L’assenza dell’Europa (politica) non è un affare per l’Italia
Le ultime elezioni Politiche ci segnalano che la maggior parte degli elettori, oggi, si esprimono contro l’Europa. Le forze politiche che si pongono in antitesi con l’Europa hanno la maggioranza nel Paese ed in Parlamento. E ciò non non era mai accaduto nella storia repubblicana italiana.
L’Italia è stata intrisa da una profonda identità europeista innanzitutto perché in principio ha avuto una agenda europea: basta ricordare il ruolo svolto da De Gasperi e non solo, all’attivismo di Gaetano Martino che nel 1955 con il Trattato di Messina pose le basi per giungere poi, nel 1957, al Trattato di Roma che diede vita alla Comunità Economica Europea. Ma l’Italia era europeista anche e soprattutto perché la borghesia media ed i ceti produttivi, che si rifacevano principalmente al popolarismo europeo, lo erano. L’Europa svolgeva un ruolo fondamentale in chiave atlantica in termini di Difesa dell’Occidente e veniva dunque percepita come baluardo di quei valori che gli italiani sentivano propri, come baluardo di una idea di economia, come baluardo di un territorio.
Nel corso degli anni, seppur rafforzata nell’infrastruttura a seguito del Trattato di Maastricht del 1992, dinnanzi ad un nuovo capitolo storico internazionale, l’Europa non è riuscita più ad essere nutrimento del sentimento di europeismo popolare perché non è riuscita ad essere percepita come esigenza. La Difesa comune, che è stata un perno fondamentale, ha mostrato la propria indeterminatezza e perdita di quella percezione di scudo protettivo proprio a cavallo di Maastricht: basta ricordare l’impotenza nella guerra civile dei Balcani sfociata nel sanguinario assedio di Sarajevo, una città di prossimità per l’Europa, durato quasi 4 anni. In quei Balcani dove, in anni più recenti, alcuni Stati europei hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo del 2008 ed altri no.
Una Difesa sgretolatasi poi laddove i nazionalismi sono diventati sinonimo di egoismi nazionali a salvaguardia degli interessi economici dei singoli Paesi. Una Difesa comune divenuta assente. Emblematica la posizione della Francia nell’intervento in Libia nel rovesciamento di Gheddafi (nonostante l’espressione di contrarietà di altri Stati) e l’anno successivo nella guerra in Mali… episodi in cui appare la difesa della grandeur francese e non di certo europea. Una Difesa europea che negli ultimi anni non è mai apparsa unita dall’eventualità di un intervento in Siria, con cambi continui delle singole posizioni… fino a circa cento giorni fa, quando Gran Bretagna e Francia dichiaravano di voler partecipare ad interventi militari diretti, Italia e Germania dichiaravano il contrario.
Probabilmente in quel 2009 del Trattato di Lisbona che affida al Presidente del Consiglio Europeo gli impulsi necessari allo sviluppo dell’UE e la definizione degli orientamenti politici, nonché le priorità politiche generali, sarebbe stato più opportuno affidare la guida ad un grande leader come Aznar o Blair… un leader capace di dare un volto forte all’Europa, invece di optare per figure minori di Stati minori perché qualcuno voleva che minore fosse l’immagine e la guida dell’Europa. Perché proprio l’assenza di voler fare Europa ha provocato l’inesorabile assenza della stessa.
In un contesto internazionale agguerrito che vede i tre giganti Stati Uniti, Russia e Cina fortemente nazionalisti ed imperialisti, l’Italia pesa drasticamente meno rispetto al passato perché è anche l’Europa a pesare di meno. Se l’Italia vuole tornare ad essere più forte e non essere una Terra di conquista delle altre potenze, ha bisogno che l’Europa sia più forte… e come in passato deve svolgere un ruolo primario per definire e realizzare un indispensabile processo di rafforzamento.
*Antonio Coppola, collaboratore Charta minuta