fa nel precedente Consiglio europeo non sono stati realizzati nei quattro mesi successivi, sia quelli che dovevano essere realizzati dall’UE sia quelli che dovevano essere realizzati dai singoli Stati, compreso l’Italia; ne deriva quindi la paralisi delle istituzioni come denunciato anche in questo volume, in cui la parte centrale credo di individuarla nella richiesta di tornare alle radici della nostra comunità europea che fu sancita qui a Roma con i Trattati di Roma; tornare alle origini; potrei chiamarla se vogliamo con il nome di una città polacca, tornare allo spirito di Cracovia.
Chi visita Cracovia, capisce cosa significa lo spirito europeo; lo si comprende dalla musica, dall’architettura, dall’atmosfera che vi è in quella città. Lo spirito di Cracovia che poi è in realtà proprio alle origini dell’UE ci dice qual è il fondamento della questione europea che nel libro viene evidenziata laddove si considera l’UE di oggi, giustamente, come uno spazio politico vuoto, neutrale da riempire. Lo spazio europeo culla della civiltà e delle libertà degli individui, dei popoli e delle imprese, può essere concepito come uno spazio politico vuoto da riempire? Se l’Europa è questo, chi può vantare il diritto a riempire questo spazio? La Russia? La Cina? L’Africa? Le Americhe? Se l’Europa rinuncia a dare un’anima e una missione politica, vi rinuncia di fatto l’umanità.
Noi crediamo che questo sia irrinunciabile. Perché questa è l’essenza dell’Europa!
L’Autore riconosce che l’Unione Europea debba essere una specifica comunità politica e non uno spazio neutrale da riempire, ma una specifica comunità politica fondata certamente sulle differenziazioni nazionali ma legata da una identità basata sui valori di una triplice, plurisecolare e millenaria filosofia greca, diritto romano e cristianesimo.
Il punto di fondo oppure il discrimine in cui l’Europa ha imboccato il bivio della neutralità è il rifiuto di mettere a fondamento della Nuova Europa, le radici giudaico-cristiane. Da quel momento l’Europa prende la via dell’anonimato, della neutralità del vuoto e si perde. Ecco perché bisogna tornare a quel punto, riprenderlo per rifondare l’Europa. Con la Fondazione Farefuturo, il 9 novembre, non a caso, facciamo un meeting il cui titolo provocatorio sarà “ La nuova Europa rifonda l’Europa?” dove per Nuova Europa s’intende ovviamente l’Europa che è entrata dopo la caduta del Muro di Berlino nella nostra Unione, cambiandone i connotati e anche le priorità. Per Nuova Europa intendiamo anche, ovviamente, il nucleo dei Paesi di Visegrad; infatti al meeting abbiamo invitato a partecipare le Fondazioni dell’Ungheria, della Repubblica Ceca, della Slovacchia e della Polonia. Lo dico al Ministro Szczerski: le prime tre hanno aderito, la quarta siamo in attesa di adesione. Quindi la sollecito a stimolare la fondazione polacca a partecipare al meeting e al progetto che ne nascerà.
Un progetto di ricerca comune che poi presenteremo a marzo qui a Roma e che affronterà l’altro aspetto dell’Europa; i Paesi di Visegrad e oggi l’Italia sono sotto accusa da altri perché hanno fatto una politica sull’immigrazione abbastanza ferma. Questo è solo un aspetto della questione, la tutela dell’identità. L’altro aspetto che si sottovaluta, che è per me fondamentale e che esamineremo nel rapporto di ricerca, è la crescita felice che si contrappone alla decrescita. Il titolo infatti del Rapporto di ricerca è “ La crescita felice: natalità e investimento” cioè sviluppo.
