La TV di Stato presidio nazionale
Questo saggio di Giampaolo Rossi, Consigliere d’Amministrazione Rai, è stato pubblicato nel Rapporto Nazionale “Italia 20.20” della Fondazione Farefuturo.
_
Nell’epoca della rivoluzione digitale, il dibattito attorno al ruolo del Servizio Pubblico Radiotelevisivo e Multimediale rimane ancorato ad una natura, per così dire, «analogica»; attiva gli impulsi elettrici della polemica politica, alimenta scosse demagogiche che spesso fanno perdere di vista che la Rai non è semplicemente un’azienda di comunicazione ma la più importante media company italiana, uno dei principali vettori di costruzione dell’immaginario simbolico della nostra nazione e un asset industriale strategico negli interessi del Paese. L’accelerazione tecnologica degli ultimi 30 anni che sta operando una completa disintermediazione dei processi culturali e comunicativi, rende spesso la Rai come una sorta di eredità pesante di un passato ma in realtà in tutta Europa, il Servizio Pubblico Radiotelevisivo conserva una centralità funzionale anche a definire il ruolo internazionale della nazione di appartenenza.
La Rai è un’entità eccezionalmente articolata che opera in un contesto complesso e in continua evoluzione; la sua rilevanza per la vita del Paese è sancita anzitutto dal suo status di S.p.A. d’interesse nazionale, che la pone in una condizione particolare rispetto alla disciplina civilistica pura, imponendole di operare all’interno di un mercato fortemente globalizzato e nello stesso tempo gravandola di oneri addizionali nel campo della trasparenza, della disciplina contabile e dei processi di governance e controllo, ma ponendola allo stesso tempo in un ambito di salvaguardia proprio delle infrastrutture strategiche.
Le attività di Rai sono significative nell’ambito della tutela dell’interesse nazionale essenzialmente per il loro impatto su tre aspetti: tecnologico, sociale, culturale.
RUOLO TECNOLOGICO
L’apporto tecnico di Rai al sistema-Paese è dato dalla sua capillare infrastruttura di trasmissione di segnali audio/video e multimediali, con una copertura del territorio di poco inferiore al 100% sulla piattaforma digitale terrestre e totale su quella satellitare, garantita dalla sua consociata Rai Way, provider leader in Italia di infrastrutture e servizi di rete broadcast. Questa caratteristica la qualifica inoltre come infrastruttura critica, sottoposta anche a tutela NATO, per la sua importanza strategica in caso di emergenze e conflitti.
Ma la Rai rappresenta anche un importante presidio d’innovazione tecnologica. Il suo Centro di Ricerche, Innovazione Tecnologica e Sperimentazione di Torino (Crits), nato nel 1929 come laboratorio di ricerche per l’Eiar, è oggi considerato uno dei più importanti laboratori di sviluppo a livello internazionale. Qui, negli anni ‘30, fu realizzato il «Visorium», il primo impianto italiano di ripresa e ricezione televisiva che, insieme agli esperimenti inglesi di John Logie Baird, mise l’Italia tra i precursori mondiali della nascita della TV. Nel corso dei decenni il Crits della Rai ha realizzato centinaia di brevetti di livello internazionale; tra i più recenti spiccano le applicazioni innovative per le trasmissioni in standard Dvb-T2. Brevetti le cui licenze di utilizzo sono state acquistate da numerose multinazionali.
Lo sviluppo di tecnologie di comunicazione proprietarie rappresenta uno dei cardini della proiezione strategica di una nazione, come testimonia l’acceso dibattito sul 5G, che ha creato contrapposizioni di interessi a livello planetario. Nell’attuale assetto industriale italiano il Centro Ricerche Rai rappresenta un unicum d’eccellenza che contribuisce in maniera determinante a mantenere il Paese al passo con le grandi potenze dell’era della comunicazione globale.
RUOLO SOCIALE
La natura pubblica della Rai è ciò che ne fa un irrinunciabile elemento di coesione sociale, favorita attraverso una rappresentazione pluralista e verticale delle numerose e complesse anime che compongono la nazione, degli interessi diffusi e di quello generale, della miriade di realtà territoriali, sviluppando trame orizzontali di composizione e valorizzazione delle specificità. Questa matrice di comunicazione è sottesa a tutta la programmazione tv, radio e web della Rai, ma anche al cinema e alla fiction (di cui la Rai è leader in Italia alimentando il mercato della produzione nazionale), alla produzione di contenuti per ragazzi, alla tutela delle minoranze linguistiche e ad ogni altro aspetto della mission affidatale dal contratto di servizio.
L’informazione Rai è un altro tassello fondamentale di questo mosaico: l’impostazione produttiva su una pluralità di testate garantisce una rappresentazione articolata della complessa cultura politica della nostra democrazia; il non avere il parametro degli ascolti e degli utili economici – fondamentale elemento di differenziazione dagli operatori commerciali – le consente da un lato di sviluppare profondità di ragionamento e dall’altro di contrastare il dilagante fenomeno delle fake news, il cui principale elemento scatenante è proprio la necessità di «fare notizia ad ogni costo» che ormai troppo spesso guida l’operato di alcune testate del settore privato.
