EUROPA, DIRITTIFICIO CHE UCCIDE IL FUTURO
Pubblichiamo alcune pagine del libro “Lo Stivale e il Cupolone” (Ed.Il Timone) scritto dal nostro direttore Mauro Mazza e uscito nei primi giorni di dicembre. Il saggio affronta il divorzio tra Italia e Chiesa cattolica, nel quadro di un’Europa che si è illusa di poter fare a meno di Dio, di ogni religione e di ogni morale. In una sorta di dirittificio senza regole, la crisi demografica rischia di rendere irreversibile la crisi in corso. Ringraziamo “Il Timone”.
È un’Europa senz’anima, simile a quella paventata da Gilbert K. Chesterton: “Atea e superstiziosa, ha smesso di credere in Dio e ormai crede a tutto”. La tecnica esercita un imperialismo stringente, i signori di Bruxelles hanno un potere massificante e miope. L’ideologia gender, nuova bandiera ideologica, oltre al superamento della naturale distinzione /unione maschio-femmina, accelera una crisi demografica così profonda da condannare l’Europa all’estinzione entro i prossimi decenni. Le popolazioni del vecchio continente sono ormai numericamente minoritarie, destinate ad essere sempre meno rilevanti in rapporto al dato demografico della Cina e dell’India; nel confronto con vaste aree dell’Africa dove l’aumento è costante, spesso travolgente. La sproporzione si va facendo drammatica perché i popoli in condizioni di povertà assoluta saranno presto i tre quarti del pianeta mentre l’Europa rappresenterà solo una piccola parte del rimanente quarto. Tale processo si va compiendo nell’assoluta, miope incoscienza delle classi dirigenti, che continuano a considerare il decremento demografico europeo – con l’aumento della massa-lavoro fornita dai poveri del pianeta – un vantaggio enorme, che esalterà la soddisfazione ulteriore dei desideri individuali e moltiplicherà il potere di élites sempre più dominanti, padrone assolute. L’Europa sconta le colpe della sua classe dirigente, ridotta, esclusa o subalterna rispetto alle centrali che si contendono la palma del comando. Sempre più spesso, anche nei manuali scolastici, si propongono mappe geografiche incentrate sull’emisfero asiatico e australe, con Stati Uniti e Oceania ad est, Russia e Giappone ad ovest. In quelle carte si fatica a ritrovare l’Europa, relegata quasi in un angolo, ridotta ad appendice della sterminata Russia e insidiata dal gigantesco continente africano.
Negli ultimi decenni, mentre il piano s’inclinava maggiormente e la velocità aumentava, la Chiesa si è ritrovata senza difese, non ha mostrato capacità di reazione. All’inizio, aveva ribadito il suo incoraggiamento per l’Europa, non causalmente fondata da tre statisti cattolici come De Gasperi, Adenauer e Schuman e potenzialmente in grado di recuperare – dopo le immani tragedie del Novecento – una centralità equlibratrice e una missione positiva sulla scacchiera mondiale. Pio XII vedeva con favore un “movimento irresistibile che spinge ad unirsi”. A questa Europa “dall’Atlantico agli Urali” ha guardato Giovanni Paolo II, in attesa che potesse tornare a respirare coi i suoi “due polmoni” nell’abbraccio tra Roma e Mosca. Benedetto XVI non ha mai smesso di richiamare i princìpi inalienabili dell’uomo: diritto di nascere e di vivere dignitosamente, difesa della famiglia composta da un uomo e una donna, tutela della libertà educativa. E lo stesso Bergoglio, pur considerando l’Europa non più centrale, ma a suo modo periferia con cui condividere tratti di strada e impegni comuni, ha supplicato: “Vecchia e sterile Europa, ritrova la tua anima!”.
Ma se a fare la storia, e a scriverla, è l’autocoscienza di un popolo, cioè il modo in cui si concepisce, l’Europa pare aver dimenticato se stessa. Dapprima ha distrutto le identità nazionali, poi ha tentato di compiere l’atto più grande e tragico: la sua stessa morte. Quando i desideri si traducono in diritti e impongono nuove leggi, si realizza una società profondamente illiberale e dispotica. Il legislatore considera suo dovere prendere atto dell’asserita evoluzione di costumi e mentalità. Le antenne politiche e parlamentari captano le domande sociali poste da gruppi di pressione e centri di potere – sia pure minoritari – che pretendono di rappresentare la parte evoluta della società e di incarnarne, precedendola, la necessaria evoluzione. Grazie al controllo dei media e al supporto di autori tv, sceneggiatori di serie, cantanti e ballerine, opinionisti e saltimbanchi, si crea un potente cortocircuito che rapidamente conquista cittadinanza, tutela di legge e, quando occorre, anche finanziamenti. Ogni cosa sembra seguire un copione immodificabile, destinato a procedere fino all’ultimo atto. Eppure, ci sono elementi che inducono a non disperare. Potrebbe venire il tempo in cui saprà conquistare attenzione e ascolto chi mostrerà di possedere forza e carisma, coraggio e determinazione, per riaffermare verità dimenticate. Una su tutte: il diritto individuale è per sua natura un atto pubblico, che incontra limiti invalicabili nella ragione, nella giustizia, nella convivenza con gli altri. La resistenza è doverosa, la reazione è necessaria, sacrosanto il rifiuto di piegarsi ai nuovi dogmi. San Paolo ammoniva i Galati: “Non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù”. Il giogo del nostro tempo va imponendo il ribaltamento di ogni principio su cui si è costruita la civiltà occidentale: natura/mondo, uomo/ Dio, spazio/infinito, tempo/eterno, libertà/verità.