Ecco i disastri del decreto disoccupazione
In termini economici stiamo parlando di un vero e proprio disastro. Decreto dignità? È più esatto chiamarlo “decreto disoccupazione”. Basta leggere le misure, andando oltre gli slogan: più burocrazia, più conflitti, più divieti, più limiti, più contenziosi e quindi minore libertà. Tutto questo mentre – parallelamente – i 5 Stelle dagli scranni del governo minacciano il blocco della Tav, della Pedemontana e di ogni grande infrastruttura per non parlare della chiusura dell’Ilva. Controproposte? Solo demagogia, se si pensa poi a nazionalizzare Alitalia dove servono tre miliardi di euro.
Di Maio & co sostengono che il decreto dovrebbe stabilizzare i precari, in realtà – come stiamo dimostrando – costringe le imprese a non rinnovare i contratti, di fatto a licenziare. Qualche volta a delocalizzare, in altri casi a chiudere. Ecco allora che abbiamo ascoltato la rivolta del Veneto, incarnata da seicento imprenditori in rappresentanza di tanti altri che condividono le stesse preoccupazioni. Lo abbiamo fatto a Verona, capitale della produzione, polo logistico e fieristico, cuore del Nordest produttivo, di quella macroregione che dalla Lega si aspettava semplificazione burocratica e flat tax, non nuovi lacci e lacciuoli.
La domanda a questo punto è: questo decreto a chi giova, oltre al richiamo mediatico per il ministro del Lavoro? Questo decreto “ingrassa” solo alcuni studi commercialisti e fra breve gli studi legali mentre punisce impresa e lavoratori. Ingrassa i commercialisti che oggi sono sommersi di nuove richieste su come evitare costi aggiuntivi. Ingrassa gli avvocati, perché cosi come è strutturato con le causali, alimenterà nuovi contenziosi e cause legali. Già, le causali: le modifiche apportate in Commissione sono toppe peggiori del buco. Occorre renderle meno specifiche, altrimenti aumenteranno non gli assunti ma i contenziosi, ed è necessario allungare il primo contratto ad almeno diciotto mesi, senza obbligo di causale.
C’è da dire, poi, che la normativa sulle causali impatta con quanto previsto spesso dai contratti collettivi che, tra proroghe e rinnovi, prevedono un regime che talvolta supera anche 44/56 mesi, senza causali, per esempio per la chimica o per i metalmeccanici. In mancanza di un regime transitorio che faccia salvi gli accordi preesistenti aumenteranno i contenziosi e comunque si creerà inevitabilmente in un ginepraio di condizioni che faranno impazzire le imprese.
La stessa moratoria sui contratti sino al 31 dicembre è un autogol. Caro Salvini, la moratoria la si concede a chi è fuori dalle regole, a chi commette abusi, a chi commettere reati. Fare impresa non è un abuso, assumere un lavoratore non è reato. L’imprenditore non è uno da perseguire, chi fa impresa in Italia è un patriota, è un eroe. Pensavamo che la Lega lo avesse capito.
Insomma, è sempre più chiaro come questo decreto sia frutto di un pregiudizio, un pregiudizio contro chi produce e crea lavoro. Un pregiudizio contro l’impresa, frutto di chi non mai creato impresa, peggio di chi non ha mai lavorato. I grillini anche in questo sono peggio dei comunisti. Nel sistema comunista si creava una lotta di classe tra datori di lavoro e lavoratori e si puntava sostanzialmente alla rivalsa dei lavoratori contro i datori di lavoro sino ad espropriarne la proprietà dei mezzi di produzione. Come è andata a finire lo sappiano. In questo caso è peggio. Questa è una nuova e più perversa lotta di classe tra chi non ha mai lavorato e chi lavora. Chi ha voluto e scritto questa legge non ha mai lavorato e infatti propone il reddito di cittadinanza, cioè pagare a vita chi non lavorerà a vita.
Ecco perché abbiamo lanciato un appello, partendo dagli eletti nel Veneto, agli eletti nel Nord, per rivolgerci a tutti gli elettori d’Italia. Ci dicono che hanno sottoscritto un contratto di governo: l’unico contratto che ha valore è quello sottoscritto con gli elettori, altrimenti è tradimento! Ci dicono, allora, che non potevano fare altrimenti. Non è vero, vi era una maggioranza di centrodestra ma c’è chi non ha voluto insistere e puntare i piedi mancando di rispetto ai nostri elettori…
Mi chiedo però perché hanno ceduto tutti i ministeri produttivi, quelli che riguardano gli interessi delle imprese ai Cinque Stelle? Di Maio è ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, quindi, industria, energie, commercio estero, comunicazione, Mezzogiorno e consumatori. Toninelli è ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ai Cinque stelle hanno ceduto anche l’Ambiente, i Beni culturali, la Sanità. La Lega ha rinunciato a tutto quello che incide sull’Economia, tradendo se stessa. Pazzesco.
Per tutto questo ci impegneremo in Aula per modificare il decreto, e ove ciò non avvenisse a settembre faremo un tour nei distretti industriali dei Nord per denunciare l’asservimento della Lega ai Cinque stelle e per ascoltare le proposte e le proteste delle imprese, di chi produce e lavoro, nei confronti di un governo che è contro chi produce e contro chi lavora. Dopo il tour, porteremo le istanze del mondo produttivo in una Conferenza nazionale programmatica del Nord, così che Fratelli possa pienamente interpretare le esigenze di chi produce e lavora. Noi non li tradiremo.
*Adolfo Urso, senatore FdI