Si fa presto a dire “è gratis”
Si parla sempre più spesso di vulnerabilità cibernetica e altrettanto spesso ci si interroga su quali siano le azioni più pericolose che non dobbiamo compiere. La nostra vulnerabilità nasce principalmente da comportamenti apparentemente innocui che nello stesso tempo sono connotati di vantaggio e utilità. Sono queste le azioni più esposte ai malintenzionati poiché il nostro livello di guardia in quel momento è basso, anzi ci sentiamo al sicuro anche se di fatto non lo siamo. La vulnerabilità trova terreno fertile in tutte quelle azioni che il web ci concede di svolgere gratuitamente. Verrebbe da pensare subito ai social network nei quali tutti gli utenti riversano dati personali che spaziano dalla salute, ai gusti, alle emozioni, ai sentimenti, al sesso, alla fede, alle abitudini che nel loro insieme fanno da salvadanaio alle piattaforme di messaggistica e di network. Di fatto sono informazioni che dopo vengono vendute per fare un business mirato.
Per analizzare bene il problema, dobbiamo a questo punto fare un piccolo passo indietro e considerare il fenomeno della gratuità nella sua interezza e complessità. Proprio qui si nasconde un mondo ancora più vasto nel quale le minacce sono serie e di grande rilevanza. Se ci pensiamo bene, sono molteplici i servizi oggi offerti gratuitamente dalla rete e nello stesso tempo non sappiamo fino in fondo chi ci sia dietro a queste strutture. Se con Facebook, Instagram, Linkedin, Twitter, Telegram, Whatsapp l’invio dei dati è finalizzato all’ottenimento di un servizio social in cambio, dall’altro, l’invio di dati per ottenere il servizio di decriptazione o semplicemente per la creazione di un file di natura contabile, contrattuale, fiscale, amministrativo è ancora più pericoloso, infatti con l’ottenimento di questi servizi gratuiti si concedono informazioni concernenti la redditività, la produzione, la movimentazione bancaria, il prelievo fiscale, la clientela, la solvibilità, i fabbisogni e così via, tutti dati ed informazioni che di fatto mancavano – o quantomeno non rilevabili in modo così massiccio – dal panorama dei social network. Questo è il mondo della conversione dei dati da un file ad un altro e soventemente ci si abbandona alla rete cercando software gratuiti che convertano un XML in PDF o un PDF in file WORD.
Questi sono solo alcuni banalissimi esempi. L’elenco è lungo ed articolato che va dal JPG al GIF e così via. Nonostante molti siti istituzionali all’interno della loro area riservata mettano a disposizione questi software di conversione, gli utenti si affidano a siti dei quali non si conosce nulla o quasi nulla per convertire i file senza pensare minimamente che riversiamo dati molto importanti in mani ovvero in server a noi sconosciuti. Poiché fidarsi è bene e non fidarsi è meglio, sarebbe opportuno evitare una migrazione inconsapevole di dati economici e finanziari verso chissà quale archivio e in quale luogo del pianeta. Comunicare con intelligenza significa governare l’informazione da dare e da ricevere, quindi, facciamo molta attenzione quando scarichiamo un estratto conto dal sito della banca, una fattura elettronica dal sito dell’Agenzia delle Entrate o dal software di posta elettronica, utilizziamo i software esistenti nell’area riservata di queste piattaforme ed evitiamo di affidarci a conversioni messe a disposizione da siti non istituzionali. La minaccia è sempre dietro l’angolo, la truffa è sempre in agguato, quantomeno facciamo attenzione a non fornire noi stessi a chicchessia i nostri dati riservati.
*Stefano Lecca, consulente in comunicazione social e webmarketing