DESTINAZIONE ITALIA: IL TURISMO DOPO LA PANDEMIA
Il turismo, in Italia, ha rappresentato uno dei settori maggiormente in crescita nell’ultimo decennio, arrivando a generare oltre il 13% del PIL, con più di 1 milione di addetti. L’ultimo decennio ha però anche segnato una tendenza molto chiara, secondo le rilevazioni del Touring Club: il turismo domestico (quello degli italiani in Italia) ha risentito pesantemente della crisi economica tanto che i flussi sono diminuiti costantemente per poi recuperare terreno solo dal 2015; il turismo incoming ha invece mostrato un andamento decisamente migliore con una crescita a ritmi sostenuti tanto da far registrare un +34% sul 2008.
Questi dati spiegano bene quanto sia rilevante attualmente la componente internazionale per il nostro Paese: dal 2017 gli stranieri hanno rappresentano infatti più del 50% delle presenze totali (50,5%). I flussi esteri sopra citati, sempre secondo fonte TCI, producono oggi una spesa complessiva di circa 45 miliardi di euro (stima di chiusura del 2019), di cui più della metà (54%) imputabili all’attrattività esercitata dalle regioni del Nord Italia, quelle al momento maggiormente colpite dal virus.
La pandemia sta già generando conseguenze dirette sulla spesa turistica straniera in Italia e ad oggi è ben difficile immaginare cosa resterà dei circa 45 miliardi di euro che gli stranieri spendono nel nostro Paese. E’ inoltre utile ricordare che il turismo è per definizione trasversale, ovvero, oltre a essere costituito da ricettività ha ricadute significative sui servizi culturali e sul commercio più in generale. Per 100 euro spesi dai turisti italiani e stranieri nel nostro Paese, stima sempre il TCI, oltre un terzo va al settore della ricettività, 13 euro a quello della ristorazione, 12 al commercio (inteso come shopping), 7 a quello del trasporto aereo interno al nostro Paese, circa 6 a quello degli altri mezzi di trasporto (ferroviario, marittimo, stradale), 4 a quello dell’intermediazione (agenzie di viaggio e tour operator) e oltre 3 ai servizi culturali, sportivi e ricreativi. 20 infine vanno ad altri servizi non compresi tra quelli principali e più significativi (assicurazioni, spese per articoli o servizi generici).
Come si può capire, dunque, il turismo ha un impatto che si estende a tanti settori della nostra economia e anche sull’export di prodotti italiani nel mondo.
Cosa resterà, di tutta questa ampia filiera, subito dopo l’emergenza sanitaria? Quanto di questo PIL perso si potrà recuperare? Quanti posti di lavoro verranno preservati e quanti persi? Non è assolutamente facile prevederlo oggi; certo è che il turismo, nella sua accezione più ampia, rappresenta un asset strategico per il Paese ed è bene aspettarsi una tutela della filiera, in primis, con iniezioni di liquidità immediata per far fronte alle perdite attuali e, subito dopo, un rilancio massiccio, con una vera strategia di posizionamento e importanti azioni per il recupero della reputation, iniziando davvero a considerare questo ecosistema come strategico. Non solo per l’impatto economico rilevante che genera, ma anche per il desidero di Italia che esporta a tutte le latitudini del globo e quindi di prodotti italiani: dalla moda al design, dalla meccanica al food, tutto ruota attorno alla grande passione che questo Paese, con le sue enormi bellezze, è stato in grado di suscitare. Ed ecco perché il futuro dello Stivale è strettamente correlato ad una, speriamo prossima, ripresa dei flussi turistici.
Ma, anche qui, non possiamo limitarci a dire #andràtuttobene…bisogna fare dei passi concreti, quanto prima, in quella direzione. C’è da chiedersi, anche in questo caso, quale possa essere la regia, non essendoci neanche un ministero dedicato (oggi la competenza è del Ministero dei Beni Culturali, ieri era del Ministero dell’Agricoltura…). Impensabile una ripartenza senza sapere dove andare, perché è ormai chiaro a tutti che l’improvvisazione, soprattutto in situazioni complicate, non porta a nulla di buono. O non è ancora cosi evidente?