Luci ed ombre del decredo rilancio
Ora è il momento di fare una valutazione serena su quanto il lockdown da covid-19 ha effettivamente provocato. E’ indubbio che questa calamità abbia fatto emergere degli aspetti positivi del nostro essere italiani da un lato, ma dall’altro abbia messo a nudo molte criticità del nostro sistema politico-amministrativo. Chi si è trovato a gestire questa eccezionalità si è fatto trovare impreparato, non importa se sia stato dovuto ad inesperienza, ad incapacità o a solo un complicato intreccio di problemi non gestibili nel loro insieme, ma sta di fatto che i membri del Governo, in prevalenza senza esperienza imprenditoriale o di pubblica amministrazione, abbiano stentato ed abbiano prodotto soluzioni spesso inefficaci ed iwnefficienti. E’ venuta a mancare quella capacità manageriale utile all’attività di problem-solving. La cartina di tornasole è stata la sequela di conferenze stampa con annessi proclami delle ore 20:30, orario che negli anni ‘60, ’70 era rigorosamente ad appannaggio del Carosello. Il parallelismo è automatico perché le conferenze stampa del Premier erano connotate da un forte impatto di propaganda della propria persona. Al termine di tutto ciò arriva il famigerato Decreto Rilancio che ahimè non conferma le attese e per molti si traduce nel decreto che, pur nella sua complessità, non riesce a soddisfare tutti traducendosi in una colossale diseguaglianza sociale. Potremo fare molti esempi, ma è sufficiente attenzionare solo alcuni di questi per comprenderne il perché di un giudizio così negativo. Partiamo dai fatidici 600 euro assegnati alle partite IVA ed erogati da INPS per i mesi di marzo e aprile. Lasciamo perdere il fatto che non tutti li hanno ricevuti, lasciamo perdere che molte professioni non sono state soddisfatte, ma valutiamo perché i 600 euro sono arrivati anche a coloro che NON mostravano particolari problemi di liquidità, mentre ad altri non è stato corrisposto nulla nonostante fossero in reale situazione di indigenza o insolvibilità. Un altro esempio su tutti è stata l’erogazione dei 600 euro a chi fa sport dilettantistico. In questo particolare caso stiamo parlando di tutti quegli sportivi dilettanti anche in età scolare che risultavano percepenti di poche decine di euro a fronte di attività sportiva svolta nei primi mesi ante chiusura da pandemia. Se mi fermassi qui, non ci sarebbe nulla di male, d’altronde è stata data loro l’opportunità su un piatto d’argento ed individualmente hanno presentato la domanda ottenendo così le tre mensilità da 600 euro cadauna. Ripeto, fin qui, “sembra” tutto normale, ma se andiamo a fondo noteremo che questi sussidi sono arrivati anche agli sportivi che, non erano in condizioni precarie o in crisi economica e li abbiamo “scoperti” tali curiosando nei social network, nei quali, gli stessi destinatari del contributo si mettevano in mostra su auto di lusso o imbarcazioni. A questo punto sorgono spontanee alcune domande del tipo: Pensare di erogare sulla base del reddito familiare no? Non è stato considerato l’ISEE? Perché non ci si è adoperati per una effettiva equità? Forse sono proprio gli stessi politici che hanno ideato il reddito di cittadinanza e che hanno determinato il quantum del reddito di emergenza a stabilire ciò? Allora è tutto chiaro. Solo per trovare delle risposte analizziamo perché l’INPS a molti lavoratori non ha corrisposto i 600 euro della terza mensilità come ha fatto invece per gli sportivi (tra loro molti studenti). Perché in occasione della mensilità di maggio hanno deciso di corrispondere denaro a fondo perduto a tutti coloro che dimostravano di aver fatturato almeno il 33% in meno nel mese di aprile con riferimento al pari periodo del 2019. Geni? Non proprio. Se prima hanno commesso degli errori frutto del tipico stile dell’erogazione a pioggia, in questo ultimo caso hanno dimostrato la loro completa ignoranza e ciò fa comprendere del perché si siano inventati gli Stati Generali dell’Economia. Ovvio, non avendo le specifiche competenze, necessitavano di consulenze e il Decreto Rilancio si presentava già con falle in tutti i settori. Tra l’altro molte professioni ed attività hanno delle caratteristiche e peculiarità che solo professionisti ed addetti ai lavori conoscono nel dettaglio. Prendiamo ad esempio il caso degli agenti di commercio che per forza degli Accordi Economici Collettivi, fatturano su base trimestrale. Ecco, proprio qui casca l’asino ed entriamo nel dettaglio cogliendo il primo effetto distorsivo: Il primo trimestre scade il 31 marzo e le aziende inviano l’estratto conto entro il 30 aprile sul fatturato incassato. Quasi tutte le aziende aspettano l’ultimo giorno utile o addirittura i primi giorni di maggio affinché l’agente controlli e poi possa emettere la fattura elettronica che quasi sicuramente sarà datata maggio. La maggioranza degli agenti di commercio fattura, infatti, le provvigioni “in un mese successivo al trimestre o al mese di riferimento. Inoltre, quasi sempre, gli agenti di commercio maturano le provvigioni al momento del pagamento del bene e servizio da parte del cliente” e nella seconda metà di marzo 2020 sono maturate provvigioni su affari procurati prima del lockdown. A questo punto si verificano due casi: il primo è l’impossibilità di stabilire l’effettiva diminuzione da un anno all’altro e il secondo è la ricaduta reale che si ha sul fatturato di aprile dell’azienda che l’agente conteggerà solo a luglio/agosto o addirittura ottobre/novembre sull’incassato, e in questo caso, non potrà più farne domanda perché scaduti i termini. Morale: la fretta e l’incompetenza hanno prodotto enormi disparità tra i cittadini, in particolare escludendo gli agenti di commercio dal terzo sussidio che in Italia ne sono censiti più di 270.000, non pochi. Queste sono solo due delle tante incongruenze che molti cittadini si sono trovati di fronte. In definitiva di questo Decreto, possiamo affermare che di Rilancio ha solo il nome.