MAGISTRATURA: L’INTERMINABILE RIFORMA
Financo Giobbe perderebbe la pazienza!
Mai riforma fu più auspicata dagli stakeholder nazionali e stranieri, più volte progettata dalla politica, richiesta a gran voce dalle autorità comunitarie, da sempre attesa dall’opinione pubblica e necessaria per il progresso del paese.
E mai ipotesi di riforma fu più osteggiata, contrastata, vituperata, persino derisa da tanti sapientoni interessati, forti del loro peso culturale e di una autoreferenziale superiorità morale!
Chi tocca i magistrati muore: questo sembrava essere l’inconfessato motivo per cui la classe politica, che nelle piazze a sempre minacciato di voler riformare tutto, non è mai riuscita ad andare sino in fondo.
E può capirsi non soltanto da parte di chi proprio specchiato non lo è ma anche di chi ha consapevolezza dello strapotere di coloro che senza rispondere del proprio operato, hanno il potere di sbattere un incensurato nelle patrie galere perché “così avrà tutto il tempo per ricordare meglio”.
Per l’uomo qualunque senza (quasi) macchia e senza(ingiustificata) paura non è mai stato invece difficile immaginare che, volendo giocare una partita a scacchi contro l’immobilismo corporativo, si sarebbe potuto vincere in cinque o sei mosse.
E se non proprio vincere si poteva almeno riuscire a smuovere la palude melmosa dell’intoccabilità.
Vado alla rinfusa: la presunzione di innocenza, la separazione delle carriere con riporto dei PM ai dicasteri della giustizia e/o dell’interno, una effettiva responsabilità civile e se necessario penale, immediata eliminazione delle scandalose porte girevoli, inclusione nel CSM a sorteggio (solo per gli aventi diritto), ragionevole limitazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, non appellabilita’ dei PM dopo la vittoria dello Stato nel primo grado di giudizio.
Tutto qui? Sì tutto qui e stavolta siamo forse vicini a smuovere il carrozzone!
Qui non voglio fare delle liste di proscrizione tra coloro che si sono battuti pro o contro, né all’interno del campo politico né tantomeno (figuriamoci!) tra quello togato.
Mi limito soltanto a prendere atto che uno dei tre poteri dello Stato, quello Giudiziario, pretende di fare il mestiere di un altro, il Legislativo.
E a leggere sulla stampa notizie di mal di pancia e financo scioperi minacciati che mi pare confermino i sospetti del popolo incolto e malpensante.
Se la vulgata popolare di una magistratura schierata e corporativa e’ veramente priva di fondamento vorrei che qualcuno mi spiegasse come mai fior di leader di partito in uno con le associazioni dei magistrati stanno ancora impedendo che possa essere la dea bendata bendata a smantellare quelle velenose correnti denunciate da Palamara e Sallusti, e più in generale a far rientrare nei ranghi costituzionali chi ha sempre preteso di debordarne.
A pensar male si fa peccato?
Forse sì, però ricordiamoci delle parole di Andreotti !
*Carmelo Cosentino, ingegnere, presidente onorario ASE spa