Rapporto sull’Islam presentato al Parlamento Europeo
È stato presentato mercoledi 4 dicembre nella sede di Bruxelles del Parlamento europeo, il primo Rapporto Annuale della Fondazione Farefuturo sull’Islamizzazione d’Europa nelle nuove edizioni in lingua araba e inglese, con in aggiunta rispetto alla versione italiana, dei contributi di Nicola Procaccini (eurodeputato), Lara Mastrobattista (ricercatrice) e Bianca Speidl (Migration Research Institute, Budapest).
Sono intervenuti al meeting il presidente della Fondazione, Adolfo Urso, il segretario generale Mario Ciampi, Nicola Procaccini, Souad Sbai, Carlo Fidanza.
“ 11 settembre – ha scritto Adolfo Urso nella introduzione – è una data che ricorre nello scontro tra civiltà. Ieri, come oggi. Nella storia e nella cronaca. La data più recente è da tutti ricordata, ha segnato la nostra generazione, cambiato costumi e paradigmi, le regole della sicurezza e la nostra vita quotidiana. Quella più lontana non lo ricorda più nessuno, eppure gli eventi che si verificarono, alle porte di Vienna, salvarono la civiltà cristiana ed europea dalla dominazione islamica, quando ormai in pochi ancora vi speravano e in molti anche allora si erano rassegnati. 11 settembre 2001, a New York, nella capitale dell’Occidente di oggi, il drammatico attentato alle Torri Gemelle segnò la fine del sogno globalista, evidenziando come il nuovo “nemico” fosse il fondamentalismo islamico a lungo tollerato e qualche volta persino utilizzato. È allora che si conclude la breve speranza di un mondo pacifico e di una crescita illimitata, descritti nella “fine della storia” di Francis Fukuyama, mai tanta profezia così presto smentita”
“Non ci sarebbero pertanto speranze di vedere un “Islam europeizzato”: il futuro è al contrario quello di un’Europa islamizzata”, ha precisato Mario Ciampi. ”Certo, Lewis ammette che possano esserci molti musulmani europei che preferiscono un approccio occidentale, ma corrono il rischio di essere additati come traditori. Negli ultimi tempi, questa tendenza è diventata ancora più marcata, sotto la spinta della propaganda jihadista. Paradossalmente, è più probabile che l’Islam una certa moderazione la dimostri in paesi di tradizione islamica come il Marocco piuttosto che in Europa, dove non mancano concessioni legislative e immunità nel dibattito pubblico, in nome del multiculturalismo e del politicamente corretto. Il combinato disposto della crisi dell’identità europea, da una parte, e del veemente proselitismo integralista, dall’altra, ha portato insomma al tramonto dell’utopia di un Islam europeo ed europeizzato, che la secolarizzazione avrebbe gestito e neutralizzato nei suoi aspetti più problematici”.
Souad Sbai, ha aggiunto che “I percorsi che conducono alla radicalizzazione jihadista in Italia come nel resto d’Europa sono molteplici. Le porte d’ingresso possono essere parenti, amici o conoscenti occasionali; predicatori estremisti, veterani di vari conflitti e militanti che frequentano moschee o centri culturali e di aggregazione sociale; Internet e le comunicazioni online. Non ultimo, uno dei luoghi privilegiati per l’indottrinamento e il reclutamento è il carcere. Le criticità ambientali rendono infatti quello carcerario un ambiente particolarmente favorevole alla trasmissione dell’ideologia e della forma mentis jihadiste, mettendo a dura prova l’efficacia delle procedure di sicurezza negli istituti penitenziari. Come supporto informativo e di analisi rivolto alle istituzioni, al mondo della politica e agli addetti ai lavori, questo report prende in esame le varie fasi del processo di radicalizzazione, le dinamiche della radicalizzazione in carcere e le criticità del caso italiano, che attengono sia alle politiche di sicurezza penitenziaria che a quelle di de-radicalizzazione”.
Uno studio al servizio delle libertà civili è l’argomento trattato dall’onorevole Procaccini. “Accanto a una presa d’atto della diffusione crescente dell’Islam in Europa e della sua deriva radicalista, che si àncora fortemente a ragioni di carattere storico, demografico e finanche statistico, esiste l’evidente considerazione che, invece, lo stesso fenomeno è totalmente sottovalutato in maniera scientifica, in quanto funzionale a più grandi e devastanti obiettivi”.
