Eredità e futuro
L’eredità in politica e la voglia di futuro il tema odierno del mio diario che attraversa il deserto dei giorni che ci separano della liberazione dal governo rosso-giallo.
La sortita di Salvini che rivendica alla lega l’eredità di Berlinguer e dei valori che furono del Pci anima i titoli estivi dei giornali, incuranti delle ferite del Paese che bruciano ogni giorno di più. Ovviamente indignata la reazione del Pd che ribatte come può e si rifugia nell’imperativo all’erede di Bossi di restituire 49 milioni svaniti. Interviene da destra Marcello Veneziani che boccia la sortita del leghista e lo accusa, da ex comunista, dì subalternità. “Se si riferisce ai valori, alla questione morale, alla dignità della politica – afferma Veneziani – c’era un altro testimone molto più scomodo ma più compatibile col sovranismo e l’italianità. Si chiamava Giorgio Almirante.”
Oltre i confini di un dibattito in spiaggia l’eredità in politica costituisce uno spartiacque tra i partiti che vengono da lontano e guardano al futuro e quelli del presente, dell’oggi, del domani chissà. L’eredità è qualcosa che va oltre le persone, i nominativi, è tradizione, anima e sangue.
Se i valori di quella parte del popolo italiano che credeva nel Partito comunista non appartengono alla Lega di Salvini, tanto meno sono patrimonio del Pd. La sinistra nel corso degli ultimi decenni non ha saputo interpretare le esigenze, le speranze o la rabbia, il sudore della gente. Si identificano nel Pd oggi in gran parte le classi sociali privilegiate. A Roma per esempio, ma in tutta Italia, il Pd primeggia solo nei quartieri bene, ai Parioli, al centro storico. E i leader? Forse Veltroni e D’Alema erano i ragazzi nel solco dell’eredità di Berlinguer, molto più di Natta e di Occhetto, i successori. Ma la rivalità tra D’Alema e Veltroni ha contribuito a rendere più aspro il percorso del partito erede del Pci. Il ciclone confuso di Renzi, la rassegnazione di Zingaretti sono l’immagine della sinistra di oggi. Tirato per la giacca dai poteri forti dell’Unione Europea, dal Vaticano, perfino da Trump, infine Zingaretti si è piegato a ciò che aveva sempre respinto e negato, l’alleanza con gli eletti di Grillo, anch’essi eredi… eredi di un comico e si vede subito. Il disastro è sotto gli occhi di tutti. E domani? Nella lotta tra correnti e persone nel partito della sinistra vedo emergere Dario Franceschini. Erede di Berlinguer? Lo conosco da ragazzo. Se gli dovessi attribuire un’eredità direi quella di Aldo Moro. L’ho conosciuto nel settembre dell’86 al Gio2, la festa dei giovani della Dc che seguivo per il quotidiano Il Tempo, in crociera sull’Achille Lauro, pochi mesi dopo la tragedia dell’assalto terrorista. Renzo Lusetti all’epoca era il segretario acclamato dai giovani, al suo fianco Paolo Naccarato. E tra i ragazzi ricordo Enrico Letta, Luca Danese, Dario Franceschini. Più che sull irruento e popolare Lusetti, che godeva della simpatia dei giovani democristiani, il segretario nazionale Ciriaco De Mita puntava su Franceschini, aria da intellettuale, detto “il professorino”. Lo incontrai anni dopo Franceschini giovane deputato. In un servizio al Tg3 di cui conservo la registrazione, si esibì a cantare “Biancofiore”, quello che era l’inno della Democrazia Cristiana. Non so se qualcuno lo ha mai sentito intonare “Bandiera rossa”.
E a destra? Giorgio Almirante nel 1987 aveva ufficialmente presentato Gianfranco Fini come suo delfino. E Fini divenne l’erede designato di Almirante al Congresso del Movimento Sociale nel dicembre di quell’anno a Sorrento. Un congresso dal confronto aspro tra quattro candidati: Pino Rauti, Franco Servello, Domenico Mennitti e Gianfranco Fini. La spuntò Fini grazie anche all’investitura di Almirante. Nè divenne l’erede. Ma tutti sappiamo come è finita.
L’erede di Berlinguer non è Zingaretti, come l’erede di Almirante non è stato Fini. Ma a destra l’eredità non è solo nel ricordo di chi ha tenuto accesa la fiaccola dell’onore, della patria, dell’onestà. L’eredità è nei valori di sempre, è nel futuro, è il coraggio di credere, è la forza di lottare. Non è solo,ieri, è soprattutto domani. “Noi siamo qui oggi e domani. E quando non ci saremo più noi ci saranno i nostri figli. e quando non ci saranno i nostri figli ci saranno i nostri nipoti. Perché questa storia non finirà mai”. Parole di una donna, erede del futuro.