Dalla storia, una lezione da non dimenticare
Nel 1998 frequentai la “Scuola di Liberalismo” della Fondazione Einaudi e, ricordo, fummo invitati a riflettere sul processo di globalizzazione che allora muoveva i primi passi e sulle relative opportunità e minacce per le società libere. Oggi, a distanza di 22 anni, il tema è ancora attualissimo e molto più complesso.
In sostanza, si dibatteva allora, se le società occidentali e libere fossero in grado o meno di guidare quel processo, che avrebbe dovuto portare ad estendere, assieme alle libertà economiche, anche le libertà politiche e civili in Oriente o se, al contrario, questa apertura avrebbe rappresentato per noi e per i nostri sistemi una minaccia.
Ebbene, attualizzando quell’interrogativo con quanto accade oggi, c’è da guardare con molta attenzione alla bilancia dei rischi e delle opportunità. Non solo per la diffusione della pandemia da COVID 19, che da lì arriva, ma anche e soprattutto in ragione delle molteplici e profonde conseguenze.
Anzitutto in termini di libertà personali, le cui restrizioni sono sotto gli occhi di tutti. E’ un dato di fatto che, ormai da oltre due mesi, non possiamo più muoverci liberamente, con tutto ciò che ne consegue.
Non da meno in termini di libertà economica, dove l’impatto è stato devastante e ancora dobbiamo capire quanto devastante sarà per il prossimo futuro. Un vero e proprio lockdown che ci costa e ci costerà parecchio in termini di posti di lavoro, di prospettive di crescita, facendoci ripiombare indietro di parecchi anni.
Insomma, per tagliar corto, la società occidentale tutta, in questa fase, sta risentendo in modo drammatico della crisi sanitaria e delle sue conseguenze. Le società libere più di altre, sia in termini di contagio, sia nelle ripercussioni economiche e sociali. E tutto questo, per quanto riguarda l’Italia, senza nemmeno poter giovare di migliori interscambi con la Cina, così come era stato promesso aderendo forse troppo entusiasticamente ma senza una reale analisi preventiva, alla cosiddetta “Via della Seta”. I dati di interscambio con l’Impero Celeste, infatti, nell’ultimo periodo non solo non sono aumentati ma, al contrario, sono diminuiti. Sono cioè diminuite le nostre esportazioni e, al contrario, sono aumentate le importazioni. Ad oggi si può dire che questa “strada privilegiata” sia stata costruita a senso unico, dalla Cina verso il nostro Paese.
La domanda di fondo che dobbiamo porci è: può una società libera, ancora formalmente, come la nostra spingersi oltre la normale relazione commerciale con un gigante autoritario come la Cina, senza incorrere in rischi reali e concreti per la propria libertà? Dovremmo forse ricordarci chi siamo e dove ci collochiamo, per poter rispondere correttamente a questa domanda. Siamo italiani, fondatori dell’Europa e quindi Occidentali. Questo è il nostro campo, almeno per chi si riconosce nei valori liberali. Fuori da questo campo possiamo e dobbiamo avere relazioni amichevoli e profique, anche con la Cina. Ma ricordiamoci le parole di Virgilio: “Timeo Danaos et dona ferentes”, “temo i Greci anche quando portano doni”. Il cavallo di Troia, oggi, può chiamarsi 5G, oppure cooperazione sanitaria o qualsiasi altra forma che all’apparenza sembra un gesto di liberalità ma ricordiamoci che gli atti di liberalità appartengono, per loro natura, alle società libere. E la Cina, ad oggi, non lo è.