Fare Italia nel mondo
Mercoledì 1 luglio alle ore 9.30, a piazza della Minerva 38, la fondazione Farefuturo organizza un convegno dal titolo Fare Italia nel mondo. Le sfide post-globali delle nuove relazioni internazionali.
A che serve il mondo per l’Italia? Questa è la domanda che emerge dal dibattito organizzato dalla Fondazione Farefuturo in occasione della presentazione del volume Fare Italia nel Mondo svoltasi oggi al Senato. Lo studio-rapporto sulle relazioni internazionali e l’azione dell’Italia nel mondo è curato da Paolo Quercia e ha per titolo “le sfide post –globali delle nuove relazioni internazionali”.
Il rapporto parte dalla considerazione che a vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, il mondo appare ancora lontano da un equilibrio stabile. Né il modello uniploare fondato sull’egemonia soft americana, né l’utopistica governance mondiale basata sul trasferimento di sovranità verso le organizzazioni multilaterali hanno saputo generare un nuovo sistema internazionale capace di produrre sicurezza, sviluppo e prosperità condivise. Una delle cause d’instabilità è il continuo processo di rapida redistribuzione della potenza politica ed economica che, aggravato dalla turbo-globalizzazione degli anni Novanta, ha contribuito non solo a provocare l’attuale recessione mondiale, ma anche ad aggravare la crisi della coesione politica dell’Occidente. Tuttavia, negli ultimi anni si è potuta osservare un’inversione di tendenza.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, ma ancora di più dopo l’inizio della crisi economica mondiale, gli Stati sono ritornati progressivamente al centro delle relazioni internazionali sia politiche che economiche permettendo di ipotizzare il ritorno a una qualche forma di equilibrio basato sui rapporti tra grandi potenze e alleanze. In campo economico, nel corso del 2008 gli Stati sono dovuti intervenire massicciamente per evitare che la crisi divenisse depressione. Nel mondo post-globale che si sta delineando, l’Italia deve prendere coscienza del proprio ruolo di media potenza inserita in un contesto mondiale fluido e incerto, accettando i limiti della propria condizione ma preparandosi anche a coglierne le opportunità.
Il rapporto non mira semplicemente a descrivere le condizioni del pianeta in cui ci troviamo. Ambisce ad individuare gli interessi nazionali del nostro Paese e ad orientarne le scelte sul terreno decisivo della politica estera. Stando alle sue conclusioni, l’Italia deve occuparsi maggiormente della politica internazionale, dedicare più risorse all’internazionalizzazione economica, manifestare più coraggio e consapevolezza nell’inviare i suoi militari nelle aree di crisi, intensificare la propria azione di cooperazione allo sviluppo ed investire con determinazione nell’esportazione della propria cultura.
Hanno discusso il rapporto Federico Eichberg, Marco Fortis, Oscar Giannino, Giancarlo Lanna, Emma Bonino, Luca Caracciolo, Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Paolo Zegna, Angelo Mellone e Gianfranco Fini.
I relatori hanno concordato sul fatto che è necessario arginare la filosofia del declino inesorabile del nostro Paese e rilanciare una nuova postura internazionale dell’Italia, radicata sulla soluzione dei suoi tradizionali e strutturali gap strategici. Il Presidente di Farefuturo Gianfranco Fini ha ricordato che “l’Italia è un paese in cui il sano pessimismo della ragione tende spesso a trascolorare in quella sorta di ideologia automortificatoria del “declinismo”. “E’ invece la fiducia – ha ricordato Fini – che non deve mai essere disgiunta da un sano “realismo” ed occorre una conoscenza obiettiva delle nostre possibilità reali, vero filo conduttore di tutto il libro, come dimostrano ad esempio i dati confortanti sulla capacità dei nostri operatori economici di saper “fare Italia” nel mondo”.
“Questo rapporto – ha aggiunto il Adolfo Urso, segretario generale di Farefuturo, – ci consente di guardare il mondo in grande cambiamento con l’occhio dell’Italia. E quindi di fornire coordinate e suggerimenti a chi deve agire per consentire al paese di attraversare appunto la grande crisi, riuscendo a cogliere le nuove ed altrettanto grandi opportunità. L’Italia può crescere in Italia in quanto cresce anche all’estero, e può crescere nel mondo in quanto rafforza il suo modello produttivo. Fare Italia nel mondo è più facile di quanto si pensi: basta guardare a quello che abbiamo fatto da sempre, nel corso dei millenni, prima intorno al Mediterraneo e poi lungo le migrazioni secolari. Fare Italia nel mondo è parte del nostro Dna, è a fondamento della nostra civiltà”.