Il Governo che verrà
Non sappiamo ancora come sarà il governo guidato da Giorgia Meloni. L’approccio scelto della presidente “in pectore” fin della notte del trionfo elettorale lascia ben sperare: la soddisfazione enorme temperata da un sobrio realismo; la gioia per un traguardo storico condizionata dal momento assai complicato che l’Italia sta vivendo; l’emozione di essere la prima donna a ricoprire quel ruolo di responsabilità unita alla consapevolezza che mai nessuno le farà sconti o mostrerà benevolenza in caso di errori o passi falsi.
Sappiamo, però, che nei due rami del nuovo Parlamento che va ad insediarsi, vi sarà una maggioranza piuttosto ampia che solo una volontà suicida potrebbe indebolire o vanificare. Una maggioranza così ha un duplice dovere da assolvere: non solo accompagnare l’azione del governo che ne sarà l’espressione, ma anche mettere in campo una macchina riformatrice che faccia di questa legislatura un traghetto verso un assetto istituzionale moderno, efficiente e condiviso. Per questo, con una prova di buona volontà più larga del perimetro di maggioranza, si potrebbe mettere al lavoro una Commissione bicamerale con mandato costituente, dandole forza, autorevolezza e tempi adeguati per concludere positivamente il lavoro entro il quinquennio.
Torna alla mente la riflessione che ci regalò Pinuccio Tatarella, convinto che il 65/70 per cento degli italiani non si riconosca nelle posizioni e nei partiti della sinistra. Per questo, spiegava, compito primario di chi guida la maggioranza, oltre al dialogo con tutte le opposizioni, è quello di spingersi nella ricerca di intese proficue fino ai confini di quel 65/70 per cento. I risultati elettorali hanno ribadito la validità di quella riflessione, considerando di sinistra (secondo le rispettive definizioni) il Partito democratico, i suoi alleati minori e il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. In sostanza, applicare quel “teorema” agli equilibri stabiliti dagli elettori il 25 settembre, comporterebbe due conseguenze: stabilire un accordo forte nel centrodestra e attivare canali di confronto soprattutto con il centro di Calenda e Renzi. Proprio da quel “polo” sono stati lanciati segnali precisi, da cogliere e rilanciare, non per mescolare i ruoli, ma perché il processo riformatore possa coinvolgere la maggior parte delle forze parlamentari. Un’altra “lezione” tatarelliana torna di grande attualità: la necessità di portare a sintesi unitaria la spinta verso il presidenzialismo (verificando la soluzione che incontri maggiori adesioni: francese, americana, sindaco d’Italia) e quella verso una forma di federalismo, che non è più – come ai tempi della Lega di Bossi – un cavallo di battaglia divisivo, talvolta portato sul terreno utopistico e provocatorio della “secessione padana”, ma è esigenza viva e molto sentita di autonomia.
Il governo Meloni saprà modulare relazioni costruttive con l’Ue, a condizione che il rispetto sia reciproco e non si pretenda la sottoscrizione di decisioni che intacchino e limitino le potenzialità di ripresa e di rilancio del nostro paese. Una cosa dovrà esere chiarita: non si saranno limitazioni di diritti (individuali o di minoranze) ma non potranno essere sanciti né legittimati ulteriori abusi, confusioni, equiparazioni. Varrà per le unioni tra coppie dello stesso sesso non omologabili al matrimonio; varrà per l’aborto, scelta consapevole e legittima nello spirito della legge 194 da quarant’anni in vigore ma mai integralmente applicata. E non potrà rientrare nella categoria dei diritti da soddisfare la pratica immorale dell’utero in affitto, che mortifica la dignità della donna e merita di essere bandita – quale reato universale – da ogni contesto civile. Con la ben nota lucidità il cardinle Ruini ha commentato le elezioni indicando nella crisi demografica un’emergenza che il nuovo governo avrà il dovere di affrontare e di contrastare. Non solo a parole, ma con una politica fatta di provvedimenti concreti, mirati, che aiutino, incoraggino, siano premianti per quelle coppie che – nonostante tutto – scelgono coraggiosamente di costruire una famiglia e di mettere al mondo dei bambini.
Non sappiamo ancora molto del nuovo governo. Ma di una cosa si può esser certi. Sarà un esecutivo composto da ministri competenti, uniti da una visione condivisa delle scelte da compiere. E, soprattutto, sarà un governo a guida fortemente politica, capace di indicare un orizzonte e di intraprendere, per raggiungerlo, la strada migliore.