Meglio un vero presidenzialismo
Caro Direttore,
dopo l’indecoroso spettacolo a cui la classe politica italiana ci ha costretti e la grande lezione di civiltà, eleganza istituzionale e disponibilità al limite del sacrificio personale offerta dal Presidente Mattarella, il tema che si sta dibattendo su queste pagine scivola fatalmente sul come e perché si sia arrivati ad un tale scollamento di tanto diverse facce di una stessa Italia.
Senza voler qui affondare le mani nella storia, da fare eventualmente in altra sede, mi sembra che tutto nasca dall’azione dei nostri Padri Costituenti, che certamente con le migliori intenzioni, nel 1948 ci hanno dotati di una Costituzione repubblicana. E così per evitare che si potessero formare autoritarismi di ogni sorta, hanno costruito, a futura memoria, l’ossatura di una democrazia, forse esteticamente bellissima, ma strutturalmente debole e inefficiente. Più di quanto non lo sia, per sua stessa natura, qualunque democrazia. Una struttura che in anni di generalizzata crescita mondiale ha consentito al Bel Paese di svilupparsi anche in mancanza di una vera alternanza politica, ma certamente non adatta a tempi in cui i nuovi assetti causati dalla globalizzazione, la velocità di nascita di nuove tecnologie, e l’insorgere di nuove opportunità e minacce, richiedono chiarezza di obbiettivi e rapidità decisionale. Mi permetto quindi di inserirmi nell’interessante dibattito aperto da alcuni tuoi editoriali, con autorevoli interventi di Hamel, Sunseri, Woodrow, La Loggia ed altri per sostenere che non è la politica che va riformata bensì la Costituzione.
Con un sistema maggioritario puro, che gli italiani, spudoratamente poi gabbati dal Parlamento, avevano plebiscitariamente votato nel 1993, sarebbe la politica ad adattarsi di conseguenza. È così avrebbe fine il florilegio di partitini e gruppuscoli parlamentari che pur di ottenere un raggio di sole (e utilità di ogni tipo), non esitano ad accodarsi ad improbabili alleanze, scambiandosi giuramenti di amore eterno e tradimenti quotidiani. Bipartitismo secco, dunque, dove persino il doppio turno, con le furbizie degli italiani, sarebbe un compromesso, se possibile da evitare.
Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché fior di Paesi democratici- e nostri alleati- come Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Spagna, debbano godere di quella reattività e prontezza oggi preclusa agli italiani. Sistemi parlamentari realmente bipartitici, con formazioni limpide e democratiche, capaci entrambe di governare per una intera legislatura, salvo affidarsi alla fine al giudizio degli elettori che eleggono direttamente a loro volta un Capo dello Stato con funzioni di supervisione e presidio costituzionale. E allora usciamo dalle furbizie e dalle ambiguità in cui ahimè siamo specialisti, avendo finalmente il coraggio di forzare i nostri rappresentanti verso un sistema bipartitico e andare su un semipresidenzialismo “de iure” e non soltanto “de facto” come oggi sta fatalmente avvenendo.
*Carmelo Cosentino, ingegnere, presidente ASE spa