Il tramonto dell’Occidente oggi è purtroppo visibile
Una tra le immagini desolanti di Roma al tempo del coronavirus è Fontana di Trevi deserta e spettrale. Era un tempo luogo gremito di turisti, di belle ragazze, miraggio di vita, di fiaba, di sogno. Come in un sogno infatti torna in mente il bagno di Anita in quelle acque, scena simbolo degli anni belli della dolce vita. E anche luogo di allegria, sì, perché ti sembra di rivedere Totò che riesce a vendere la Fontana al buon Caciocavallo. E che dire di quell’uomo che, eludendo il controllo dei vigili, in un angolo della piazza riusciva ad attrarre e a fregare gli ingenui? “Carta vince, carta perde , piripì-piripà”. E ce la faceva così a sopravvivere.
Incantare le persone semplici facendo intravedere una realtà che non esiste o soldi che non avranno mai, richiede una capacità notevole. Utile e necessaria anche per chi – metti caso – volesse improvvisarsi statista.
Non ci si può certo riferire al nostro Presidente del Consiglio però. Conte non è un azzeccagarbugli qualsiasi, il suo curriculum specchiato ci informa tra l’altro che è docente insigne e luminare del diritto, degno e prediletto allievo del professor Arpe. È l’avvocato di tutti gli italiani: infatti prima ha difeso la Lega di Salvini, ora fa il difensore del Pd di Zingaretti. È un grande! Ed ha l’abilità di rincuorare tanti italiani in questo momento disorientati e preoccupati per il futuro. Un politico qualsivoglia avrebbe detto che anche ieri l’Europa ci ha sbattuto la porta in faccia e che, per ben che vada, saremo soffocati da una montagna di debiti che noi non riusciremo a pagare e che graveranno sui nostri figli, sui nipoti e sui pronipoti. Conte invece, anche dopo il deludente Consiglio d’Europa di ieri, riesce a infondere ottimismo e speranza a chi gli vuole credere: i soldi per ora non ci sono, ma arriveranno, l’anno prossimo forse, ma arriveranno. Il fondo salva stati? Tranquilli, non ci piace ma lo approviamo per generosità. Conte è un grande, è un appropriato rappresentante di questa Europa.
Già, l’Europa. Meno male che persone del calibro di Sassoli o di Gentiloni ci assicurano che essa è viva e lotta assieme a noi, altrimenti potresti credere che stia lì solo a difendere gli interessi della signora Merkel, talvolta di Macron, comunque delle banche. Un organismo senz’anima e senza radici che si fonda sul dio denaro. Potresti pensare che non è questa l’idea di Europa sognata dai nostri padri, potresti pensare che è un continente al tramonto.
Ma no, basta col pessimismo. Sul comodino avevo messo da leggere “Il Tramonto dell’Occidente” di Spengler, giusto per tener fede all’impegno che mi ero dato di un libro al giorno per il diario all’epoca del coronavirus.
Troppo voluminoso per leggerlo in un giorno, non basterebbe un mese. E poi quel titolo in tedesco non aiuta. “Der Untergang des Abendlandes” (Il Tramonto dell’Occidente) di
Il filosofo ci dice che le civiltà sono dotate di un’anima che le caratterizza. Avere una storia, coltivare un destino vuol dire aderire ai dettati dell’anima. Nel periodo ascendente di una civiltà (Kultur) predominano i valori spirituali e morali che danno il senso all’esistenza degli esseri che vivono secondo i dettami del diritto naturale; l’esistenza comunitaria è organizzata in ordini, caste, gerarchie; nei cuori dei popoli domina un profondo sentimento religioso che pervade l’arte, la politica, l’economia, la letteratura.
Quando la civiltà invecchia e la sua anima declina, si passa allo stadio della “civilizzazione” (Zivilisation); al principio della qualità si sostituisce quello della quantità; all’artigianato, la tecnica; la massificazione dei gusti e dei costumi travolge le differenze; alla città organizzata a misura d’uomo, si sostituisce la megalopoli come estrema forma di indifferenza, senza più una dimensione umana; le società sono livellate, l’edonismo ed il denaro sono i soli valori riconosciuti. Ecco il tramonto dell’Occidente.
Mi pare che il discorso di Spengler, datato 1920 e dintorni, si possa applicare all’Europa di oggi, a quella del Consiglio Europeo del 23 aprile, senza solidarietà, senza anima: il tramonto dell’Europa.
Vabbè, fa riflettere Spengler il filosofo. Ma questo libro è un po’ pesante. Meglio un pensiero dolce, leggero da intellettuali fluidi tipo, che so, Di Maio. Chi se ne frega di Spengler di Salvini e pure della Meloni: oggi è una bella giornata di aprile e non c’è la faccio più a stare in casa. Voglio uscire! Non si può? E chi lo ha detto? Oggi metto un fazzoletto rosso al collo e vado in piazza cantando bella ciao. Non mi fermerà nessuno, ho la benedizione di Conte. Chissà che per strada non incontri anche Silvio, magari un po’ defilato, sceso anche lui in campo per dare una mano a Giuseppi in difficoltà.