Pesa su tutti il debito dei Paesi del Nord
L’attuale piano di rilancio post-Covid19 della Commissione Europea prevede lo stanziamento di 500 miliardi di euro di sovvenzioni e 250 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri. A questo piano si stanno opponendo Olanda, Danimarca ed altri paesi del Nord Europa – con la Germania che fino all’altro ieri la pensava allo stesso modo. Ma se questi paesi adempiessero al loro dovere, ovvero ai loro debiti, il piano di rilancio sarebbe forse superfluo. Vi sembra strano?
Dal contemporaneo avverarsi di due problemi: (1) pieno dispiegamento dell’indiscriminata globalizzazione degli scambi con l’ingresso della Cina nel WTO e (2) introduzione della moneta unica in Europa, i paesi che oggi si lamentano hanno accumulato enormi surplus commerciali, superando l’incredibile cifra di 5.000 miliardi di dollari, proprio nello stesso momento in cui l’Europa Latina inizia a cumulare dei deficit, mentre precedentemente la situazione era assai più equilibrata.
La questione è di grande importanza perché, in un’economia monetaria, se chi detiene moneta non la spende restituendola in cambio di merci, il circuito economico rallenta fino ad entrare in crisi, generando disoccupazione. In altre parole il risparmio, ovvero la tesaurizzazione monetaria, oltre una certa misura diviene un problema perché fa sì che chi deve vendere le proprie merci (soggetti in deficit) dipenda dalle decisioni arbitrarie di spesa di chi detiene moneta (soggetti in surplus). Detto in altre parole, la Germania è in debito verso l’Italia nella misura in cui deve acquistare merci italiane per un ammontare coerente alla vendita di merci tedesche, e l’Italia è tenuta a fornirle.
E’ facile capire il concetto pensando che, se gli scambi avvenissero sotto forma di baratto, non potrebbero esistere né surplus né deficit di moneta, perché la prestazione e la contro-prestazione sarebbero immediate. E’ solo in un’economia monetaria che questo può avvenire, ed in teoria la situazione si dovrebbe risolvere in breve tempo con il riutilizzo di quella moneta per l’acquisto di altri beni. Ma nella realtà succede che chi accumula molto alla fine non può, non vuole o non riesce a spendere tutto quanto, ed allora nasce il problema! Questo aspetto può essere visto come la riproposizione, su scala aggregata a livello di nazioni, di un più generale processo di accentramento della ricchezza tra privati – che delle nazioni sono le unità costitutive: il medesimo problema nasce infatti dalla tesaurizzazione di ingenti ricchezze private.
Era questo l’insegnamento fondamentale di Keynes nella sua Teoria Generale: quando i privati non spendono a sufficienza la moneta accumulata, allora serve che la comunità spenda verso se stessa per sopperire all’artificiale scarsità di moneta indotta dalla tesaurizzazione privata (in genere una minoranza, per ovvi motivi) che pone l’economia in una situazione di sottoccupazione forzata, simile ad un’automobile che avanza con il freno a mano tirato, i cui danni sono subiti in particolare dagli altri (in genere una maggioranza, per altrettanto ovvi motivi).
Il motivo, conscio o inconscio, per il quale i soggetti in surplus (siano individui o nazioni) vedono male questo logico rimedio di sopperire con la domanda pubblica alla tesaurizzazione privata è che l’aumento di moneta, pure a fronte di nuove merci, potrebbe creare inflazione, svalutando dunque il loro stock di risparmio accumulato. Meglio dunque un (sicuro) 5% di disoccupazione in più e salari più bassi, ma guai ad un (possibile) 2-3% di inflazione addizionale!
L’enorme surplus accumulato da Germania, Olanda, Danimarca e (in misura minore) Austria nella bonanza della globalizzazione con moneta svalutata e super competitiva (per loro), è in parte non reinvestita affatto all’estero (circa 1.200 mld di dollari al 2019) ed in parte reinvestita all’estero a vario titolo (quasi 4.000 miliardi di dollari al 2019), anche qui con contestuale presenza di una analoga posizione negativa del Sud Europa. Il problema è che gli investimenti non sono sempre produttivi, visto che spesso si può trattare di un solo passaggio di mano di beni preesistenti (immobili, azioni, aziende etc.) che non apporta nessun lavoro addizionale, dunque nessuna ricchezza addizionale nella società, pur entrando nella contabilità degli “investimenti”, oppure mera rendita finanziaria.
Ed ecco che se i paesi del Nord convertissero solo la metà del loro surplus, che prima del 2002 non esistevano, in acquisti di merci dall’Europa Latina su un periodo pluriennale, ci sarebbero 2.500 miliardi di dollari a disposizione. Altro che piano di rilancio!