Welfare Day 2018
Confesso che non sono d’accordo, lo dico da amico oltre che da alleato, né sulla risposta che l’amico Brunetta ha dato prima, cioè donare di più; né sulla risposta che Siri ha dato oggi, cioè troviamo le risorse per spendere di più. Il problema, e voi l’avete dimostrato, non è quello di donare di più o di spendere di più, ma di avere necessariamente una nuova visione dell’universalismo nel campo sanitario.
Comincio però col farvi due piccoli rilievi, dato che siete stati molto bravi nell’analizzare la situazione e anche nel proporre e dato che voi siete classe dirigente come noi. Il primo rilievo, dato che viviamo in una società della comunicazione su Twitter, 280 caratteri, credo adesso raddoppiati, di comunicare con relazioni che non durino mezz’ora, tre quarti d’ora.
Il secondo, dato che siamo nella comunicazione dell’immagine, ricordo che il maestro De Masi, con cui io ero laureando in sociologia, mi insegnò attraverso McLuhan, che il medium è il messaggio ma non oggi, 35-40 anni fa. Oggi l’immagine è il messaggio. È una società del rancore. Se si vuole comunicare il Welfare universalistico non si può comunicare in questa sala, se no cadete nella trappola tra il popolo e l’élite del rancore nei confronti della classe dirigente. Se si vuole comunicare una proposta sensata, ragionevole, di un sistema universalistico ancorché diverso non statalistico, nel Welfare, consiglierei di comunicarlo in un meeting che si svolga non in questa sala prestigiosa, straordinaria, bellissima, frutto di millenni di cultura, di ricchezza e di benessere, ma magari in una sala convegni di un ospedale qualunque. Il messaggio passa meglio.
Qual è il messaggio? A fronte di una società del rancore, ricordo sempre De Masi – credo che fosse lui – mi portò un libro di un sociologo che diceva: “La molla della società è l’invidia”. L’invidia non è lo stesso sentimento del rancore. L’invidia è un sentimento che muove la società perché muove l’individuo nella competizione. L’invidia è un sentimento secondo cui se vedo che una persona ha costruito una bella abitazione allora ne voglio costruire una ancora più bella al suo fianco. L’invidia è un sentimento secondo cui se vedo che qualcuno ha inventato o ha aperto un negozio artigianale , ne voglio aprire un altro ancora più bello al suo fianco. L’invidia è il sentimento che ha mosso la società europea occidentale nella fase di espansione.
Siamo passati dall’invidia al rancore. Il rancore è un sentimento secondo cui se vedo che uno ha costruito una bella abitazione allora la voglio abbattere perché lui ce l’ha e io non ce l’ho.
Il rancore è un sentimento secondo cui se vedo che uno ha aperto un bel esercizio artigianale io lo denuncio perché lui lo ha aperto e io non riesco ad aprirlo. L’invidia è la molla della società mentre il rancore è la sua fine.
Bisogna però prima capire qual è la società. L’Italia è una società sempre più disuguale. Poco fa vi ha risposto l’amico Brunetta proponendo la donazione. Vi ha risposto un esponente della nuova maggioranza di governo proponendo: troviamo le risorse per spendere di più perché nel programma di Governo ci sono due-tre cartelle sulla Sanità, a differenza di altro, ma non vi è una visione, un progetto su quale possa essere la Sanità nel futuro in un paese come l’Italia che ha dei punti di forza straordinari. Due su tutti da cui occorre partire qui più che altrove perchè in questo campo siamo messi meglio che in altri. Se non troviamo qui una soluzione e una risposta al rancore tanto meno la troveremo in altri campi. Perché siamo messi meglio di altri settori per quanto riguarda il campo sanitario? Perché abbiamo ancora una Sanità pubblica che è tra le migliori al mondo. In quale altro campo dell’intervento dello Stato possiamo rispondere altrettanto? Nel campo della Sanità possiamo rispondere che ancora oggi abbiamo una Sanità pubblica migliore di altri paesi del mondo perchè abbiamo un’industria farmaceutica che ancora è capace di competere a livello globale. In quale altro campo abbiamo un’industria capace di competere per brevetti, per ricerca, per studi, per prodotti a livello globale? Credo in pochi altri campi, forse in nessuno.
