O SI (RI)FA’ IL CENTRODESTRA O SI MUORE
“Dall’Alpi a Sicilia”, prima delle fatidiche politiche del ’23 ci saranno svariate competizioni elettorali: Genova, Palermo, Messina, Verona, Padova, Parma ect; ci saranno anche appuntamenti importanti come le regionali della Sicilia.
Il titolo di questo articolo che rievoca un momento storico fondamentale per il nostro Paese non è stato scelto a caso per incutere scalpore ma dovrebbe essere, sperando di riuscirci, il punto di sintesi di un ragionamento articolato.
Prima la pandemia e ora la guerra in Ucraina ci hanno messo di fronte al fatto che l’Italia ha necessità di un nuovo risorgimento – volendo usare lo stesso termine usato qualche giorno fa in una bellissima conferenza – non più procrastinabile. Ciò che doveva animare lo spirito delle alleanze in questi “appuntamenti minori” – che dovrebbero essere il banco di prova delle politiche (e si è ancora in tempo per redimersi) – doveva essere l’esigenza di rivedere il concetto di coalizione di centrodestra. Si imponeva una maggiore responsabilità anche nel risparmiare al proprio elettorato i teatrini che non onorano una classe dirigente che dovrebbe occuparsi dei veri problemi del Paese; sia quelli attuali sia quelli che devono essere risolti nel futuro da una programmazione oculata per ridare dignità al popolo Italiano. Vi è la necessità di sentir parlare di programmi, programmi autorevoli supportati da cifre e non sentire slogan e libri dei sogni. C’è chi lo ha capito e ha orientato le proprie vele in quella direzione, ma ancora non è sufficiente. Rifare (o fare) il centrodestra non è questione di incollare fazioni per vincere elezioni, ma è questione vitale trovare il collante in un programma scritto a monte. Per fare tutto ciò è necessario individuare la cometa politica da seguire. Può mai esserci interesse a perpetuare l’assistenzialismo in Italia? Lo statalismo mascherato da buonismo? Possibile ancora saziare la ingordigia famelica dei burocrati? I dati sono chiari: escludendo le pensioni, le voci più corpose del bilancio dello Stato riguardano il mantenimento della macchina pubblica inefficiente ed inefficace e un welfare improduttivo spezzettato in mille rivoli che hanno l’odore di mance elettorali. E’ palese che gli investimenti per la scuola, l’università e i lavori pubblici per le opere utili al Paese sono insufficienti. Altro tema importante: quanti enti inutili e dispendiosi supporta il contribuente italiano? Quante società partecipate fatte solo da consiglieri di amministrazioni deve supportare il contribuente italiano? Occorrerebbe (salvando le aziende che trattano la sicurezza Nazionale) privatizzare tutte quelle aziende – e nel contempo liberalizzare – che oggi sono macigni per l’Italia e che invece potrebbero divenire realtà per una maggiore produzione italiana; è chiaro che bisogna aggiustare anche il tiro sulle privatizzazioni perché in Italia vi è lo strano “vizio” di privatizzare gli utili e socializzare le perdite – una sorta di capital comunismo – e questo, come direbbe un esimio professore e Senatore della Repubblica che risponde al nome di Basini, è peggio del comunismo stesso.
Inoltre, la CGIA di Mestre ha stimato che in Italia la burocrazia costa al sistema circa 100 miliardi di euro l’anno – metà PNRR – e questo non può più essere tollerabile né per le imprese italiane né per le imprese straniere che potrebbero avere interesse ad investire nel nostro Paese. Oggi sorvoliamo sulla giustizia.
I punti focali ( e tanti altri ve ne sarebbero) che dovrebbero essere motivo di confronto tra le forze politiche della coalizione di centrodestra dovrebbero essere questi perché si deve assolutamente scongiurare un futuro con governi di sinistra o governi di responsabilità nazionale come quello che ci sta governando adesso. Non oso immaginare i danni sociali ed economici che possono derivare ( in un momento di “ripresa sotrica”) se dovessero vincere le elezioni politiche i sinistri insieme a quel che rimane dei cinque stelle. Ovviamente i punti di partenza si dovranno limare in base alle varie peculiarità dei partiti, trovando la sintesi migliore.
È fondamentale che questa grande lungimiranza abbia continuità territoriale e che lo schema strategico sia unico su tutto il suolo Italiano; ed è fondamentale perché l’elettorato di centrodestra ( liberali, imprenditori, commercianti, giovani sognatori) non ha la stessa caratteristica dell’elettorato di sinistra che è più un apparato di sistema. Capita spesso, infatti la storia ne è testimone, che per la scelleratezza politica del centrodestra l’elettore non va a votare perché non percepisce una reale e pragmatica soluzione ai suoi problemi quotidiani. I “sinistri” vanno sempre invece, anche se piove.
Quindi, concludendo, ci deve essere una cometa politica a destra ed essa deve essere seguita e per vincere e per risultare incisivi nella risoluzione dei problemi; a tal proposito non posso non pensare ad un intervento del professor Carlo Pelanda che potrebbe, anzi dovrebbe, essere di ispirazione. I suoi insegnamenti e le sue ricerche soddisfano anche i liberisti più accaniti perché danno prova di un equilibrio razionale risolutore. È chiaro che bisogna sburocratizzare, dare spazio al mercato e accrescere il capitalismo di massa come è chiaro che non si può abbandonare il bisognoso e l’infermo; ma non si può pensare di continuare a dare sussistenza a giovani solo per lasciarli fuori dal mercato del lavoro. Il reddito di cittadinanza sta producendo innumerevoli problemi sia economici che sociali perché è percepito in larga parte da potenziale “forza lavoro” che si è rassegnata e abituata al divano e si tolgono pure risorse economiche non indifferente da capitolo più produttivi. Se proprio deve esserci sussistenza che sia almeno proficua, attivando dei seri percorsi extra scolastici (e non la formazione che siamo abituati a vedere) anche all’interno delle aziende che consentano alla fine di questi percorsi di immettere nel mercato del lavoro tutti questi giovani (e meno giovani).
Quanto ciò scritto è il reale bisogno di un Paese che ha smarrito se stesso e nel medio-lungo periodo ha bisogno di ritrovarsi.
*Antonio Moscato, imprenditore