AGENDA CULTURA BELLEZZA E IDENTITA’
Quello della cultura – non ci stancheremo mai di sottolinearlo – è uno degli ambiti più sensibili nell’ampio spettro degli indirizzi/interventi a cui è chiamato il nuovo governo. In gioco non ci sono solo delle risorse da impiegare o delle “poltrone” da spartire. Né può bastare la “buona amministrazione” ad esaurire il ruolo di un ministero preposto alla tutela della cultura e dello spettacolo, alla conservazione del patrimonio artistico, culturale e del paesaggio.
In occasione della campagna elettorale, individuando in “Cultura e bellezza, il nostro Rinascimento”, il centrodestra ha posto una serie di priorità programmatiche: nuovo rapporto pubblico-privato, riforma del Fondo unico per lo spettacolo (Fus), semplificazione della burocrazia relativa ai finanziamenti pubblici, tutela dell’industria audiovisiva italiana, riqualificazione di periferie e borghi anche attraverso la street art, tutela delle dimore storiche.
Un ruolo non secondario potranno averlo le nuove tecnologie. A luglio sono stati ufficialmente messi online il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND) e le relative Linee guida. Con il Piano il Ministero della Cultura ha inteso promuovere e organizzare il processo di trasformazione digitale nel quinquennio 2022-2026 nei diversi settori dell’ecosistema culturale (musei, archivi, biblioteche, soprintendenze, istituti, luoghi della cultura). Si tratta – senza dubbio – di uno strumento tecnico importante per il rilancio della cultura e del turismo, anche nell’ambito del PNRR.
Al di là degli strumenti dati (il PND – se ben utilizzato – può svolgere un ruolo significativo), soprattutto in ambito culturale appare necessario – anche alla luce degli orientamenti politico/programmatici del Governo Meloni – lavorare sui tempi lunghi, sulle suggestioni in grado di costruire quel “nuovo immaginario collettivo” a cui si è fatto cenno in campagna elettorale.
Dire cultura vuole dire infatti esprimere anche una scelta “di campo”, intorno a cui sviluppare un organico progetto di sviluppo, attraverso una politica d’intervento, che parta da alcune considerazioni “di valore”, per poi scendere in un ambito programmaticamente dettagliato. Su quali piani muoversi ?
Il primo è la Bellezza. La Bellezza non è fuga estetizzante dal reale, al contrario. Essa è presa di coscienza, al di là del materialismo, dell’urbanesimo indifferenziato, dell’omologazione di massa, del trionfo dell’effimero. E’ rottura contro tutte le banalizzazioni.
Il secondo elemento, in grado di porre un autentico discrimine, è il talento. A differenza di quanto non credano gli apostoli dell’egualitarismo, il talento non è un limite alla creatività. Nella crisi del bello, la sterilità creativa ha trovato nella negazione delle competenze il proprio alibi. Portare al centro della produzione artistica i fattori formali e sostanziali che stanno alla base di compiuti percorsi formativi, significa dare nuova dignità e nuova consapevolezza a quanti in essa e per essa di trovano ad operare.
L’identità è il terzo fattore cruciale. Anche qui non si tratta di ricapitolare, magari elencando stancamente scelte valoriali.
Come scriveva Simone Weil (La prima radice) “il bisogno di avere radici è forse il più importante e il meno conosciuto dell’anima umana. Difficile definirlo. L’essere umano ha le sue radici nella concreta partecipazione, attiva e naturale all’esistenza di una comunità che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti dell’avvenire”.
Può una comunità vivere senza simboli, senza “certi tesori del passato”, che ne legittimo la stessa ragion d’essere spirituale?
E’ allora spostando la sfida dai valori materiali a quelli immateriali, che è possibile prefigurare una società in grado di superare realmente la crisi contemporanea.
Compito delle istituzioni politiche, a cominciare dall’ambito culturale, è quello di riconoscere e garantire il pluralismo delle voci, senza tuttavia precludersi una lettura critica della realtà, su cui intervenire per orientare, sollecitare, valorizzare.
Rispetto ai diversi comparti della cultura, non è dunque ininfluente definire delle linee generali d’intervento, rispetto alle quali “ordinare” l’intera materia.
Vediamole in sintesi.
1) I beni culturali sono un’espressione di civiltà e, quindi, come tali rappresentano la viva testimonianza spirituale di un processo comunitario che ha vissuto ed è stato attraversato dai popoli. I beni culturali costituiscono la vera trasmissione di una tradizione che ha caratterizzato la civiltà, l’anima e la costruzione di un popolo. Vanno tutelati attraverso una profonda politica della conoscenza che deve avere come elemento portante un progetto educativo, che punti chiaramente a un tracciato fruitivo.
2) La cultura popolare o le tradizioni popolari sono realtà di conoscenza delle civiltà e dei popoli. Vanno recuperate e proposte come processi non solo storici ma umani. Lo stesso folclore rientra in un processo culturale che appartiene alla consapevolezza di una tradizione.
3) La scuola deve avere una funzione prioritaria non solo nel campo formativo, ma soprattutto come modello primario di un’agenzia educativa che ponga come dato valoriale la memoria e l’identità nazionale.
4) I giovani sono la sfida del domani, perciò debbono diventare i soggetti privilegiati dei nuovi investimenti culturali, al fine di sanare distanze spirituali e sociali immotivate (pensiamo al Teatro, alla Musica classica, alla conoscenza del nostro patrimonio culturale). Per questo occorrono però nuove metodologie comunicative, un nuovo dinamismo in grado di favorire suggestive contaminazioni culturali e politiche coinvolgenti.
5) Un cinema che sia in grado di affermare i grandi temi della testimonianza umana e dia senso a quell’identità storica che ha caratterizzato l’esperienza cinematografica e culturale italiana, la quale deve portare dentro di sé elementi creativi e pedagogici alti.
6) La lingua italiana, la sua difesa, è parte integrante di una strategia culturale che permetta la conoscenza e la non dispersione dei linguaggi e delle forme identitarie della comunità, diventando, nel contempo, “ambasciatrice” dell’Italia nel mondo.
7) In anni di cancel culture la difesa, la valorizzazione, la promozione dei simboli, materiali ed immateriali, della nostra identità nazionale deve essere la strada per sconfiggere l’omologazione culturale e l’indifferentismo spirituale.
E’ a partire da questa “Agenda” che si avverte la necessità di organizzare una strategia culturale d’intervento, la quale permetta il passaggio dal livello teorico ed ideale a quello concreto ed operativo, attraverso un percorso istituzionale, che sappia guardare ad obiettivi precisi, avendo come cornice la creazione di un nuovo immaginario italiano.
Al centro un’idea partecipativa e “ricostruttiva” della cultura, che guardi all’identità nazionale, senza però precludersi ambiti nuovi di ricerca, con la consapevolezza che la battaglia culturale si vince avendo visioni lunghe e di lunga durata. La cultura dell’effimero non ci appartiene.