FdI-AN: le condizioni necessarie per una destra moderna
di Giovanni Basini – da LaCosaBlu.it
Nell’esame di diverse critiche apparse su vari giornali ed anche qui sulla Cosa Blu, abbiamo potuto misurare la delusione di molte persone che avevano guardato con attenzione al congresso di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale. Alcuni giudizi ci sono sembrati prematuri a fronte di una situazione che è ben lungi dall’esser stabile. Chi scrive a livello personale non ha ritenuto di aderire ancora al progetto di cui si parla, ma nondimeno ha interesse a far sì che l’analisi di una delle forze potenziali di una nuova coalizione di centrodestra veda un vero approfondimento anche di pars construens anziché solo critiche, semplici da fare e da condividere ma inconcludenti.
Non v’è dubbio – particolarmente per un liberale liberista – che ci siano stati degli errori politici nell’organizzare e nel comunicare il Congresso di FdI, al cui esito abbiamo visto molte poche adesioni esterne al gruppo di partenza e troppa nostalgia perché uscisse sui media come una nuova Fiuggi. Il populismo e l’anti-europeismo di matrice socialista-nazionale sono tutte cose che abbiamo visto e soppesato. Tuttavia lo scenario della politica è sempre e per definizione quello di un sistema di alternative competitive, nel quale non esiste fallimento strategico se non in relazione alla vittoria altrui e non si vede consolidamento se non quando scompaiono le prospettive di guadagno da un cambio di linea. Esiste dunque questa vittoria altrui nel rappresentare una destra (più) moderna? Qualcuno già copre tale spazio?
Per questo ci domandiamo: Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Matteo Salvini, Pierferdinando Casini e Mario Mauro, ognuno col rispettivo partito, sono forse meglio posizionati di Giorgia Meloni e il suo nella corsa per quelle evoluzioni dei rispettivi progetti che migliorino il centrodestra? Hanno essi migliori e più moderne idee – e resta da vedersi poi se le pratichino o meno – della destra attuale riunita in FdI-AN? La minaccia continua di arresto pendente su un Berlusconi che di libertà si limita a parlare mentre da anni procede a ingessare mercati chiave come quello aereo, energetico e delle telecomunicazioni; l’alleanza per un Governo di sinistra nel curriculum di Alfano che pure si proclama nemico delle tasse ma che non ha fatto togliere l’IMU (che ora si chiama IUC) ; l’ondeggiare sotto lo sbarramento dell’ex leader della corrente “comunisti padani” Salvini; le percentuali sotto il 2% dei DC Casini e Mauro, reduci da un tentativo di sovvertire il bipolarismo che di destra ha davvero poco; sono davvero cose meno importanti o più tollerabili delle forzature antieuropee e protezioniste targate Gianni Alemanno?
Di certo almeno Berlusconi non corre il rischio di non superare lo sbarramento, laddove altri suoi alleati sono solo di poco più vicini di FdI-AN a quella soglia che per diversi sondaggisti nessuno raggiunge. Eppure per definire il successo o il fallimento di un partito più grande degli altri si deve tenere in conto un obbiettivo molto più grande dei loro: se il centrodestra non può, ad oggi, vincere al secondo turno, lo si deve al fallimento politico di Forza Italia e non alle piogge o alla siccità o ai piccoli. Se sui giornali si legge tutti i giorni che Berlusconi potrebbe desiderare di cancellare i piccoli partiti usando gli sbarramenti e non apparentandoli, indipendentemente dal fatto che col 25% dei voti questo per il centrodestra significhi perdere nelle urne, c’è un problema di “tradimento del sogno” che rappresenta un fallimento grave di Forza Italia, e se per causa di scelte simili si saprà prima del voto che “tanto Silvio perde” cesserà anche anticipatamente l’effetto di voto utile che oggi deprime FdI-AN e NCD nei sondaggi a suo vantaggio.
