In memoria del generale Claudio Graziano
Farefuturo, ricorda con stima la figura del generale Claudio Graziano, riportando di seguito il testo del suo intervento al forum della Fondazione “La sovranità tecnologica e l’indipendenza nazionale”
UN’ANALISI DEL CONCETTO DI DIFESA EUROPEA E DELLE RICADUTE DEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO
Come far convivere, da oggi in futuro, questa prospettiva di Difesa comune europea con l’indispensabile autonomia strategica nazionale e che rapporto ci sarà, potrà esserci, tra la sovranità nazionale e quella dell’UE
Ogni Stato ha a disposizione per la propria Difesa delle risorse in termini di uomini, mezzi e dotazioni, funzionali rispetto ai diversi compiti istituzionali ed operativi. Le Forze Armate italiane hanno come compito prioritario quello della Difesa dello Stato. Le Forze Armate hanno poi il compito di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte. Come terzo compito, le Forze Armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza. Tutto ciò rispettando l’art. 11 della Costituzione con il quale “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Tale concetto di limitazione alla sovranità nazionale si applica a seconda del livello di ambizione e quindi di interessi politici del Paese, della sua politica estera e dell’assegnazione delle risorse, e dunque delle priorità strategiche individuate. L’Italia mantiene – e deve mantenere – le capacità operative per svolgere il primo compito che è la difesa nazionale e per supportare le operazioni bilaterali e le missioni autonome di sicurezza, laddove lo ritenga necessario. Al latere di ciò, dando per scontato i compiti della NATO, dal punto di vista della Difesa europea e degli Stati atlantici, la multi-nazionalità ha un senso profondo e dovrebbe essere supportata e implementata al fine di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse, scarse per ciascun Paese e proprio per questo è importante affrontare questo aspetto in maniera unitaria. La verità è che, sia dal punto di vista teorico che operativo, una minaccia reale non arriverà mai da un Paese europeo o del Patto Atlantico. Si parla, dunque, di sfide e crisi che vengono al di fuori dei confini UE, per affrontare le quali è necessario accrescere la cooperazione europea. Pensiamo, ad esempio, alla Missione Francese nel Sahel, partita come iniziativa autonoma di un singolo Stato per la quale è stato poi richiesto l’intervento dell’Unione Europea. Per non parlare del tema dei flussi migratori, che è evidentemente un problema europeo. La Difesa degli spazi atlantici è già affidata alla NATO. Facciamo l’esempio della Difesa integrata dello spazio aereo, che è sotto comando della NATO sin dal tempo di pace e che può essere richiamata per esigenza nazionale. Qualora il Consiglio Atlantico decidesse di attivare un’operazione, i Paesi membri, una volta determinata la volontà politica, contribuiscono con le Forze assegnate. Allo stesso modo, all’interno delle decisioni nel tema Difesa dell’Unione europea alcuni processi sono vincolati al voto per unanimità, dunque nel rispetto della volontà nazionale di tutti. Ciò chiaramente rallenta alcune decisioni, rendendo meno operativo ed efficace il sistema per il quale talvolta è auspicabile invece una maggiore velocità di intervento. Qua si pone il primo confronto tra interesse nazionale e interesse internazionale, per cui la cessione di una maggiore sovranità renderebbe il dispiegamento di una forza europea molto più rapido, d’altro canto sottrarrebbe autonomia ai singoli Paesi. Ma, come dicevo, l’autonomia che si vuole delegare dipende fondamentalmente dalle risorse che un Paese vuole impiegare. L’ambizione dell’UE, come affermato nella strategia globale del 2016, è quella di raggiungere un livello adeguato di autonomia strategica – che non è autonomia da qualcuno ma la capacità di agire da soli, quando necessario – consolidandola anche attraverso lo sviluppo delle capacità necessarie per agire. Il concetto di “Single set of Forces” significa che ogni Paese dispone di un singolo “bacino” di Forze Armate, che di volta in volta vengono impiegate a discrezione nei diversi ambiti a seconda delle esigenze del momento, ovvero sotto il cappello della NATO, dell’UE e delle Nazioni Unite, o per esigenze bilaterali. Bisogna certamente mantenere un certo grado di autonomia per soddisfare le esigenze nazionali, definirne le consistenze e mantenerne la catena di produzione e rifornimento; nel creare cooperazione non bisogna mai perdere la propria indipendenza, ma piuttosto allocare risorse e utilizzarle in base a scopi differenziati. L’equilibrio tra interessi nazionali ed internazionali è molto delicato. In assenza di risorse adeguate vi sarà meno flessibilità e verrà sostanzialmente penalizzata, nei confronti della Difesa europea, l’autonomia nazionale. L’Unione europea “per specializzazioni” non è sicuramente praticabile ma allo stesso modo è necessario un bilanciamento per evitare frammentazione nel campo industriale che rallenterebbe lo scopo ultimo della Difesa.
