No al nuovo ordine “frugale”
Ormai da qualche giorno sono al centro della scena europea: i “Frugali”, ovvero al secolo Austria, Olanda, Danimarca e Svezia, sono diventati un nuovo blocco in seno all’UE. Dicono come gli altri Paesi, in primis l’Italia, dovrebbero comportarsi. Cosa fare, cosa non fare, debito no, prestiti sì ma condizionati, conti sotto controllo, Stati monitorati nella spesa, riapertura dei confini a discrezione e così via.
E’ giusto che ciascuno esprima la propria posizione, all’interno del dibattito Europeo, siamo tutti Paesi democratici e il diritto di parola deve essere garantito, senza mai trascendere, con rispetto e senso della misura. Senso della misura che, sempre più spesso, viene però meno. In certi momenti si ha la sensazione che vi siano preconcetti e pregiudizi in molti commenti. E soprattutto un senso di superiorità che è decisamente fuori luogo.
Un sano bagno di realismo, umiltà e senso della misura sarebbe proprio auspicabile. Anzitutto perché molto spesso, quando parlano di noi, dovrebbero ricordarsi, i “Frugali”, che il nostro è il terzo Paese dell’Unione per contributo al bilancio comunitario, con uno stock di oltre 12 miliardi di Euro all’anno. Inoltre l’Italia versa molto di più di quanto riceva indietro dall’UE, con un saldo di circa 3 miliardi di Euro. Cioè noi versiamo molto di più di quanto riceviamo, nell’ordine di miliardi di Euro appunto.
Per intenderci, i quattro “Frugali” assieme, versano molto meno della sola Penisola nelle casse dell’UE, nell’ordine di almeno un paio di miliardi. Quindi quando parlano di noi dovrebbero avere quel rispetto che spesso non hanno e quel senso della misura che sempre più frequentemente manca loro. Ciò che è ancora più sorprendente, però, è quel silenzio assordante nel difendere le nostre istanze di fronte ai continui attacchi e sberleffi ormai quotidiani. Ma potrebbero rivolgersi con questi toni e con questi contenuti alla Francia o alla Germania? Io non penso proprio. Con noi è diverso. Perché? Perché loro hanno i conti in ordine, a quanto pare. Ma questo non può e non deve essere l’unico criterio di valutazione. Ci sono numeri molto più consistenti, in ragione delle dimensioni, che non possono non essere considerati. In seno all’UE mi sembra che la quota di contribuzione al bilancio comunitario possa e debba essere un criterio altrettanto indicativo del peso di ciascuno Stato. E qui non c’è proprio partita.
Altrettanto vero, però, è che si acquista evidentemente più credibilità se si agisce in gruppo. Lo scrivevo qualche giorno fa, sempre su Charta Minuta, che per il nostro Paese sarebbe auspicabile promuovere un fronte comune del Mediterraneo, in particolare con Spagna e Francia, indipendentemente dal colore politico contingente, per promuovere una nuova agenda Europea che esca dallo sterile rigorismo per imboccare una nuova strada di crescita, sviluppo e prosperità.
Italia, Francia e Spagna, da sole, contano una popolazione di oltre 170 milioni di abitanti su 440 milioni di cittadini dell’Unione, quindi una buona fetta! Non solo, il PIL (prodotto interno lordo) aggregato di questi 3 Paesi rappresenta circa 1/3 di tutto il PIL dell’Unione. Sicuramente una massa critica di gran lunga più importante del cosiddetto blocco del Nord Europa.
L’Unione Europea è oggi a un bivio, un Paese come l’Italia, che ha fondato questa comunità e che contribuisce in modo importante alla sua sopravvivenza, anche economica, ha non solo il diritto ma il dovere di indicare una nuova strada, facendosi parte attiva nel dibattito. Non solo per chiedere quanto le spetta ma anche indicare una nuova via, assumendo un ruolo di leadership condivisa con gli altri Stati che, per dimensione e peso economico, sono oggettivamente più titolati dei “Frugali” a determinare il futuro dell’Unione stessa.
Con orgoglio, senza timore, per il futuro proprio e del continente.