Se proprio a Charlie negano il più importante dei diritti
Ieri la Corte Europea per i Diritti dell’uomo (ma di quale uomo?) ha respinto l’appello dei genitori di Charlie, il bimbo malato terminale in cura a Londra. I medici dell’ospedale vogliono staccare la spina mentre i genitori si battono per portarlo negli Stati Uniti e tentare un ultimo trattamento sperimentale. Avevano trovato il denaro sufficiente, coinvolgendo vicini e lontani.
Perché davanti a un bambino da salvare, l’uomo è disposto a qualsiasi costo. E (ri)trova la solidarietà di vicini e lontani, la commozione di tanti che si stringono intorno alla sofferenza più oscura e terribile, quella di un bimbo indifeso e morente. Davanti alla quale, il genere umano dovrebbe ritrovare l’unità dispersa, al di là delle divisioni ideologiche, al di là di ogni discordia.
Invece no, la Corte respinge. Per una volta, decide di rispettare le decisioni delle autorità nazionali. E i giudici inglesi hanno rispettato la legge. E la legge ha rispettato tutti i crismi dello Stato costituzionale più antico del mondo. Solo la vita non viene rispettata, eppure quella vita è più di una cattedra accademica, più di un tribunale, più dello Stato. Muta, ci ammonisce sul bene e sul male. Sulla storia e su dove sta andando.
Dopo aver rinnegato la sacralità della vita, qui si finisce per rinnegare anche la sua origine umana, l’atto generativo e le sue conseguenze più profonde. Dopo l’ultima sentenza, questa donna e quest’uomo dovranno rassegnarsi alla morte del figlio. Medici e giudici contro due genitori aggrappati alla speranza. La norma fredda e disumana contro chi ha generato una vita e vuole difenderla fino alla fine. Fiat iustitia, pereat mundus. È questo il progresso che cercano? È questo il diritto?
*Mario Ciampi, segretario generale Fondazione Farefuturo