Macron e i migranti? Alla prima curva (della storia) si scopre "egoista"
Non è una novità che l’Italia sia costretta a far fronte alla tragica nonché costante emergenza immigrazione. Ciò che preoccupa, tuttavia, sono i dati sconfortanti forniti dal Viminale. Dal primo gennaio al 30 giugno di questo 2017 sono sbarcati sulle coste italiane 83.360 profughi, praticamente il 18,7 per cento in più dell’anno precedente. Il dato allarmante, unito alla seria impossibilità dell’Italia di gestire da sola questo imponente esodo, ha spinto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni a chiedere l’aiuto immediato dell’Unione Europea. Teatro dell’appello è stato il vertice di Berlino, convocato da Angela Merkel in vista del G20. Se, nel corso dell’incontro dei ministri europei di Interno e Giustizia – che si è tenuto poi a Tallinn – non sarebbero arriverate «risposte dall’Unione Europea sulla gestione dell’emergenza migranti», ha detto Gentiloni, l’Italia sarà costretta a chiudere i propri porti alle imbarcazioni non italiane che raccolgono i migranti nel Mediterraneo.
Sappiamo bene com’è andata a finire: la Ue ha chiuso i porti e l’Italia è rimasta letteralmente isolata. La forte presa di posizione del Governo italiano è stata sicuramente giustificata da un’evidente indifferenza da parte dell’Europa nei confronti dell’annoso problema degli sbarchi di extracomunitari (tra i quali la quota di profughi di guerra è minima). Ciò che sorprende in particolar modo è il contraddittorio atteggiamento del neo eletto presidente francese Emmanuel Macron che, se da un lato si è abbandonato spesso a dichiarazioni aperturiste richiamando solennemente l’Europa ai suoi doveri di cooperazione, dall’altro ha “riscoperto” la vocazione legge e ordine blindando la frontiera di Ventimiglia.
«La Francia è solidale, soprattutto nei confronti dei rifugiati politici», queste le parole del presidente francese nel corso del summit di Berlino. Le parole, appunto. Non si spiega, infatti, come mai la polizia francese abbia impedito ai volontari di distribuire generi alimentari di prima necessità ai sudanesi, eritrei, afgani, iraniani e kosovari che riuscivano a raggiungere il confine francese. Ecco allora Macron affermare, in modo piuttosto imbarazzato, che «l’80% di chi arriva in Italia lo fa per ragioni economiche. Come spieghiamo ai nostri cittadini, alla nostra classe media, che all’improvviso non c’è più un limite?».
Appare piuttosto evidente che la voglia di aiutare l’Italia nella gestione del fenomeno dei migranti, in particolare quelli economici, non corrisponda – al di là degli annunci – alle reali intenzioni del nuovo presidente di Francia (come del precedente, François Hollande). A prova di ciò, del resto, ci sono i dati. In seguito all’intesa, siglata nel settembre del 2015, che prevedeva il ricollocamento nell’arco di due anni di 40mila richiedenti asilo giunti in Italia e Grecia, di quei 7.281 profughi, provenienti dall’Italia, la Francia ne ha accolti solamente 330.
Dopo aver vinto la corsa all’Eliseo un mese e mezzo fa contro Marine Le Pen e dopo aver conquistato la maggioranza assoluta in Parlamento, Macron, celebrato dall’Economist come “Salvatore dell’Europa”, è costretto a fare i conti con la realtà. Considerata la difficile situazione della Francia e dell’Europa di oggi, oltre ogni previsione, il presidente francese veste quasi i panni della sua principale sfidante alle presidenziali, allontanandosi dal quel mondo “onirico” privo di macchie, compromessi e disuguaglianze tra classi sociali e tra nazionalità suo cavallo di battaglia in campagna elettorale. A questo punto è complicato stabilire quale sia la battaglia più difficile: se quella dell’Italia che fronteggia ogni giorno l’imponente flusso migratorio o quella del giovane presidente francese che non può allontanarsi dall’immagine data di sé in campagna elettorale, tanto gradita agli europeisti, alle cancellerie e al network globalista.
*Alessandro Boccia, collaboratore Charta minuta