Ciò che andiamo affermando – insomma – è che l’elettorato sa bene che “La guerra si fa con i soldati che si hanno” e per questo FdI-AN è tutt’altro che un progetto già fallito per quanto attiene all’obbiettivo del 4,5% alle politiche. Tuttavia questo non esime nessuno di noi “addetti ai lavori” nell’esercito del centrodestra dalla politica del convincimento, dal dovere di proporre a chi ci è a fianco – mentre si accettano le circostanze del presente, sufficienti o meno che siano al 4,5% – la via per essere migliore domani, la strategia futura più vincente, lo scopo ulteriore più alto e più nobile per la comune impresa. E non si può non farlo! Non si può se si riconosce quanta meravigliosa materia prima morale – quanta buona volontà, quanto amore di patria, quanta reale abnegazione dei propri interessi personali – ci sia nella comunità di chi ha militato in AN. Questa destra è già stata moderna ed ha avuto il 15%, pertanto, sotto le opportune condizioni può tornare ad esserlo.
Ma cosa vuol dire oggi “Destra moderna”? Quali sono le condizioni per essa, finito il tempo dell’emancipazione dal fascismo? Secondo noi vuol dire anzitutto indipendenza, anche finanziaria, dal condizionamento familistico che in questi anni ha retto il centrodestra, e che di moderno non ha niente. Valorizzare la fondazione AN, abbattere l’influenza del gruppo di potere di Berlusconi, stringendo – magari quando sarà rotto l’idillio con Renzi – un’alleanza con NCD e UDC prima che una con Forza Italia, per andare a trattare da posizioni diverse da quelle solite e ben note del “siamo divisi, impera o’ Silvio, uniscici” sarebbe un atto di rinnovamento del centrodestra, che allontanerebbe ancora un po’ il centrodestra dal modello sudamericano: se i tre ‘partitini’ del centrodestra si coalizzeranno tra loro prima che col grande, qualcuno si impensierirà per davvero e cederà qualcosa: ad esempio la candidatura di un altro Berlusconi.
Destra moderna, insistiamo, è l’idea di fare congressi – e più democratici – spesso, cominciando dal prossimo prima delle politiche per costruire un partito ampio e inclusivo, retto sulla base degli equilibri di tante correnti diverse, nessuna delle quali possa egemonizzare le altre o porre veti. Impostare una successione di primarie aperte ad ogni livello: sulle alleanze, sui programmi, sui candidati – come a Firenze – sarebbe un vero passo avanti verso una destra anglosassone, una destra in cui gli esponenti di partito discutono, si rispettano, si sfidano alla luce del sole, senza congiure né unanimismi, ed è qualcosa che FdI-AN può fare, a patto che il rifiuto delle candidature “da accordo” senza primarie inizi a farlo da dove si può vincere e non solo da dove è già scontato che si perda.
Per finire arriviamo ai programmi, che sono il campo di più lungo impegno: Inseguire i voti di Grillo non è fare la destra moderna. Una destra nuova semplicemente non potrà essere contraria all’Europa nel lungo termine. Diceva qualcuno: “la destra o è Europa o non è”. A partire dal bilancio 2014 alcuni dirigenti apertamente anti-europeisti – anziché “Eurocritici”, per riconoscere a La Russa ed altri la loro più ragionevole posizione – dovranno rassegnarsi di fronte al non verificarsi di certi eventi: noi siamo dell’avviso che l’Italia non uscirà dall’Euro né rinegozierà il patto che le impone di non ricorrere più al deficit spending strutturale, perché quel patto l’ha ormai scritto nella sua stessa Costituzione all’articolo 81. L’idea di usare l’antieuropeismo come sistema per prendere voti autorizzando più spese è talmente di breve termine ed irrealistica che ci aspettiamo che poco dopo le elezioni europee sparisca, per far riemergere l’altro insieme di proposte che FdI-AN valorizzò quando ancora si parlava di elezioni anticipate.
