Centrodestra “modello Amministrative”? Spunti per una ricetta governista
Le elezioni amministrative hanno premiato, per certi versi in modo inaspettato, il centrodestra. Questa vittoria impone, ora, un cambio di marcia e mette di fronte a nuove responsabilità un’area politica che, negli ultimi anni, non ha certo brillato per coesione e capacità di compattarsi dinanzi ai deliri del grillismo e al vuoto storytelling di Matteo Renzi. Le numerose affermazioni a livello comunale hanno dimostrato che se il centrodestra antepone ai personalismi la creazione un’alternativa programmatica credibile e, non di meno, la selezione di candidati autorevoli ancorati al proprio territorio, gli elettori sanno ancora riconoscere la bontà di un’offerta politica. Tuttavia, la politica non è un gioco a somma zero
Per replicare il successo delle amministrative, non basterà semplicemente mettere in fila simboli, nomi, numeri. Che il centrodestra unito – ovvero un fronte più ampio possibile, senza preclusioni per Stefano Parisi e Raffaele Fitto – abbia la vittoria a portata di mano anche alle elezioni nazionali è un dato di fatto: molto più complesso, però, è creare le condizioni necessarie affinché ciò avvenga. La premessa imprescindibile per raggiungere l’obiettivo è ristabilire un clima costruttivo e di fiducia: porre fine alle ambiguità sulle alleanze e sul rapporto con questa maggioranza di governo, e smettere di cercare avversari all’interno dello stesso centrodestra. Gli avversari sono fuori da questo perimetro: sono il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico. Silvio Berlusconi non faccia l’occhiolino a Renzi, e Matteo Salvini non cada nell’errore di rincorrere – quasi per ripicca – Beppe Grillo. E’ evidente il logoramento prodotto da questi egoismi che si traducono spesso in duelli verbali fatti di dichiarazioni al veleno; ed ancora più evidente è la cortina di ferro che divide idealmente i popolari dai sovranisti. Il problema, dunque, è come trovare una sintesi tra queste due anime apparentemente inconciliabili.
L’approccio più saggio è probabilmente di non affrontare, ora, l’annosa questione del leader, bensì di prendere di petto un fattore ben più importante: il programma di governo. Il centrodestra, infatti, dovrebbe ricordare e fare tesoro della naufragata esperienza del Popolo della Libertà per evitare di ripetere i medesimi errori. Quell’esperimento, che inizialmente è stato il simbolo di una vittoria schiacciante e di una (presunta) unità, è naufragato a causa di litigiosità, veti incrociati ed eccessi di leaderismo. Ecco perché, questa volta, non bisogna iniziare dalla fusione fredda di soggetti né tantomeno dall’incoronazione di un leader, bensì da una proposta di governo che sappia parlare non solo agli elettori di centrodestra, ma anche anche ai milioni di astenuti. Senza dimenticare che, a differenza del 2008, non v’è un partito all’interno del centrodestra che possa rivendicare con forza il ruolo di azionista di maggioranza: la collaborazione, magari obtorto collo, si rivela una necessità per tutti.
E’ imperativo costruire una piattaforma programmatica condivisa che, nei fatti, ha già dei punti di contatto: si pensi, ad esempio, alla battaglia comune contro lo ius soli alla renziana, oppure alla proposta di una flat tax mirabilmente elaborata dall’Istituto Bruno Leoni che può diventare parte integrante di una riforma fiscale di ampio respiro, e ancora alla volontà di elaborare una politica migratoria più severa e, se necessario, senza la “benedizione” dell’Unione Europea. E’ proprio il rapporto con l’Unione, inutile negarlo, il tema forse più divisivo: proprio per questo, si deve abbandonare il muro contro muro ed elaborare con l’aiuto della società civile e delle fondazioni culturali una proposta di riforma delle istituzioni europee, senza debordare nel qualunquismo e nella ricerca dello slogan ad effetto. Il tempo dei festeggiamenti è già finito: arriva quello di rimboccarsi le maniche, senza aspettare per forza la legge elettorale. Altrimenti, i trionfi a Genova, La Spezia, Sesto San Giovanni si riveleranno solo delle classiche vittorie di Pirro, ottenute più per i demeriti degli avversari.
*Federico Cartelli, collaboratore Charta minuta