La crescita felice avviene attraverso una politica per la natalità e una politica per lo sviluppo e se vogliamo è l’altra faccia della politica dei Paesi di Visegrad che noi vogliamo portare ad esempio e confrontarci con essi. Occorre farlo perché l’Europa che ha fondato la Comunità Europea con i Trattati di Roma non esiste più da quando ha rinunciato alle radici giudaico-cristiane e quando la Germania è diventata troppo potente. Gli Stati fondatori allora erano sostanzialmente tre: la Germania occidentale, la Francia e l’Italia che erano Paesi della stessa dimensione demografica, politica e soprattutto della stessa dimensione economica, oltre a tre Stati considerati cuscinetto: Lussemburgo, Olanda e Belgio. Quando uno di questi tre Stati principali con la riunificazione del 9 novembre diventa troppo grande e troppo potente,squilibra l’Europa. Non c’è più equilibrio e pari dignità tra Stati europei.
Cito uno statista importante del nostro Paese che aveva battute forse un po’ troppo ciniche ma perfette in questo campo, Giulio Andreotti, il quale al momento della caduta del Muro disse di amare tanto la Germania e i tedeschi ma di preferire proprio per questo due Germanie. Naturalmente non siamo a questo punto ma è per capire qual è il problema.
Quindi c’è bisogno di rifondare l’Europa sulle identità, sulle libertà, sulla pari dignità tra Stati e su un comune sentire europeo. La strada da percorrere è difficile ma assolutamente necessaria rispetto al contesto globale in cui ci troviamo con nuove potenze che si affacciano predominanti nell’economia, nella scienza e non mi riferisco soltanto alla Cina; mi riferisco anche alla minaccia delle multinazionali che si sono appropriate della conoscenza del mondo.
Quattro società di cui non si conosce a fondo la proprietà, possiedono il 90% della conoscenza del mondo ed ogni anno acquisiscono ed aggiungono a quanto già hanno conoscenze pari a quello che l’umanità ha creato dalla preistoria ad oggi. Il problema è fondamentale e pone in campo quello che viene chiamato sovranismo che non è affatto populismo.
Il sovranismo è riappropriarsi della sovranità politica di decidere la sovranità degli Stati, delle Nazioni, dei Popoli per evitare che si possa essere espropriati delle proprie libertà, della propria conoscenza. A tal proposito faccio presente un aspetto di cui nessuno si è accorto in Italia e in Europa. Sono gli Accordi commerciali. C’è stata una rivoluzione qualche giorno fa; è il nuovo Accordo commerciale che Trump ha imposto al posto della vecchia NAFTA al Canada e al Messico. Perché è una rivoluzione? Perché per la prima volta viene sancito in modo chiaro in un accordo commerciale, il principio del dumping sociale. Fino ad oggi noi distinguiamo gli accordi commerciali da quelli inerenti all’organizzazione per esempio del lavoro o degli accordi commerciali. Tutti aspetti e piani separati. Per la prima volta Trump ha imposto che il Messico realizzi al suo interno una legislazione per tutelare il diritto sindacale, il minimo salariale e sanzioni precise ove ciò non accadesse. Ciò comporta due effetti: il primo, che le imprese e quindi i lavoratori americani non subiscano una concorrenza sleale dovuta al dumping sociale e a quello ambientale con il Messico. Mi auguro che l’Europa faccia altrettanto, perché questo è fondamentale per tutelare la competitività delle imprese e del lavoro. Secondo, perché si esportano i diritti ambientali, sociali attraverso l’Accordo commerciale.
Io mi auguro che su questo si possa fare un grande lavoro con i Paesi della Nuova Europa perché l’Italia che è un Paese fondatore può contribuire insieme agli altri a rifondare la nostra Europa, altrimenti saremo atomi dispersi nella nullità di un continente europeo che diventerà soltanto una società di pensionati dove andranno a svernare i pensionati di altri continenti”.
Intervento del presidente Adolfo Urso alla presentazione del libro di Krzysztof Szczerski “Il nuovo dinamismo per il sistema europeo”
*Adolfo Urso, senatore FdI