Abbiamo dei buoni punti di partenza. Cosa non abbiamo? Voi l’avete esaminato prima, abbiamo uno stato che non può spendere di più, che dal 2008, credo, non riesce a spendere di più rispetto alle esigenze dei cittadini. Non l’abbiamo noi, sottolineo, non ce l’hanno gli altri paesi mediterranei europei. Ho visto le statistiche, qualcosa ne capisco, mette noi, Portogallo, Grecia, Spagna nelle stesse condizioni, riduciamo la spesa pubblica, cioè la spesa statale, perché a differenza dei paesi del nord Europa, la Germania e il suo blocco, che invece ha aumentato notevolmente la spesa pubblica sanitaria, noi non ce lo possiamo più permettere. Noi e gli altri paesi mediterranei. Abbiamo un problema che riguarda certamente anche l’Europa. Perché i paesi del nord Europa, a cominciare dalla Germania, ma persino la Francia, riescono ad aumentare i loro investimenti nella Sanità pubblica e i paesi dell’Europa del Mediterraneo, in questa fase della globalizzazione. sono tutti condannati a non farlo? C’è un problema di sistema, di un’Europa costruita sulla potenza tedesca.
Ricordo che Giulio Andreotti, che qualcosa ne capiva, quando ci fu la caduta del muro di Berlino disse: “Amo tanto i tedeschi che preferisco due Germanie”. C’era qualcosa di vero, quando la potenza tedesca torna a essere potenza provoca sempre danni prima agli altri e poi a sé stessa.
Abbiamo questa condizione pubblica e abbiamo una consapevolezza che si è verificata anche nel Paese guida della società occidentale: dove ha fallito Obama e dove ha vinto Trump? Lo dico agli altri politici che cercano voti. Guardando solo al dato elettorale che è transitorio, come dimostra il caso Renzi. Obama ha fallito nella riforma sanitaria laddove ha cercato di cambiare il sistema. In un sistema americano che comunque copre, attraverso l’integrazione assicurativa sanitaria, più del sistema italiano. Dove ha vinto Trump? Contestando la riforma sanitaria di Obama.
La Sanità, lo dico agli altri politici, non è un aspetto della vita pubblica, in questo momento è l’aspetto fondamentale dell’azione pubblica e deve essere posta al centro dell’azione pubblica perché, solo attraverso un sistema sanitario che recuperi i cittadini mossi dal rancore e riduca le diseguaglianze, si evita il rischio Paese che i servizi segreti hanno denunciato al Parlamento italiano nel febbraio di quest’anno, nella sordità dei parlamentari e del governo.
Sapete che ogni anno, da dieci anni a questa parte, i servizi segreti italiani – per legge – producono un rapporto al Parlamento. Nel rapporto al Parlamento di quest’anno vi sono tre gravi rischi Paese, due dei quali riguardano il sistema sanitario. Il primo rischio paese è il crollo della natalità. Siamo il secondo Paese più vecchio al mondo. Le statistiche che avete mostrato dimostrano che, giustamente, il rancore viene soprattutto – e verrà soprattutto – dai marginali e dai pensionati, da coloro che non sono coperti in alcun modo e che devono utilizzare parte significativa del proprio reddito, della propria pensione, e avere più anziani significa avere più malattie croniche, e avere più anziani significa avere ovviamente un sistema sanitario che deve sorreggere una massa più ampia della popolazione, a fronte di un Paese che ha il crollo della natalità ed è diventato nel contempo il secondo paese più vecchio al mondo.
C’è una risposta sul crollo della natalità nel programma di governo? Non c’è una risposta. Il crollo della natalità mette a rischio il Paese. Denuncia ufficiale nel rapporto ufficiale dei servizi segreti al Parlamento italiano.
