25 Aprile, con un Paese in ginocchio
25 Aprile, è qui la festa. Di tutti e di nessuno. Giorno di commemorazione e di bandiere, di vincitori e di vinti, memoria di una stagione che cantó la libertà e il sangue. 76 anni dopo, oggi è il 25 Aprile di tutti, di tutti quelli che hanno voglia di liberazione, desiderio di libertà.
Sotto il cielo plumbeo dell’Occidente al tramonto, piegato dal male venuto dalla Cina, che cosa rimane di quel 25 Aprile?
Un Paese in ginocchio, la disperazione dei disoccupati, cinque milioni oltre la soglia della povertà, le interminabili file alle mense della carità, una gioventù smarrita e delusa.
E i morti, tanti morti più di ogni altro paese d’Europa. Trecento in media al giorno, tragedia infinita. Il male che rallenta ma non scompare.
Alle spalle la polvere delle occasioni perdute, i banchi a rotelle accatastati nel nulla, le mascherine del mistero, quelle che non sai se sono buone o col fetore di truffa, il piano antipandemico farlocco e le mille contraddizioni degli incapaci.
25 Aprile di lutto nelle acque del Mediterraneo. Ancora strage di migranti, di disperati che inseguono il miraggio di un’Italia che non c’è più, illusi anche da chi parla di ius soli, parole incomprensibili a chi sfida il destino delle onde, ma che a quegli occhi smarriti appaiono come il luccichio dell’oro. Invece è solo promessa falsa. Porti aperti, illusioni alimentate, scafisti padroni, e la strage continua.
25 Aprile di chiusure e coprifuoco.
Nel luogo dove solo le piazze dello spaccio non temono restrizioni neppure allo scoccare delle ore 22.
Oggi guardi intorno e vedi saracinesche abbassate, luci spente, desolazione.
Vaccinazioni a rilento, fallimento evidente dell’Unione Europea e dei ritardi del governo dei Giuseppi. E se oggi le vaccinazioni finalmente tendono a ingranare va dato atto a un militare, a un valente generale degli Alpini che potrebbe anche essere domani la risorsa di un Paese che risorge.
25 Aprile, accendi la tv e senti parlare ancora di quel comico che recita la parte del matto. Immagini sia un malato da ricoverare. Invece è fondatore, anima e motore di un movimento che esprime il gruppo più forte in parlamento. Anche se il parlamento non riflette più la volontà del popolo. Ma votare non si può, è pericoloso più della pandemia.
Italia triste e amara. Eppure… Eppure “una mattina mi sono svegliato…
con la voglia di cantare la libertà, la liberazione dalle ipocrisie dei politicamente corretti, dalle falsità dei traditori della volontà popolare, dal veleno immesso nel corpo della Nazione.
Una mattina mi son svegliato…
ancora un poco e la liberazione verrà.
*Angelo Belmonte, giornalista parlamentare