Quando finisce la guerra in Ucraina e cosa serve affinché finisca
Il conflitto russo-ucraino è una guerra, ricordiamolo, scaturita da un’aggressione, dall’operazione speciale di Putin, che avrebbe dovuto concludersi brevemente in una guerra lampo ed invece è diventata una guerra senza limiti che dura ormai da più di un anno. Ma non solo, questa guerra convenzionale d’attrito con scontri in trincea e d’artiglieria stile Prima Guerra Mondiale è una guerra senza limiti in tutti i sensi, non solo dal punto di vista militare ma anche per quanto attiene la dimensione energetica, alimentare ed economica. Le due ipotesi per le quali la guerra potrebbe terminare subito potrebbero essere: 1. da un lato, l’accettazione da parte dell’Ucraina della perdita dei territori del Donbass e della striscia di Mariupol; 2. dall’altro, la dichiarazione di una ritirata totale russa e una restaurazione dell’Ucraina tornando alla situazione prima del 2014 – quindi ricomprendendo la Crimea e il Donbass, anche se le repubbliche separatiste del Donetsk e Lugansk in Ucraina rimarranno comunque “zone calde”. Chiaramente nessuna delle due ipotesi sembra essere prevedibile e percorribile nel breve tempo. A meno di un colpo di Stato in Russia che rovesci il regime di Putin o di un completo cambio di assetto politico in Ucraina. Attualmente le ambizioni delle due parti non consentono il raggiungimento di un punto di intesa. In particolare, dal punto di vista geopolitico, per l’Ucraina congelare la situazione attuale con la perdita del Mar d’Azov non è accettabile. Le sanzioni, che avrebbero dovuto indebolire la Russia, non hanno suscitato ancora a pieno gli effetti auspicati e, sebbene l’economia russa ne sia fortemente danneggiata, la Russia continua a sostenere lo sforzo bellico con tutto il suo sistema Paese, grazie anche agli introiti derivanti dal rafforzamento dei rapporti commerciali con quei Paesi partner che non hanno preso posizione in merito all’aggressione e mantiene una postura assertiva anche in altre aree geografiche, continuando a far avanzare la sua presenza ed influenza nel continente africano. È difficile prevedere la durata di tale sforzo e della resistenza ucraina rispetto all’offensiva dell’esercito russo, tenuto conto delle informazioni e della propaganda di entrambe le parti. Oggi l’Ucraina sta resistendo grazie allo sforzo delle proprie Forze Armate sostenute dall’approvvigionamento di equipaggiamenti garantito dai Paesi occidentali. La Russia, anche se ha dato prova sinora di non avere equipaggiamenti particolarmente moderni ed efficaci, dispone comunque di numeri rilevanti non solo in termini di capitale umano ma anche di capacità produttiva ed industriale in grado di supportare lo sforzo bellico. Senza citare il rinforzo che gli garantisce l’utilizzo degli uomini della compagnia militare privata russa di mercenari Wagner. Cosa serve affinché finisca la guerra: – Dal punto di vista militare, una guerra o si vince o si perde e questo significa la resa di una delle due parti. Tenuto conto che questo non appare possibile, la cosa più probabile appare un prolungamento dello stato di guerra con una stagnazione lungo le linee di contatto creando ulteriori tensioni. – Sono necessari degli ulteriori tentativi di mediazione diplomatica, quindi l’intervento di una “parte terza” che faccia da interlocutore tra le parti, come quello tentato dalla Turchia. Le Nazioni Unite con la presenza della Russia come membro permanente del Consiglio di Sicurezza chiaramente non sono una possibilità. – La Cina dà segno di voler avere un ruolo di mediatore tra Mosca e Kiev, attraverso il suo piano in 12 punti, anche per tutelare i propri progetti globali. Il timore principale della Cina è che si interrompa la grande filiera globale, la cosiddetta catena delle forniture. Per la Cina la sacralità dell’integrità territoriale è fondamentale, la Cina non ha mai riconosciuto formalmente l’indipendenza della Crimea. Tanto meno ha riconosciuto le repubbliche di Donetsk e Lugansk. Serve anche per ribadire con forza alle altre nazioni di evitare ingerenze su Xinjiang, Hong Kong e Taiwan. Sul piano economico, per la Cina l’Ucraina è un importante fornitore di derrate alimentari, stretta nella sua relazione speciale con la Russia, fondamentale, dato che Mosca è un grande fornitore di materie prime energetiche e alimentari. Un tema importante nella percezione cinese è quello legato alla posizione dell’Europa, che potrebbe sembrare essere sempre più legata agli USA in funzione anticinese. Gli Stati Uniti, dopo la visita di Biden a Kiev, potrebbero valutare un’azione volta a contrastare l’avanzata dell’influenza cinese che sta sempre più legando a sé il confinante alleato dal punto di vista economico, energetico e infrastrutturale. – Ci sono ancora diversi fattori incerti che contribuiranno al rimodellamento degli equilibri geopolitici della regione e più in generale del sistema internazionale: non soltanto infatti l’esito della guerra, la politica interna russa, l’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO, ma anche un eventuale spostamento del conflitto verso altre zone come la Moldavia o altre aree delicate di interesse globale come l’Artico. Finché non ci saranno posizioni più chiare da parte di Cina e Stati Uniti direi che il conflitto si protrarrà fino ad arrivare ad una stagnazione e ad una guerra permanente non combattuta.
Claudio Graziano, presidente Fincantieri