Il secondo rischio Paese è nell’aumento e nel divario delle diseguaglianze che ci sono tra cittadini ricchi e poveri in Italia più che altrove. Tra le sei più grandi potenze europee l’Italia è Il Paese con il più alto divario tra ricchi e poveri. Un divario che cresce ogni giorno a un ritmo più sostenuto rispetto al resto delle nazioni occidentali europee. Nella stessa Nazione abbiamo l’area più ricca, produttiva e trainante d’Europa e l’area più povera e depressa dell’Europa, quanto può reggere la Nazione a questo divario, a questa contrapposizione, a questa diseguaglianza crescente? Disuguaglianza che avete analizzato anche nel vostro rapporto, a base della vostra proposta su cui poi, in fase finale, mi pronuncerò.
Il terzo rischio Paese, non se ne parla assolutamente nel dibattito sulla fiducia, né tra le risposte del Paese, è la colonizzazione da parte di imprese straniere secondo precise strategie di Paesi vicini e di Paesi lontani, attraverso entità statuali – leggesi altri servizi segreti – che individuano le aziende da comprare per espropriarci della nostra tecnologia e della nostra industria. Come strategia Paese denunciata, non riguarda la Sanità perché è un settore in cui, forse, si regge. Ma la tecnologia, i brevetti nel settore farmaceutico sono fondamentali. Si parla addirittura, nel rapporto, di entità statuale che individuano le start-up con i migliori brevetti registrati per comprarle quando costano poco e appropriarsi dei brevetti e quindi dell’intelligenza del nostro Paese.
In questo settore abbiamo dei punti di forza e dei punti di debolezza. Può bastare incrementare la spesa pubblica? No, sempre che sia possibile.
Può bastare rendere efficiente il sistema pubblico? Certo è utile renderlo efficiente e quant’altro.
Credo che vi sia bisogno, parlo alla classe dirigente, di capire quale sia la visione del Paese e di come reagire a un fenomeno di globalizzazione che crea povertà crescenti all’interno delle singole Nazioni, sino a dividerle e divaricarle.
Questo è accaduto nella reazione della provincia inglese contro la ricca Londra con la Brexit che ovviamente è un disastro per la Gran Bretagna. Ma la reazione è stata della provincia inglese impoverita dalla globalizzazione rispetto all’elite londinese che si arricchiva.
Nella provincia americana è avvenuto nei confronti della costa; Los Angeles, New York, o dove trionfavano Obama e Clinton, rispetto alla grande provincia che pagava i costi della globalizzazione.
Questo sta accadendo in Spagna dalla Catalogna ricca rispetto al resto della Spagna.
Può capitare in Italia. La reazione a questo non è il populismo, il populismo è il rancore che arriva al governo sommatoria di interessi particolari, e talvolta legittimi, privi di una visione e di un progetto e di un’anima per la società, quindi privi di una consapevolezza che la sommatoria di interessi particolari, per quanto legittimi, non compongono l’interesse generale.
L’interesse generale non è la sommatoria di interessi particolari per quanto legittimi, perché alcuni interessi particolari si inquadrano e possono essere interessi generali e altri possono contraddire, contrastare, nuocere l’interesse generale. Un programma di governo non si fa con una sommatoria di rancori e di interessi particolari, si fa individuando l’interesse generale.
La risposta ai populismi non è il mercatismo o il monetarismo, e mi rifaccio all’introduzione del professor De Rita, tanto più nella realtà italiana, fatta di corpi sociali che io credo siano la forza e la linfa vitale di questo Paese e non il male. Nella realtà italiana la risposta al fatto che lo Stato non può più garantire tutto attraverso lo statalismo, o se volete l’azione pubblica, e in questo caso la Sanità pubblica, come avete dimostrato ampiamente, non è nel monetarismo, come prima veniva detto, o nel mercatismo, cioè non è nel fatto che oggi le cure odontoiatriche in Italia vengono poco coperte e costano troppo. Non è nel fatto che si lasci liberi i cittadini di andare con un volo in Romania a pagarsi una cura odontoiatrica a 300 euro. Troverete sempre nel mondo un Paese migliore.
L’altro giorno ero a Tirana e un mio amico parlamentare albanese mi ha detto che ha scelto di farsi fare il trapianto dei capelli in Turchia perché costa poco ed è fatto bene.
Troverete sempre un Paese nel mondo in cui costa meno fare tutto e qualunque cosa.
