PER UNO STATUTO DEI LAVORATORI
Negli ultimi trent’anni i legislatori italiani hanno proceduto a molte riforme che hanno fortemente mutato il mercato del lavoro, privilegiando i contratti a termine rispetto a quello storico, ovvero quello a tempo indeterminato. Le riforme che si sono succedute dagli Anni Novanta in poi non hanno risolto il problema atavico e fondamentale: la disoccupazione giovanile.
I dati Istat hanno certificato l’aumento della disoccupazione giovanile e giovani neet, ovvero quelli che non cercano lavoro e non studiano (problema, inoltre, molto serio la dispersione scolastica).
L’ultima riforma organica del mercato del lavoro, il Jobs Act (in più punti incostituzionali come dimostrano le sentenze della Corte Costituzionale) non ha risolto il problema della disoccupazione giovanile e della precarietà nel mondo del lavoro. Poi è arrivato il reddito di cittadinanza, forma diffusa di assistenzialismo, che – come promesso dal governo Meloni – va superato con interventi che consentano ai molti occupabili di (re)inserirsi nel mondo del lavoro e sentirsi parte attiva della comunità nazionale.
Occorre un cambio di passo e riforme incisive che permettano una rivoluzione profonda nel rapporto mercato del lavoro- persone-imprese.
Quali misure per il lavoro?
1 Semplificare tutta la disciplina giuridica sui contratti e sul diritto del lavoro, oggi sono circa 350 i contratti di lavoro a tre forme contrattuali che si aggiungono al contratto a tempo indeterminato;
2 Riforma profonda del fisco sul lavoro rendendo più semplice la normativa fiscale per l’occupazione con sgravi fiscali permanenti per le imprese;
3 Rendere il contratto a tempo indeterminato in prospettiva l’unica forma contrattuale conveniente per le imprese;
4 Abbassamento delle tasse sul lavoro cominciando dall’imposta IRAP per poi affrontare quello sul cuneo fiscale con un taglio imponente e strutturale;
5 È suggestione non realizzabile, ma sarebbe esseniale accorpare per un periodo limitato di tempo il Ministero del Lavoro con quello dell’Istruzione in un nuovo ministero dell’Educazione, Università e Ricerca e del Lavoro;
6 Redazione di un nuovo codice del lavoro che raggruppi tutta la normativa esistente nello Statuto dei lavori, nel quale impresa e lavoratori possano interfacciarsi conoscendo i diritti e i doveri a loro rivolti;
7 Inserire nella Costituzione un principio che renda più difficile modificare le legislazioni sul lavoro che devono essere certe per gli operatori nel settore.
Questi punti potrebbero aiutare il mondo del lavoro: il primo nodo da sciogliere in questo settore è che nella società della competenza lavoro e istruzione vanno di pari passo e senza un sistema educativo improntato al lavoro noi non risolveremmo il problema della disoccupazione nel nostro Paese.
*Umberto Amato, dottore in Giurisprudenza