Quel MES è sotto sorveglianza
L’inesistenza di un Meccanismo Europeo di Stabilità. La necessità di porre un controllo all’azione di sorveglianza economica della Commissione e della Banca Centrale Europea.
L’obbiettivo di questo intervento è di apportare un semplice contributo alla discussione sul ruolo dell’Unione Europea e del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) nella crisi, prima economica e poi sociale, causata dalla pandemia Covid-19. Una discussione che sta interessando tutti i settori del nostro paese e che, ancora una volta, ci divide tra euroscettici e europeisti, come se potessimo permettercelo.
L’Unione, nel suo insieme, ha posto in essere una serie di interventi con dei profili d’interesse, soprattutto se paragonati alle cifre di quelli che fino ad esso il Governo italiano è riuscito solo a promettere. Le azioni delle Istituzioni sono tanto diverse quanto i settori in cui ognuna di esse opera. In breve, esse si sostanziano nell’uso della Banca Europea degli Investimenti e del bilancio dell’Unione per garantire liquidita, la creazione di uno strumento di sostegno per combattere la disoccupazione che sta investendo le nostre economie, la sospensione della normativa sugli aiuti di stato con la conseguente possibilità per i governi di adottare misure straordinarie di sostegno alle imprese, la sospensione dell’applicazione dei vincoli del patto di stabilità e l’utilizzo del MES per reperire ancora più liquidità, attraverso l’emissione di obbligazioni, da dare ai paesi la cui moneta è l’Euro. Un’azione a cui dobbiamo aggiungere il piano di acquisto dei titoli di Stato della Banca Centrale Europea su cui la Corte Costituzionale tedesca è recentemente intervenuta con una Sentenza, che a parere di chi scrive, non sembra assolutamente avere quella forza di stravolgere i rapporti tra diritto nazionale e diritto dell’Unione Europea che tanti giornali, almeno in Italia, gli hanno attribuito.
Senza ombra di dubbio, l’attivazione del MES rappresenta l’azione più discussa, contraddittoria e dai confini incerti che l’Unione potesse azionare. I motivi sono diversi. Vi sono dei timori suscitati dalla natura stessa del MES che per l’opinione pubblica risulta di difficile comprensione ma vi sono dei motivi storici. L’attuale discussione ha rinverdito i ricordi di un intervento a supporto dell’economia greca che, basandosi solo su parametri economici, ha quasi distrutto la società del paese ellenico.
È nota l’ambiguità del MES, almeno per i non addetti ai lavori. Nato per sostituire lo strumento temporaneo denominato Fondo Europeo per la Stabilità Finanziaria, il meccanismo è un’organizzazione di diritto internazionale raccordata, dall’art. 136 co. 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) così come modificato dalla Decisione del Consiglio Europeo 2011/199/ UE del 25 marzo 2011, con l’Unione Europea. Il MES è percepito come un’istituzione cardine della struttura europea ma la verità è un’altra. Se immaginiamo, come in molti si augurano, che in questo momento l’Unione Europea sparisse, o scoprissimo che l’Italexit sia cosa fatta, ci renderemmo conto che il MES continuerebbe ad esistere come un’organizzazione a se stante e che tutte le situazioni giuridiche, attive e passive, del MES continuerebbero ad esistere. Insomma, i rapporti di debito e credito con il MES rimarrebbero intatti. Come lo sarebbe la condizionalità con cui i prestiti del MES sono stati erogati. Il termine condizionalità indica tutte quelle condizioni macroeconomiche che lo Stato si impegna a rispettare o realizzare per beneficiare dell’aiuto economico del MES. È proprio la condizionalità economica che ha condotto il MES alla ribalta nel grande pubblico.
La condizionalità è concetto tipico del diritto internazionale dell’economia, sempre utilizzato negli interventi del Fondo Monetario Internazionale per subordinare gli aiuti economici, ad uno stato in difficoltà, alla realizzazione di un programma di riforme economiche e sociali. La condizionalità si pone alla base dell’azione del MES, ne sono conferma sia la norma di raccordo tra l’Unione Europea ed il MES, l’art. 136 co. 3 TFUE, dove è scritto esattamente “La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”, sia l’art. 3 del Trattato MES nel quale è affermato il principio di elargizione dei prestiti per cui ogni sostegno alla stabilità del paese richiedente deve essere caratterizzata da condizioni rigorose. Quindi è possibile immaginare un MES senza condizionalità? O un MES light? Ogni tentativo di ricostruzione di un MES light o MES senza condizione si scontrerebbe con il dato normativo che pone vincoli di operatività ben precisi. Non vi può essere alcun dubbio che l’attivazione del MES senza condizionalità sarebbe un atto ultra vires privo di base giuridica. Deve essere quindi fatta assoluta chiarezza riaffermando il principio per cui non esiste MES senza condizionalità. Ciò è confermato dalla prospettiva di subordinare l’intervento di aiuto del MES ad una all’obbligo di utilizzare i soldi prestati per le spese fatte dal sistema nazionale sanitario del paese aiutato, di fatto una condizionalità del prestito.