Se si assecondasse questo, aumenterebbero le diseguaglianze tra chi ha conoscenze per farlo e chi non ne ha, tra chi ha possibilità per farlo e chi non ce l’ha. Tra chi può farsi un’operazione negli Stati Uniti, come ho ascoltato l’altro giorno da un ricco imprenditore del nord, salvandosi la vita, pagando un milione di euro e chi non può farlo ma vede il ricco farlo. Prima non vedevi il ricco che prendeva l’aereo e si salvava la vita e il povero che moriva. Non c’era il rancore perché non ne eri a conoscenza. È come coloro che vogliono fermare l’immigrazione clandestina dal sud del mondo non sapendo che oggi il pastore del Mali, attraverso il suo cellulare, e il 70% dei pastori africani possiedono il cellulare, ha le stesse conoscenze del mondo di quelle che trent’anni fa aveva solo il Presidente della Repubblica americana.
Come si fa a ridurre le disuguaglianze in un Paese in cui, lo dice l’Istat e non solo, vi è addirittura una diseguaglianza crescente nell’aspettativa di vita tra nord e sud? Oggi basta andare su internet, e anche i cittadini di Napoli vanno su internet, e possono apprendere che l’aspettativa di vita a Rimini o a Firenze è di quattro anni superiore a quella che loro possono avere. Quanto può durare questa diseguaglianza che alimenta il rancore?
L’altro giorno mi diceva un sapiente medico: “Adolfo, qui in Sicilia abbiamo un indice di tumori che è il più alto in Europa”. Com’è possibile? Mica le condizioni ambientali a Siracusa sono peggiori che a Bruxelles? Per il semplice motivo che in Sicilia non c’è più la prevenzione perché costa, e se non c’è prevenzione ci sono più malattie tumorali, più malati cronici, più mortalità.
Se abbiamo capito qual è il problema, come possiamo risolverlo? Personalmente la risposta non può essere né una sommatoria di populismi, che alimentano il rancore non dando soluzione, né lasciare libero il mercato, quindi il mercatismo, che crea e aumenta le diseguaglianze. La soluzione può essere attraverso il sovranismo che significa riappropriarsi delle capacità di intervento nei fenomeni attraverso uno Stato che non invade la società. Non uno Stato che aumenta l’azione pubblica, ma uno Stato che regolamenti in maniera più appropriata, per esempio nel vostro campo, il Secondo Pilastro Integrativo, non lasciando che il mercato da solo lo faccia. Ma dando strumenti ed obiettivi, per esempio realizzando un vero e proprio “reddito di salute”, ben più importante del cosiddetto “reddito di cittadinanza” e soprattutto pienamente rispondente al nostro dettato costituzionale.
In tale contesto, mi appare interessante il “modello francese” che voi stessi avete presentato nella scorsa edizione, per coprire e tutelare soprattutto chi è più esposto, coloro che non hanno certamente gli strumenti per tutelare la propria salute, soprattutto attraverso la prevenzione.
Si tratta di definire in un quadro organico i Fondi Integrativi, i Fondi regionali, tanto più perché la Sanità è regionale– o l’uso appropriato e incentivante delle detrazioni fiscali. Occorre creare il contesto in cui la sanità privata integrativa non sia percepita come uno strumento di pochi o comunque di coloro che possono permetterselo, magari perché dipendenti di grandi aziende o tutelati dai contratti integrativi, ma proprio a beneficio di coloro che non potranno mai usufruirne.
Lo Stato per fare lo Stato, non necessariamente deve invadere la società ma deve regolare i fenomeni sociali, regolare il mercato, consentire a chi può di dare il meglio e, a chi non può, di non restare indietro.
Per questo, di fronte all’alternativa drammatica dell’occidente tra populismi e monetarismo, credo che la risposta debba essere nel sovranismo, cioè nel riaffermare un vero governo del cambiamento. Perché il cambiamento, senza un governo e senza un progetto, porta solo alla deriva. Il cambiamento con un governo e con un progetto porta oltre la sponda e quindi a ricucire, salvare, donare nel senso di fare di più e meglio per questo Paese.
*Adolfo Urso, senatore FdI