Il meno è fatto, ora politica e riforme
Alcune brevi considerazioni dopo averne ascoltate tante, sia profonde che superficiali, a seguito del risultato referendario.
Non solo siamo contenti perché non è passata una riforma pasticciata, e con intendimenti sottaciuti, che toglieva il diritto di voto ai cittadini e istituzionalizzava i doppi incarichi (pericolosi come è tutto quello che assomma più poteri nelle mani di pochi), ma apprezziamo soprattutto che gli italiani siano tornati a interessarsi alla cosa pubblica. In un momento di grave confusione nazionale e internazionale, gli elettori hanno dimostrato di riconoscere nell’attuale Costituzione, pur con alcuni difetti legati al tempo, il baluardo della legalità e dell’unità e perciò della democrazia.
Il voto ha dimostrato che la grande maggioranza degli italiani crede che debba prevalere la politica rispetto agli interessi poco chiari di un certo tipo di investitori o potentati finanziari. Questa maggioranza ritiene che la Politica debba essere al servizio dell’interesse della collettività nel suo complesso. Certamente la politica dovrà tenere conto anche di quanto di positivo deriva da investitori nazionali ed internazionali ma non può e non deve fare le sue scelte esclusivamente in base a questi interessi.
La grande maggioranza degli italiani ha detto no, in modo chiaro, alle arroganze, presunzioni, personalizzazioni e pressapochismi di cui molta parte della classe dirigente, non solo quella politica, ha dato prova. Modernizzare non significa rottamare né utilizzare selfie e tweet per comunicare pensieri politici e proposte legislative che hanno sempre bisogno di studio e ponderazione prima di essere rese pubbliche.
Gli italiani hanno evidenziato che per loro non è importante tanto il numero dei parlamentari quanto piuttosto il diritto dei cittadini di poterli scegliere, valutare e controllare nel corso del loro mandato. La funzionalità e l’efficienza di una democrazia non si basano sul numero dei suoi rappresentanti ma sulla loro capacità effettiva di lavorare nell’interesse della collettività e non solo dei loro partiti o dei loro leader.
Tutti coloro che si sono recati alle urne, a prescindere dal voto espresso, hanno fatto ben comprendere che come cittadini vogliono tornare a poter esprimere il loro pensiero direttamente e non con leggi elettorali che portino altri a decidere per loro. C’è una nuova maturità e voglia di partecipazione che fa ben sperare per una democrazia più solida e capace di fare le sue scelte.
Alcuni analisti sostengono che il 40% dei sì sarebbe comunque una consistente percentuale di voti per il Pd e per Renzi. Quanto conti dal punto di vista elettorale Renzi lo vedremo se e quando si presenterà a una elezione. Certamente, il 40% dei sì è composto sia da cittadini che si identificano nelle forze politiche che compongono e sostengono il governo uscente (Pd, Ala, Ap, ex Sc e chi più ne ha più ne metta) sia da una parte di elettori di FI e di altre sigle spaventati dai continui allarmismi di Renzi e di tutta l’informazione a lui vicina (compresi giornali e rappresentanti politici europei ed internazionali).
Immaginare che, come purtroppo è avvenuto in passato, promesse di piccole o grandi prebende, rispetto alla drammatica situazione di indigenza, o comunque di perdita di sicurezza, di tante fasce sociali, possano indirizzare e coartare il voto è un calcolo sbagliato: il monito che giunge dal voto popolare dovrebbe indurre tutte le forze politiche, vecchie e giovani, ad avere più rispetto per il corpo elettorale, a meditare prima di fare annunci e a non fare annunci prima di aver fatto concretamente quanto serve all’Italia. Il corpo elettorale è fatto di persone, singoli individui che ogni giorno affrontano la realtà con tutte le difficoltà che una società globalizzata e spesso indifferente mette loro davanti e non si deve tentare di comprare queste persone.
Nei prossimi giorni le forze di centrodestra e di centrosinistra dovranno valutare i rispettivi errori, passati e presenti. Certamente vi saranno scontri sulle varie leadership, ma se ancora le forze politiche tenteranno aggregazioni e nomine di leader in base alle loro aspettative elettorali e non alle aspettative del Paese, in campo sociale come economico, la crisi continuerà a rimanere qualunque sia il governo che ci rappresenterà nei prossimi appuntamenti europei ed internazionali.
Alcuni insistono sulla necessità di andare al più presto alle urne, qualunque legge elettorale esca dal verdetto della Corte costituzionale. Ritengo che alle urne si debba andare con una legge elettorale che garantisca agli elettori di poter scegliere i propri rappresentanti e senza premi di maggioranza tali da snaturare il rapporto di rappresentanza democratica, con programmi che siano stati ponderati, condivisi e resi pubblici con la garanzia che le eventuali coalizioni che potrebbero formarsi si impegnino a realizzarli.
Nel frattempo, come abbiamo più volte sostenuto in questi anni, siamo convinti che vi debba essere un obiettivo comune: dare vita ad una Costituente, eletta dal popolo, che possa riunire, fuori da pregiudizi e steccati, persone capaci di offrire all’Italia alcuni nuovi obiettivi comuni.
*Cristiana Muscardini, parlamentare europeo