Al di la della condizionalità, che come abbiamo visto è caratteristica ontologica degli interventi di aiuto del MES, quello che ci deve preoccupare ancora di più è il sistema di sorveglianza che porrebbe le scelte economiche, quindi politiche, del paese aiutato sotto la lente di ingrandimento della Commissione e della BCE. La sorveglianza rafforzata, descritta nel Regolamento UE n. 472/2013 sulla sorveglianza economica di bilancio prevede, lo riportiamo qui in breve, un controllo periodico del bilancio dello Stato sottoposto ad aiuti svolti dalla Commissione e dalla BCE. La questione più sensibile è riportata dall’articolo 2 co. 7 del citato Regolamento ove si afferma “Se, sulla base delle missioni di verifica […], la Commissione giunge alla conclusione che sono necessarie ulteriori misure e che la situazione economica e finanziaria dello Stato membro in questione ha importanti effetti negativi sulla stabilità finanziaria della zona euro o dei suoi Stati membri, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può raccomandare allo Stato membro interessato di adottare misure correttive precauzionali o di predisporre un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico.” La norma, in quanto modalità di funzionamento della sorveglianza rafforzata, apre le porte ad interventi della Commissione che, al momento dell’erogazione dell’aiuto, potrebbero essere inimmaginabili. Perché è chiaro che durante la sorveglianza alcune condizioni di base possono mutare e rendere necessario un intervento della Commissione. Quindi è da escludere l’esistenza di un aiuto da parte del MES che lasci completamente libero lo Stato di intraprendere proprio politiche economiche. Lo Stato, aiutato dal MES, sarà controllato. È possibile utilizzare altre basi giuridiche per evitare i legacci della condizionalità o l’imprevedibilità della sorveglianza? Alcuni guardano all’art. 122 co. 2 del TFUE ove si afferma “qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato […] da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato membro interessato”. L’articolo in esame, già utilizzato come base giuridica per il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF) padre del MES prevede anch’esso l’erogazione di un aiuto sotto condizionalità macroeconomica. Dunque, utilizzando l’art. 122 co.2 del TFUE, nulla cambierebbe rispetto al tema della condizionalità. Dobbiamo accettare il fatto che gli aiuti economici ci possono arrivare solo se sottoposti a condizionalità e se il paese viene sottoposto a sorveglianza da parte della Commissione o della BCE.
In definitiva, è bene sgombrare il campo da ogni dubbio o ingegneria verbale per chiarire che non può esistere un MES light o senza condizioni. Nell’attuale quadro giuridico questo tipo di intervento dovrebbe essere qualificato come illegittimo perché privo di idonea base giudica in quanto il Meccanismo è autorizzato ad intervenire con applicazione di condizionalità macroeconomica e sorveglianza della Commissione e della Banca Centrale Europea. Una sorveglianza che, oltre a non essere un’alternativa alla condizionalità, non ne è certamente la soluzione. La sorveglianza economica, infatti, può portare a delle conseguenze per l’economia di un paese che al momento dell’accettazione dell’aiuto sono imprevedibili. La possibilità di utilizzare la liquidità del MES può rappresentare un’opportunità per i paesi ma i Governi devono negoziare dei quadri giuridico/economico entro i quali le “misure correttive precauzionali” o i progetti di “programma di aggiustamento macroeconomico” saranno preventivamente discussi, anche dai Parlamenti nazionali, e non si concretizzino in politiche macroeconomiche inaspettate ed imprevedibili che i Parlamenti nazionali saranno costretti ad accettare. Il Governo deve impegnare la propria azione politica in Europa ad evitare che la sorveglianza economica possa condurre a qualcosa di ancora più grave della condizionalità stessa.
Il Governo deve negoziare un quadro giuridico entro cui eventuali azioni di aggiustamento macroeconomico dovranno essere implementate. Ogni altra posizione rispetto gli aiuti del MES significherebbe solo lasciare tutto il potere negoziale, e la vita dei cittadini, nelle mani di organismi tecnici privi di controllo democratico. Il Governo deve impegnarsi affinché con l’approvazione di questo quadro giuridico/economico di riferimento per le misure di aggiustamento macroeconomico, le eventuali richieste della Commissione e della Banca Centrale Europea possano essere controllare sia politicamente dai Parlamenti, europeo e nazionali, sia giuridicamente dalla Corte di Giustizia.