Pensioni & immigrazione. Se Tito Boeri "dà i numeri" (e non le soluzioni)
Se i conti non tornano neanche a Tito Boeri, non resta che tornare al pallottoliere e ai conteggi carta, penna e saliva. Il presidente Inps è tornato a parlare di pensioni e immigrati disegnando un quadro tanto apocalittico davanti al quale è difficile non storcere il naso e non invocare il time-out. L’aveva già detto nelle scorse settimane ma ora è tutto nero su bianco nella relazione annuale alle Camere. «Senza nuovi ingressi, niente previdenza per i nostri anziani», suonano più o meno così le parole di Boeri. Ufficialità e numeri non rendono però la questione meno opinabile, anzi. Appunto perché mai come ora i numeri «fanno politica» e servono da foglia di fico a una classe dirigente che non ha saputo leggere con attenzione il tempo presente.
Perché è difficile credere che in un Paese che fa fatica a trovare un’occupazione sempre meno precaria ai propri figli – con le aziende che chiudono o delocalizzano – la risposta a una crisi di sistema siano i barconi, le Ong battenti bandiere straniere o i porti aperti. Suvvia, posta così la questione è facile scivolare nel grottesco, nel ridicolo. Chi sussurra analisi di tal portata è chiaro che non ha mai visto una nave carica di migranti attraccare al porto. Oppure, che non si è mai avvicinato a un Cara e non ha percepito il dramma patito da una massa umana in cammino. La risposta ai problemi del Paese non è nelle analisi di Boeri. No, non può: è una questione morale, prima ancora che politica.
L’emergenza migranti è seria. Sarebbe altrettanto serio ammettere quanto sia impossibile ricollocare i “nuovi italiani” nel tessuto sociale e lavorativo entro un lasso di tempo dignitoso. Quanti migranti di seconda e terza generazione hanno qui vissuto la povertà più bieca appunto perché gli è stata raccontata una favola condita da una prosperità a copertura parziale prima di partire? Dovremmo chiedere scusa loro e inchinarci davanti alle storie di chi è riuscito a garantire futuro e italianità ai propri figli percorrendo la via della legalità.
I migranti fanno i lavori che gli italiani non vogliono fare più? Mamma mia! Una banalità. Una fake, per non dire altro. Sarebbe più onesto dire che spesso i migranti sono costretti a essere impiegati in quei settori a rischio dove non c’è uno straccio di diritto e garanzia. Dove sta il contributo pensionistico nelle venti euro giornalieri in nero per raccogliere i pomodori nei campi siciliani o pugliesi? Dov’è nell’elemosina chiesta ai semafori? O nei traffici gestiti dalle organizzazioni criminali che devono assoldare manovalanza straniera? Sarebbe ora che si mettessero in riserva gli slogan da giornaletto studentesco e si parlasse con serietà di un problema che in ordine di tempo anticipa la pensione, il lavoro.
È tutta lì la questione. L’uscita di Giorgia Meloni mette ordine alla faccenda: «Il presidente dell’Inps debba sapere che il problema dell’Italia, per cui non vengono pagate le pensioni, è che non c’è abbastanza occupazione, che l’Italia è quasi dieci punti sotto la media delle altre nazioni europee. Quindi basta favorire nuova occupazione per i cittadini italiani per avere più persone che producono e che quindi mettono da parte i soldi per pagare le pensioni». Lavoro, speranza. E speranza di un lavoro certo. Non può non essere quella la ricetta per invertire la crisi demografica che attanaglia l’Italia da anni. Chiaro che non è facile. Intanto però la fuga dei cervelli italiani all’estero continua. E i numeri li dà proprio Boeri. Ma non le soluzioni.
Perché è difficile credere che in un Paese che fa fatica a trovare un’occupazione sempre meno precaria ai propri figli – con le aziende che chiudono o delocalizzano – la risposta a una crisi di sistema siano i barconi, le Ong battenti bandiere straniere o i porti aperti. Suvvia, posta così la questione è facile scivolare nel grottesco, nel ridicolo. Chi sussurra analisi di tal portata è chiaro che non ha mai visto una nave carica di migranti attraccare al porto. Oppure, che non si è mai avvicinato a un Cara e non ha percepito il dramma patito da una massa umana in cammino. La risposta ai problemi del Paese non è nelle analisi di Boeri. No, non può: è una questione morale, prima ancora che politica.
L’emergenza migranti è seria. Sarebbe altrettanto serio ammettere quanto sia impossibile ricollocare i “nuovi italiani” nel tessuto sociale e lavorativo entro un lasso di tempo dignitoso. Quanti migranti di seconda e terza generazione hanno qui vissuto la povertà più bieca appunto perché gli è stata raccontata una favola condita da una prosperità a copertura parziale prima di partire? Dovremmo chiedere scusa loro e inchinarci davanti alle storie di chi è riuscito a garantire futuro e italianità ai propri figli percorrendo la via della legalità.
I migranti fanno i lavori che gli italiani non vogliono fare più? Mamma mia! Una banalità. Una fake, per non dire altro. Sarebbe più onesto dire che spesso i migranti sono costretti a essere impiegati in quei settori a rischio dove non c’è uno straccio di diritto e garanzia. Dove sta il contributo pensionistico nelle venti euro giornalieri in nero per raccogliere i pomodori nei campi siciliani o pugliesi? Dov’è nell’elemosina chiesta ai semafori? O nei traffici gestiti dalle organizzazioni criminali che devono assoldare manovalanza straniera? Sarebbe ora che si mettessero in riserva gli slogan da giornaletto studentesco e si parlasse con serietà di un problema che in ordine di tempo anticipa la pensione, il lavoro.
È tutta lì la questione. L’uscita di Giorgia Meloni mette ordine alla faccenda: «Il presidente dell’Inps debba sapere che il problema dell’Italia, per cui non vengono pagate le pensioni, è che non c’è abbastanza occupazione, che l’Italia è quasi dieci punti sotto la media delle altre nazioni europee. Quindi basta favorire nuova occupazione per i cittadini italiani per avere più persone che producono e che quindi mettono da parte i soldi per pagare le pensioni». Lavoro, speranza. E speranza di un lavoro certo. Non può non essere quella la ricetta per invertire la crisi demografica che attanaglia l’Italia da anni. Chiaro che non è facile. Intanto però la fuga dei cervelli italiani all’estero continua. E i numeri li dà proprio Boeri. Ma non le soluzioni.
*Fernando Adonia, collaboratore Charta minuta