In Occidente soffia una voglia di destra
Intervista di Giorgia Meloni rilasciata al giornale La Repubblica il 24 gennaio 2017
Alleanza lepenisti-Cinque stelle, dopo il voto. Maggioranza “nero-Grillo”: è un’eventualità che adesso in nome del fronte anti- Pd anche da destra non viene esclusa in via categorica. Giorgia Meloni sabato raduna in piazza a Roma i “sovranisti” italiani, a due passi dalle finestre di Palazzo Chigi (corteo dalle 14, poi comizio a Piazza San Silvestro alle 16). Lei e Salvini insieme per invocare elezioni, accelerare sulle primarie, mettere alle strette Berlusconi (che manda un paio dei suoi ma non va): “Con noi solo chi è coerente e non inciucia col Pd”.
State davvero pensando a un accordo dopo il voto per governare con Grillo?
“Intanto, sgombriamo il campo da un equivoco. Noi speriamo che ci sia una legge elettorale che non imponga scelte di questo tipo, ovvero delle alleanze forzate che portino a delle maggioranze artificiali. Vogliamo una riforma che preveda un premio di governabilità, per non trovarci di fronte a situazioni di questo tipo. Col proporzionale, in un sistema tripolare, ti potresti trovare dopo il voto a governare al fianco di gente del fronte opposto”.
Lei dice “opposto”. Eppure, a Roma i suoi elettori si sono spostati in blocco sulla Raggi.
“Ma quello era un ballottaggio, uno contro uno, e l’elettore di destra non voterebbe mai per il candidato di sinistra. Per noi sarebbe difficile un’intesa politica con loro, soprattutto se le posizioni rimanessero quelle di oggi”.
Ma se su Europa e immigrazione dite le stesse cose?
“No. Nel vero scontro aperto in Occidente tra chi sta col popolo e chi con le oligarchie, loro stanno di là. Sull’immigrazione hanno sempre votato col Pd, perfino nelle alleanze tentate a Bruxelles coi liberali di Alde, cioè con gli amici di Monti, loro sono con l’establishment”.
Alleanza difficile, dice. Dunque non impossibile.
“Posso dire che a queste condizioni oggi non la farei. Sono le guardie bianche del Palazzo, il bluff non durerà. Poi, per carità, tutti si possono ricredere, le condizioni possono mutare. Cercano di pescare consensi sul nostro terreno, ma gli italiani non si faranno ingannare”.
Cos’è la piazza di sabato, la versione italiana del meeting di Coblenza che ha messo insieme in Germania tutta la destra, da Salvini alla Le Pen?
“Mi piace pensare che sia la declinazione italiana di un vento che soffia in tutto l’Occidente. Diamo idee e corpo a chi vuole stare dalla parte del popolo. Poi, sa, destra e sinistra rischiano di essere ormai categorie della politica inadeguate a rappresentare questo tempo”.
E della vostra destra che ne è?
“Questo non vuol dire abdicare alla propria storia. Dobbiamo solo rispondere con spirito moderno alla domanda di sovranità e libertà. Ecco, la sovranità sarà il nuovo manifesto politico”.
Berlusconi manderà un paio dei suoi ma si tiene lontano. Le strade ormai si dividono?
“Le strade non si dividono, l’invito è stato fatto a tutti e alcuni dei loro ci saranno. Fi ha un’occasione in più per dire che vuole stare in questa metà campo e che gli inciuci non si fanno. Chi aderisce deve garantire coerenza”.
È mancata? Berlusconi flirta col governo Gentiloni?
“Sicuramente noi non abbiamo votato come Fi, per esempio sulle banche”.
Berlusconi non vuole le primarie, Salvini le propone già per l’8 o 9 aprile. Lei?
“Io addirittura il 5 marzo. Prima possibile. Sabato con Matteo diremo qualcosa in più, sarà una tappa importante”.
Marzo o aprile Berlusconi non sarà candidabile.
“Siamo certi che non sarà quello il problema, ha numerosi validi dirigenti. Non si può più imporre dall’alto, le scelte a tavolino non funzionano più”.
Avete taciuto su Antonio Tajani alla presidenza del Parlamento Ue.
“Creda, è stato meglio così. Dico solo una cosa: se la scelta è stata tra due italiani, evidentemente siamo molto affidabili in Europa per quell’establishment. E non è una buona notizia”.