Anziché una battaglia di pura sinistra contro il pareggio di bilancio, sarà così la lotta per il divieto di tassare le famiglie italiane, la lotta per il vincolo costituzionale alla pressione fiscale, quella proposta di destra moderna che – se resa piattaforma e accompagnata da altre in linea – potrà portare i voti necessari per davvero, quelli alle politiche, nelle urne per Fratelli d’Italia.
articolo pubblicato su www.lacosablu.it
Nell’esame di diverse critiche apparse su vari giornali ed anche qui sulla Cosa Blu, abbiamo potuto misurare la delusione di molte persone che avevano guardato con attenzione al congresso di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale. Alcuni giudizi ci sono sembrati prematuri a fronte di una situazione che è ben lungi dall’esser stabile. Chi scrive a livello personale non ha ritenuto di aderire ancora al progetto di cui si parla, ma nondimeno ha interesse a far sì che l’analisi di una delle forze potenziali di una nuova coalizione di centrodestra veda un vero approfondimento anche di pars construens anziché solo critiche, semplici da fare e da condividere ma inconcludenti.
Non v’è dubbio – particolarmente per un liberale liberista – che ci siano stati degli errori politici nell’organizzare e nel comunicare il Congresso di FdI, al cui esito abbiamo visto molte poche adesioni esterne al gruppo di partenza e troppa nostalgia perché uscisse sui media come una nuova Fiuggi. Il populismo e l’anti-europeismo di matrice socialista-nazionale sono tutte cose che abbiamo visto e soppesato. Tuttavia lo scenario della politica è sempre e per definizione quello di un sistema di alternative competitive, nel quale non esiste fallimento strategico se non in relazione alla vittoria altrui e non si vede consolidamento se non quando scompaiono le prospettive di guadagno da un cambio di linea. Esiste dunque questa vittoria altrui nel rappresentare una destra (più) moderna? Qualcuno già copre tale spazio?
Per questo ci domandiamo: Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Matteo Salvini, Pierferdinando Casini e Mario Mauro, ognuno col rispettivo partito, sono forse meglio posizionati di Giorgia Meloni e il suo nella corsa per quelle evoluzioni dei rispettivi progetti che migliorino il centrodestra? Hanno essi migliori e più moderne idee – e resta da vedersi poi se le pratichino o meno – della destra attuale riunita in FdI-AN? La minaccia continua di arresto pendente su un Berlusconi che di libertà si limita a parlare mentre da anni procede a ingessare mercati chiave come quello aereo, energetico e delle telecomunicazioni; l’alleanza per un Governo di sinistra nel curriculum di Alfano che pure si proclama nemico delle tasse ma che non ha fatto togliere l’IMU (che ora si chiama IUC) ; l’ondeggiare sotto lo sbarramento dell’ex leader della corrente “comunisti padani” Salvini; le percentuali sotto il 2% dei DC Casini e Mauro, reduci da un tentativo di sovvertire il bipolarismo che di destra ha davvero poco; sono davvero cose meno importanti o più tollerabili delle forzature antieuropee e protezioniste targate Gianni Alemanno?
Di certo almeno Berlusconi non corre il rischio di non superare lo sbarramento, laddove altri suoi alleati sono solo di poco più vicini di FdI-AN a quella soglia che per diversi sondaggisti nessuno raggiunge. Eppure per definire il successo o il fallimento di un partito più grande degli altri si deve tenere in conto un obbiettivo molto più grande dei loro: se il centrodestra non può, ad oggi, vincere al secondo turno, lo si deve al fallimento politico di Forza Italia e non alle piogge o alla siccità o ai piccoli. Se sui giornali si legge tutti i giorni che Berlusconi potrebbe desiderare di cancellare i piccoli partiti usando gli sbarramenti e non apparentandoli, indipendentemente dal fatto che col 25% dei voti questo per il centrodestra significhi perdere nelle urne, c’è un problema di “tradimento del sogno” che rappresenta un fallimento grave di Forza Italia, e se per causa di scelte simili si saprà prima del voto che “tanto Silvio perde” cesserà anche anticipatamente l’effetto di voto utile che oggi deprime FdI-AN e NCD nei sondaggi a suo vantaggio.
