Ius soli. Francesco sotto attacco per "l'ingerenza" mirata (e sospetta)
di Fernando Massimo Adonia
La memoria della rete non dimentica. Se ne faccia una ragione anche papa Francesco, il titolare del magistero decisamente più social della storia della Chiesa. Soprattutto se in discussione c’è uno dei temi avvertiti fra i più urgenti dall’opinione pubblica, quello dei migranti. Non era mai successo che le parole di una pontefice venissero affiancate, al fine di smentirle, a quelle di un altro pontefice. Segni dei tempi o no, l’uscita di Bergoglio in favore dello ius soli contenuta nel messaggio destinato alla prossima giornata mondiale del migrante e del rifugiato – «riconoscere e certificare al momento della nascita» la nazionalità – ha scatenato un contrappunto virale finora inedito.
Nel messaggio del 2013, Benedetto XVI sanciva invece un diritto di polarità opposta: «Diritto primario dell’uomo – così si esprimeva l’allora vescovo di Roma – è di vivere nella propria patria». Qualcuno se l’è ricordato e ha lanciato il contrappunto. Da giorni gira infatti sulla rete un santino di Ratzinger sormontato da un principio condiviso anche da Giovanni Paolo II, che in Memoria e Identità assimilava l’amor di patria al comandamento che impone di onorare il padre e la madre. Qui però non si tratta di tirare per la talare un papa o l’altro a proprio piacimento, anche perché abbiamo a che fare con insegnamenti che sono destinati a integrarsi nell’ermeneutica del Vangelo. La campagna virale in corso è la spia invece di quanto il laicato cattolico sia spiazzato dall’agenda “francescana”.
Il problema è tutto lì, nel timing delle uscite papali. Perché a monte di ogni valutazione, si fa fatica a comprendere come – se la giornata del migrante è a gennaio – il messaggio sia stato pubblicato in agosto. Una scelta temporale in netto anticipo rispetto agli anni passati. Difficile per il quotidiano Il Tempo non parlare quindi di una «entrata a gamba tesa nel dibattito politico italiano». Già, perché con la riapertura di Montecitorio sarà proprio la complessa questione sul voto circa il diritto di cittadinanza a incendiare il dibattito pre-elettorale. Le parole del papa, stavolta, hanno tutto il sapore di un’indicazione politica a cui lui stesso ci aveva disabituati. Qualcuno ricorda invettive da Oltretevere sulla Cirinnà? Non sembra affatto. Allora si parlò del nuovo profilo inaugurato dalla Santa Sede. Qualcosa evidentemente è mutato.
Guai a censurare le parole del pontefice, però. Come anche a strumentalizzarle o ridicolizzarle. È nella piena libertà del pontefice insegnare il valore dell’accoglienza cristiana, della solidarietà e della vicinanza a quelle che lui stesso ha definito le periferie esistenziali. Il papa ha tutto il diritto di rivendicare la propria vicinanza ai migranti o agli operatori del terzo settore. Per lui è un dovere morale. Ma è su questo campo che dobbiamo restare, e non entrare in quello politico. Altrimenti il tweet Salvini che ricorda al papa che la Città del Vaticano non riconosca alcuno ius soli, sarebbe tutt’altro che scorretto.