Scenari. In Sicilia è caccia al "voto utile". Musumeci argine contro il "raggismo"?
La caccia al voto utile è partita. Sia esso da praticare in via disgiunta o col naso turato, è divenuto l’appello più frequente nella campagna elettorale siciliana. Un mantra cui nessun candidato presidenziale è in grado di sottrarsi, soprattutto al rush finale. A poco meno di una settimana dall’apertura delle urne, la partita per le Regionali pone degli sguardi inevitabili al giorno dopo. Dal 6 novembre in poi è chiaro che si aprirà un’altra partita che si concluderà in primavera con le Politiche e quindi con la prima prova sul campo del Rosatellum. Fattore emozionale o no, la coalizione che vincerà nell’Isola ripartirà con un vantaggio innegabile nella corsa per Palazzo Chigi e per quanto i sondaggi siano ormai secretati l’andamento del corpo elettorale pare orientato verso il testa a testa tra il candidato del centrodestra Nello Musumeci e il pentastellato Giancarlo Cancelleri. Salvo sorprese da cortocircuito della maggioranza silenziosa, ovviamente.
Gli interpreti del derby progressista tra Fabrizio Micari, sostenuto da Pd e Ap, e il Claudio Fava dei Cento passi, giocano invece un’altra partita assai più simile ad una conventio ad escludendum a sinistra. Il perimetro della maggioranza uscente paga caro più fattori concentrici: l’eredità poco lusinghiera dell’esperienza Crocetta e il disimpegno di Matteo Renzi che ha preferito non allineare il proprio volto a quello del risultato siciliano. In ultimo, il divorzio tra il presidente del Senato Pietro Grasso e il Nazareno sviluppa delle conseguenze anche nell’Isola, gettando scompiglio in parte di quell’elettorato democratico che aveva sperato nella candidatura del ex procuratore nazionale antimafia a Presidente della Regione. Come sappiamo, il magistrato che ha lavorato al fianco di Falcone e Borsellino ha scelto – e per ben due volte quindi – Palazzo Madama e non le pastoie siciliane. Lo strappo romano intanto ringalluzzisce l’ala a sinistra del Pd: Bersani e soci, ovviamente, che vedrebbero in Grasso un papabile leader. In questa partita, Claudio Fava è chiamato a fare il miglior risultato possibile e superare anche di un sol voto l’alleanza tra gli alfaniani di Sicilia e i renziani, dando consistenza ad un arcipelago che ancora non si è misurato col voto.
L’appello all’elettorato di Fava lanciato in ultimo da Cancelleri rischia quindi di finire in un binario morto. Dall’altra, anche i delusi del centrosinistra rischiano grosso nel destinare voti al Cinquestelle in funzione anti-destre. Dar credito al populismo grillino potrebbe significare in altri termini tirare la volata a Luigi Di Maio, uno scenario che metterebbe in ulteriore affanno la compagine renziana fino a mandarla gambe all’aria. Al netto di ogni possibile scenario, può razionalmente pensare di raccogliere nel campo del centrosinistra invece Nello Musumeci, intercettando sia il voto di opinione meno ideologizzato di chi intende dar credito ad una proposta di governo già sperimentata per scongiurare le suggestioni da “raggismo” del giorno dopo; sia quello strutturato dell’ala più moderata della coalizione guidata da Fabrizio Micari.
*Fernando Adonia, collaboratore Charta minuta