Dichiarazioni scomposte di due viceministro
Per constatare che stiamo attraversando un momento estremamente difficile dal punto di vista economico non serve certamente un luminare dell’economia e della finanza. Stiamo attraversando la più efferata crisi dal secondo dopoguerra ad oggi, una crisi da domanda dagli effetti devastanti non ancora totalmente espressi. La crisi da domanda si sviluppa con la repentina diminuzione dei consumi, in questo caso, causata dalla pandemia da covid-19. Questa crisi è di fatto un collasso dell’incrocio tra domanda e offerta che ha dei riflessi che intaccano direttamente i comportamenti e le abitudini dei consumatori. I due fattori condizionanti sono principalmente la paura di non poter più spendere in futuro e la effettiva mancanza di liquidità. Gli esperti hanno sin da subito affermato che la principale azione di salvataggio da svolgere doveva dar luogo ad una immediata e poderosa iniezione di liquidità. Ciò non si è attuato, si è dato corso invece ad interventi palliativi e di piccola entità come il modesto finanziamento a fondo perduto e i noti 600 euro erogati dall’INPS per i mesi di marzo e aprile. In buona sostanza i restanti interventi hanno mirato a procrastinare scadenze che da settembre in avanti faranno collassare la liquidità residua. L’altro elemento molto importante che genera il calo di domanda (consumi in forte diminuzione) sono la paura di perdere il posto di lavoro abbinata alla sfiducia nel mercato e nelle istituzioni. Qui sta il nocciolo della questione, se manca liquidità e aumenta la paura nel consumatore, solo azioni forti di contrasto potranno dare i benefici sperati. E’ ovvio che se c’è crisi da domanda, le aziende produttrici e il commercio non producono e non vendono e saranno obbligati a ricercare delle soluzioni prima di arrivare a licenziare e poi purtroppo a chiudere l’attività. A questo punto entrano in gioco la paura, la sensibilità, la preoccupazione e tutte quelle emozioni negative che influenzano il consumatore. Una situazione che se mal governata può portare non solo alla depressione economica, ma addirittura alla depressione sociale e psicologica. In parole semplici, senza più ottimismo anche la residua liquidità verrà destinata maggiormente al risparmio e sempre meno al consumo. Ma è di questi giorni l’ennesima uscita infelice da parte di chi ci governa. La viceministro Castelli ha invitato i ristoratori in difficoltà a desistere e cambiare lavoro, come fosse loro la colpa di questo shock economico. Inaudita affermazione che oltre a generare rabbia e disapprovazione, per i più fragili aumenta quella sensazione di impotenza che porta inesorabilmente alla depressione psicologica. Questi sono momenti storici di fondamentale importanza che se caratterizzati da gestione pressappochista da parte di chi non conosce il mercato, l’economia politica, le dinamiche produttive, e poi si avventa anche in affermazioni completamente inopportune, può solo fare dei danni irreparabili, non solo ad un settore o una filiera ma, a tutta l’economia nazionale. Con l’autunno ci saranno molti italiani che perderanno il posto di lavoro e non sarà semplice far fronte alle necessità di tutti i giorni per 3 famiglie su 5. Servono aiuti che salvaguardino il lavoro, il reddito da lavoro autonomo e il lavoro dipendente deve essere garantito con iniezione di denaro in favore delle aziende vincolato al mantenimento dei dipendenti stessi. Solo così potrà ripartire la fiducia al consumo che da un lato permetterà alle famiglie di acquistare e dall’altro alle imprese di produzione e commercio di rimanere sul mercato. Se non si risolve con intelligenza il problema, da una iniziale crisi sanitaria da covid-19, ora precipitata in una grave crisi economica, non è escluso, anzi è molto probabile, che si ritorni ad una crisi sanitaria, questa volta però di natura psicologica e mentale, unita a quella sociale. E’ proprio qui si nasconde un altro grosso pericolo, l’emergenza sociale. L’emergenza sociale, alimentata dalla difficoltà di sbarcare il lunario, ci potrebbe portare inevitabilmente allo scontro, uno scontro che grazie alle affermazioni frettolose del vice ministro Misiani non tarderà ad arrivare. Come può un rappresentante istituzionale fare dichiarazioni che possono generare tensione sociale? Il vice ministro Misiani poteva e doveva risparmiare la sua frase velenosa contro le Partite IVA: “non lamentatevi, pagate e basta”. Serve un cambio di passo, servono persone capaci alla guida del Paese e di certo gli attuali non sono spendibili perché non ne hanno le caratteristiche. Sig.a vice ministro Castelli, serve l’incoraggiamento, serve l’aiuto concreto, non servono sentenze professionali; sig. vice ministro Misiani servono aiuti e comprensione, non serve l’arroganza.