“La dimensione del fenomeno che il rapporto disegna ha ben precisi connotati, individuati e codificati ancor prima che la tragedia dell’11 settembre rendesse eclatante lo scontro di civiltà in atto. Sono elementi che descrivono una profonda e continua islamizzazione dell’Europa come conseguenza di una massiccia immigrazione da Paesi in cui l’Islam è molto più di una religione, è un sistema di governo e il Corano è legge”.
“Non è in discussione la libertà di culto, il piano di carattere religioso che è soltanto un aspetto del fenomeno islamizzazione, ma il complessivo sistema di valori a cui l’Europa parrebbe essere costretta a rinunciare. In tal senso, la mancata separazione tra l’ambito teologico e la dimensione politica è centrale. Questo rapporto simbiotico dell’Islam politico con i suoi fondamenti religiosi determina altri elementi di contrasto di civiltà, come la cieca derivazione di ogni azione sociale dai dettami del Corano, con la necessità di una continua affermazione della superiorità della comunità islamica, fino alla diversa concezione dell’economia, del lavoro, del ruolo della donna e della famiglia”.
La dottoressa Lara Mastrobattista nel suo contributo Islam in Europa ha evidenziato che “quando si parla di islamizzazione d’Europa non ci si riferisce solo al numero di musulmani presenti sul territorio ma anche alle continue aperture di grandiose moschee finanziate dall’estero e finalizzate alla radicalizzazione dei musulmani, alle crescenti rivendicazioni di tipo religioso (ad esempio per la messa a disposizione di locali per le preghiere nelle scuole e nelle fabbriche o per l’introduzione del cibo halal nelle scuole, nelle fabbriche, nei ristoranti, nei supermercati, a bordo degli aerei) o anche all’aumento dei simboli e dei riti islamici nello spazio pubblico utilizzati per marcare il territorio e fare proselitismo (ad esempio le donne velate, il burkini, le preghiere in strada). È inutile illudersi che si possa integrare serenamente un’ampia comunità musulmana fedele a un monoteismo teocratico che non accetta di distinguere il potere politico da quello religioso, con la società occidentale democratica. Perché l’Islam negli ultimi venti – trent’anni si è risvegliato in forma acuta pronto a farsi esplodere e assistito da nuove tecnologie sempre più pericolose. Un Islam incapace di evolversi, un monoteismo teocratico fermo al nostro Medioevo incompatibile con il monoteismo occidentale. Le società libere, come l’Occidente, sono fondate sulla democrazia, cioè sulla sovranità popolare”.
Infine l’intervento della dottoressa Bianka Speidl, con l’intervento dal titolo Sfida per l’anima dei musulmani d’Europa traccia un quadro circa la giurisprudenza delle minoranze musulmane – chiamata fiqh alaqalliyyyat. Questa è una dottrina giuridica che afferma che le minoranze musulmane, specialmente quelle che risiedono in Occidente, hanno bisogno di una serie di norme speciali per rispondere alle loro esigenze religiose uniche. L’obiettivo è quello di assicurare la loro adesione alla fede islamica senza compromettere il loro progresso sociale e materiale come individui e come comunità. Esponenti di fiqh minoritari aspirano ad imporre fatwas che restano entro i limiti delle leggi dei vari stati europei, sono cautamente favorevoli a promuovere l’ordine pubblico e il rispetto delle leggi che non si oppongono alla shari’a. Tuttavia, motivi comuni in tutti i volumi di fiqh al-aqalliyyyyat sono la chiamata all'”immunizzazione spirituale” nei confronti dell’immoralità occidentale, la stretta aderenza alla pratica religiosa e l’incoraggiamento alla creazione di un ambiente islamico – fondando istituzioni e organizzando attività sociali religiose – in mezzo alla società non islamica. Nel presente documento l’attenzione è focalizzata su un altro aspetto della vita minoritaria, quello di innescare l’autosegregazione e la promozione attiva della morale islamica nelle società ospitanti”.