QUELLA NOTTE MAGICA
“Dammi la mano e torna vicino
Può nascere un fiore nel nostro giardino
Che neanche l’inverno potrà mai gelare
Può nascere un fiore da questo mio amore…”
Parole d’amore nella notte dei sogni che credevi irrealizzabili. Versi, sorrisi e lacrime che si mescolarono dentro fino a scuotere il profondo dell’anima. Passa un mese, un altro ancora e ti rimane nel ricordo un’emozione che non si spegne, la notte più bella, quella tra il 25 e il 26 settembre, una vita fa che riaccese la vita che va.
Dalle 23 nella sala del Parco dei Principi prima gli exit poi le proiezioni andavano delineando il risultato. Sempre più concreto, sempre più schiacciante. Lieve era il sottofondo musicale, parole e note de “Il cielo è sempre più blu” mentre la notte si tingeva tricolore. Alle due e mezzo arriva lei. Sale sul palco. “Siamo pronti.” E la sala esplode negli applausi. I giovani, sopratutto le ragazze, sono alle stelle mentre intonano come un inno di battaglia “A mano a mano” di Rino Gaetano.
Ci si saluta, ci si incontra ci si abbraccia. Sabrina Fantauzzi si avvicina: “Papà sarebbe stato contento, papà stasera e qui”. E sento anch’io che Gino stanotte è qui, e sono qui tutti quelli che nella vita ho incontrato, da Carlo Falvella martire a diciott’anni a Mimì Napolitano mio grande amico di Crotone, a Bruno Murzilli che per anni aveva aiutato ad affrontare i problemi di quartiere. E tanti, tanti ancora senti palpitare all’unisono col tuo cuore. La gioia non ha pudore e sgorga nelle lacrime che gli occhiali non riescono a celare. Mentre al centro della sala non si ferma il coro delle ragazze: “A mano a mano ti accorgi che il vento / Ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso”. È l’estetica della politica a destra nel 2022. Passione, gioia e sentimento.
Appartiene solo al ricordo indelebile, stanotte, quell’Inno a Roma che cantavamo da ragazzi alle manifestazioni. O sprofonda nella rimozione della nostalgia senza domani il disco preferito di quel candidato mai eletto :“Tiempe belle ‘e ‘na vota, tiempe belle addo state…”
Oggi non Murolo, c’è Rino Gaetano nella colonna sonora di questa destra che è già domani. Ma la colonna sonora negli anni dei sogni quando sembravano impossibili resta nel cuore di ognuno. Da Leo Valeriano a Lucio Battisti, agli Amici del Vento, alla Compagnia dell’Anello . Da “Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest”, al mito nordico della Terra di Thule: “In una pianura dal sole baciata la gente del Nord è tutta schierata/ Biondi guerrieri con elmi d’argento, il Cerchio e la Croce garriscono al vento”.
Quando la politica è vissuta anche come poetica, avverti lontani eppure vicini quegli anni Sessanta e Settanta quando avevamo una canzone da gettare al vento, una bandiera da innalzare al sole. Assieme al sogno della rivoluzione, rosso o nera che importa? A vent’anni la rivoluzione ha i colori dell’arcobaleno. Furono il Vietnam o i berretti verdi le parole simbolo di una stagione vissuta come avventura. Una stagione talvolta sepolta dai ricordi rimossi o dai sogni infranti dai compromessi. Noi che volevamo tutto e subito, sulla pelle imparammo quanto sia duro ottenere poco; e a che prezzo. Vedemmo in Evola o in Marcuse l’immaginario Eden. Cantammo la rivolta contro il mondo moderno e la società dei consumi. Fu la grande avventura dei nostri vent’anni, null’altro o poco altro. Poi il confronto con la realtà, i bisogni, il lavoro, le abitudini. La scoperta obbligata dei valori del vivere giorno per giorno in una società che non è un sogno. Il conflitto tra l’essere e il voler essere risolto spesso nelle contraddizioni o nell’adattamento. Vivemmo un giorno da leoni ma dovemmo poi piegarci ai cent’anni da pecora. Immaginammo invano di avere la sera qualcosa da raccontare come faceva il nonno quando narrava della sua guerra. Valle Giulia come El Alamein.
Ma al Parco dei Principi quegli anni appaiono lontani. Forse ci sentiamo vecchi ma con un’avventura da raccontare che solo stanotte sta diventando davvero storia. C’eravamo un tempo trovati con gli occhi rivolti al passato, sia stato esso Salò o la Resistenza. E fu anche per questo retaggio che imparammo ad odiarci a vent’anni. Ma questa notte della vittoria no, nasce sotto un cielo di pace. Ed è diversa anche dalla notte della destra del 28 aprile 2009 quando Alemanno salì al Campidoglio. Fu festa, fatta anche di braccia tese e di canti del passato.
Nella notte al Parco dei Principi invece c’è solo l’Italia del domani. Mentre spunta l’alba e la musica non svanisce. Canta le difficoltà e le storture della vita, le banalità quotidiane: “Chi sogna i milioni, chi gioca d’azzardo, chi fa il contadino, chi spazza i cortili/ Chi suda, chi lotta, chi mangia una volta/ Chi gli manca casa, chi vive da solo, chi prende assai poco, chi gioca col fuoco..” La vita non è tutta rosa, però “Il cielo è sempre più blu./ Il cielo è sempre più blu”.
A quasi tre mesi da quella notte magica, ci sono per l’Italia problemi di una situazione non solo economica grave. Ma il cielo è ancora più blu. E mi torna alla memoria Tenco “ Vedrai, vedrai, vedrai che cambierà/ non so dirti come e quando, ma vedrai che cambierà”. Ecco, il cambiamento è cominciato.