L’ampio spazio dedicato alla programmazione istituzionale è certamente un altro elemento rilevante nell’ambito dello sviluppo del Servizio Pubblico Radiotelevisivo quale motore di coesione sociale. Il nuovo Canale Istituzionale previsto nel Piano Industriale (e richiesto nell’ultimo contratto di servizio) va proprio nella direzione di contribuire ad avvicinare gli spazi naturali di vita della nostra democrazia, al sentire consapevole del cittadino.
RUOLO CULTURALE
Venendo all’importanza culturale della Rai, essa poggia le sue basi su due pilastri fondamentali: il suo essere custode della memoria e dell’identità della Nazione tramite l’immenso archivio audio/video delle Teche, e la sua capacità di interpretare il ruolo di prima agenzia culturale del Paese, dedicando migliaia di ore all’anno di nuova programmazione alla valorizzazione della musica, della letteratura, dell’arte, dell’architettura, della danza, delle eccellenze del territorio, dell’artigianato e del design, sia inserendole all’interno della programmazione generalista sia dedicandole spazi appositi attraverso canali specializzati radio, tv e web.
Costruzione di un immaginario nazionale, valorizzazione della nostra identità anche all’estero attraverso il nascente nuovo canale in lingua inglese previsto dal contratto di servizio che, al pari degli altri broadcaster pubblici, aiuta la circolazione della cultura italiana, del suo essere risorsa mondiale anche all’estero.
Lo sforzo della Rai nell’ambito culturale è amplissimo ed interviene costantemente anche a supporto delle istituzioni nazionali e locali, mediante lo sviluppo di piattaforme e contenuti «educational», la realizzazione di programmi per le minoranze linguistiche e religiose, la valorizzazione di rievocazioni storiche e ricorrenze del territorio, che non troverebbero cittadinanza altrove a causa del grande sforzo produttivo e delle notevoli
qualità professionali richieste per la loro ripresa e diffusione.
EMERGENZA COVID-19
Ancora di più l’emergenza Covid-19 ha evidenziato il ruolo centrale della Rai nel sistema di sicurezza sociale del Paese. È stato il Servizio Pubblico a supportare la scuola italiana con gli strumenti didattici preparati appositamente da Rai Cultura e rilasciati in dotazione a insegnanti e studenti per favorire la formazione a distanza degli studenti costretti alla sosta forzata per la chiusura delle scuole. Ed è stata la Rai a costruire un’apposita convenzione con il governo italiano per utilizzare il canale Rai Scuola in un progetto di insegnamento all’avanguardia in Europa. Ed è la Rai che oggi sta proponendo soluzioni operative per salvaguardare l’intero sistema del mercato audiovisivo italiano (cinema, fiction, documentari) colpito dalla crisi, a partire dall’ipotesi di utilizzare una parte del canone retrocesso allo Stato per investimenti specifici su questo settore fondamentale per la costruzione della nostra identità nazionale.
CONCLUSIONE
Nel dibattito attuale, la Rai risente spesso delle polemiche politiche legate alla crisi di legittimità del mainstream che attraversa il cambiamento radicale in atto nelle nostre democrazie. Per mainstream intendiamo quel complesso sistema di costruzione dell’immaginario simbolico, operato dai media, che ha dato forma e sostanza al potere di un’élite tecno-finanziaria che questi media per buona parte controlla.
Ma la Rai che, ricordiamo, è tra i Servizi Pubblici europei quella con il canone più basso (di poco superiore solo a quello della Slovacchia), rimane in termini di classificazione EBU una delle aziende migliori per qualità di programmazione, produzione contenuti, redditività e servizi. Un patrimonio fondamentale della nostra Nazione, da allineare certo ai bisogni di rappresentazione reale della società italiana (e non a quelli dell’élite che in questi anni attraverso la Rai si è spesso auto-rappresentata); un patrimonio che una nuova politica dovrebbe comprendere non solo come spazio di occupazione ma come strumento essenziale per la difesa degli interessi nazionali nel tempo della grande sfida della globalizzazione.
Anzi, l’importanza è incrementale, in ragione dell’esponenzialità delle dinamiche economiche su scala globale che stanno generando fenomeni di concentrazione della proprietà dei media nelle mani di pochi enormi soggetti multinazionali, i cui interessi possono divergere – se non addirittura contrastare – con quelli delle Nazioni destinatarie dei contenuti. La tv di Stato, per quanto fumoso possa oggi sembrare il concetto, è uno strumento sempre più indispensabile di tutela dell’interesse nazionale; è l’anticorpo attraverso il quale la democrazia difende se stessa dalle distorsioni indotte dalla viralità del mercato globale, un presidio di indipendenza, autorevolezza e buon senso che non è ipotizzabile garantire in altro modo.