Ciò che andiamo affermando – insomma – è che l’elettorato sa bene che “La guerra si fa con i soldati che si hanno” e per questo FdI-AN è tutt’altro che un progetto già fallito per quanto attiene all’obbiettivo del 4,5% alle politiche. Tuttavia questo non esime nessuno di noi “addetti ai lavori” nell’esercito del centrodestra dalla politica del convincimento, dal dovere di proporre a chi ci è a fianco – mentre si accettano le circostanze del presente, sufficienti o meno che siano al 4,5% – la via per essere migliore domani, la strategia futura più vincente, lo scopo ulteriore più alto e più nobile per la comune impresa. E non si può non farlo! Non si può se si riconosce quanta meravigliosa materia prima morale – quanta buona volontà, quanto amore di patria, quanta reale abnegazione dei propri interessi personali – ci sia nella comunità di chi ha militato in AN. Questa destra è già stata moderna ed ha avuto il 15%, pertanto, sotto le opportune condizioni può tornare ad esserlo.
Ma cosa vuol dire oggi “Destra moderna”? Quali sono le condizioni per essa, finito il tempo dell’emancipazione dal fascismo? Secondo noi vuol dire anzitutto indipendenza, anche finanziaria, dal condizionamento familistico che in questi anni ha retto il centrodestra, e che di moderno non ha niente. Valorizzare la fondazione AN, abbattere l’influenza del gruppo di potere di Berlusconi, stringendo – magari quando sarà rotto l’idillio con Renzi – un’alleanza con NCD e UDC prima che una con Forza Italia, per andare a trattare da posizioni diverse da quelle solite e ben note del “siamo divisi, impera o’ Silvio, uniscici” sarebbe un atto di rinnovamento del centrodestra, che allontanerebbe ancora un po’ il centrodestra dal modello sudamericano: se i tre ‘partitini’ del centrodestra si coalizzeranno tra loro prima che col grande, qualcuno si impensierirà per davvero e cederà qualcosa: ad esempio la candidatura di un altro Berlusconi.
Destra moderna, insistiamo, è l’idea di fare congressi – e più democratici – spesso, cominciando dal prossimo prima delle politiche per costruire un partito ampio e inclusivo, retto sulla base degli equilibri di tante correnti diverse, nessuna delle quali possa egemonizzare le altre o porre veti. Impostare una successione di primarie aperte ad ogni livello: sulle alleanze, sui programmi, sui candidati – come a Firenze – sarebbe un vero passo avanti verso una destra anglosassone, una destra in cui gli esponenti di partito discutono, si rispettano, si sfidano alla luce del sole, senza congiure né unanimismi, ed è qualcosa che FdI-AN può fare, a patto che il rifiuto delle candidature “da accordo” senza primarie inizi a farlo da dove si può vincere e non solo da dove è già scontato che si perda.
Per finire arriviamo ai programmi, che sono il campo di più lungo impegno: Inseguire i voti di Grillo non è fare la destra moderna. Una destra nuova semplicemente non potrà essere contraria all’Europa nel lungo termine. Diceva qualcuno: “la destra o è Europa o non è”. A partire dal bilancio 2014 alcuni dirigenti apertamente anti-europeisti – anziché “Eurocritici”, per riconoscere a La Russa ed altri la loro più ragionevole posizione – dovranno rassegnarsi di fronte al non verificarsi di certi eventi: noi siamo dell’avviso che l’Italia non uscirà dall’Euro né rinegozierà il patto che le impone di non ricorrere più al deficit spending strutturale, perché quel patto l’ha ormai scritto nella sua stessa Costituzione all’articolo 81. L’idea di usare l’antieuropeismo come sistema per prendere voti autorizzando più spese è talmente di breve termine ed irrealistica che ci aspettiamo che poco dopo le elezioni europee sparisca, per far riemergere l’altro insieme di proposte che FdI-AN valorizzò quando ancora si parlava di elezioni anticipate.
Anziché una battaglia di pura sinistra contro il pareggio di bilancio, sarà così la lotta per il divieto di tassare le famiglie italiane, la lotta per il vincolo costituzionale alla pressione fiscale, quella proposta di destra moderna che – se resa piattaforma e accompagnata da altre in linea – potrà portare i voti necessari per davvero, quelli alle politiche, nelle urne per Fratelli d’Italia.
articolo pubblicato su www.lacosablu.it
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