The New Frontline. Disegnare il futuro.
In questi giorni si svolge a Roma un importante Forum dal titolo “The New Frontline. The Emea Ragion Facing the Crises of Russia’s War in Ukrane”. La conferenza si terrà dal 12 al 14 ottobre, su iniziativa dell’ International Republican Institute, di Farefuturo e del Comitato Atlantico. Abbiamo chiesto di presentarci questa iniziativa a Thibault Muzergues dell’IRI e all’ambasciatore Gabriele Checchia, direttore scientifico di Farefuturo per gli Affari internazionali.
Da quanti anni l’International Republican Institute (IRI) e la fondazione Farefuturo collaborano?
Muzergues. Abbiamo cominciato la nostra relazione di lavoro nella primavera del 2021, quando l’IRI ha iniziato il suo lavoro a Roma. Il senatore Urso è stato il primo direttore di think-tank che ho potuto incontrare quando sono arrivato, e da questo momento abbiamo moltiplicato le iniziative: Farefuturo è stato partner di IRI nel settembre 2021 quando abbiamo fatto venire a Roma una delegazione di 15 giovani deputati da tutta Europa (con la Fondazione de Gasperi e la Fondazione Luigi Einaudi), e lo è anche in questo momento in cui abbiamo iniziato la collaborazione con il Comitato Atlantico italiano, con cui lavorava già Farefuturo. In seguito, abbiamo insieme accelerato il nostro rapporto trilaterale, con un grande convegno internazionale sull’influenza cinese in Europa nel novembre 2021, il Vertice Med-Atlantico nel marzo 2021 che ha riunito tutti gli attori del versante nord del Mediterraneo per discutere delle sfide della regione nel contesto della guerra in Ucraina, e poi in Aprile con un grande dibattito sullo stato della democrazia e delle libertà nel mondo. Dove Giorgia Meloni ed Enrico Letta hanno dibattuto questioni più specificamente italiane dopo un presentazione dello studio IRI-Fondapol sulla percezione della democrazia e delle libertà nell’opinione pubblica in almeno 55 paesi (Freedoms at Risk/Libertà a rischio). In altre parole, la nostra collaborazione si è rafforzata particolarmente nell’ultimo anno e mezzo.
State organizzando di nuovo una conferenza insieme il 12-13 ottobre dal titolo “The Next Frontline”. Quale sarà il tema principale delle vostre discussioni?
Muzergues. Si torna al format di una grande tavola rotonda internazionale per riunire i protagonisti della vita politica su un tema urgente: qui le conseguenze della guerra in Ucraina, che si fanno sentire non solo in Europa con la crisi energetica, ma anche nel sud del Mediterraneo. Con una crisi alimentare che si aggiunge ad altri problemi strutturali e che potrebbe eventualmente creare le condizioni per una nuova crisi migratoria massiva in tutta la zona Africa – Medio Oriente – Europa. Queste tre crisi sono collegate dalla guerra condotta dai russi in Ucraina, ma non sono vissute allo stesso modo ovunque: l’Europa è ovviamente molto preoccupata dall’aspetto energetico, ma anche dall’aspetto geopolitico della guerra. Poiché qui è il l’intera architettura del continente che è in gioco oggi – e per il domani, la persistenza della pace in Europa. Ma nell’Africa subsahariana siamo lontani da queste preoccupazioni, in alcuni paesi la questione della sicurezza alimentare è l’unica ad essere pesante. Altre potenze (principalmente russi e cinesi) lo sanno, e stanno lavorano da tempo per disinformare governi e popolazioni per minare le basi di un buon rapporto tra l’Occidente e il Sud del mondo.
Tuttavia, c’è molto da fare: gli europei hanno urgente bisogno di energia e materie prime e l’Africa e il Medio Oriente possono in parte colmare questo vuoto. Sul versante meridionale del Mediterraneo, il fabbisogno di cereali – in alcuni paesi come il Libano o la Tunisia, è una cosa fondamentale per evitare una nuova ondata migratoria – può essere soddisfatto sia facendo passare parte del raccolto ucraino nel Mediterraneo attraverso il mare nero, sia aumentando nei prossimi anni la produzione in Europa, ma anche in Nord America. Le due sponde del Mediterraneo potrebbero andare d’accordo, ma lo fanno poco perché il dialogo si è arenato dopo la crisi del 2008. In un momento in cui il mondo sembrava essersi capovolto e l’Occidente sembrava rappresentare più il passato che il futuro. In un mondo conteso, e in questo il momento in cui il Mediterraneo è diventato un confine più che un asse di comunicazione. Per tali motivi, questi forum di discussione tra politici, esperti e leader della società civile hanno un ruolo importantissimo. Non solo per gestire le molteplici crisi che dobbiamo affrontare ed aiutare l’Ucraina a vincere, ma anche per contrastare i tentativi delle potenze autoritarie di trasformare a proprio vantaggio una crisi di cui sono responsabili, allargando il divario tra l’Occidente e il Sud del mondo.
Ambasciatore, a lei chiedo: ci può indicare un pò più in dettaglio quali saranno, in termini politici, i temi principali dei dei 3 giorni del Forum e che rilevanza esso potrà rivestire sotto il profilo dell’approfondimento dei rapporti transatlantici?
Checchia. Al di la dello scambio di riflessioni cui questa ulteriore manifestazione di fecondo partenariato tra l’IRI , Farefuturo e il Comitato Atlantico italiano consentirà di procedere su temi sulle ricadute dell’aggressione russa all’Ucraina sui temi evocati dal Direttore e amico Thibault Muzergues, ritengo che in termini politici uno degli aspetti qualificanti del Forum sarà rappresentato dalla condivisione di punti di vista sull’impatto che la narrativa anti-occidentale sviluppata ai più diversi livelli , e nei più diversi teatri, da potenze autocratiche come la Russia di Putin e la Repubblica Popolare Cinese sta producendo in aree del mondo sino ad alcuni anni orsono non ostaggio dei regimi autoritari. Penso, ad esempio, vaste zone dell’Africa sub-sahariana e del Corno d’Africa così come a paesi importanti dello scacchiere indo-pacifico e di quello del Golfo. E’ tema direi sempre più pressante e crescente rilievo anche sul terreno del coordinamento transatlantico, poiché la sfida lanciata dalle potenze autocratiche anche attraverso una narrativa capillare e fortemente orientata in senso ostile alle nostre democrazie è una sfida all’Occidente nel suo complesso e ai valori che ci uniscono ai nostri alleati d’oltre- atlantico, a cominciare dagli Stati Uniti.
E’ chiaro, ad esempio, che è in atto un chiaro tentativo della Russia di Putin e dei Paesi ad essa vicini di destabilizzare , attraverso la brutale aggressione all’Ucraina e le conseguenze dalla stessa indotte, non solo la coesione europea ma anche quella di vari Stati africani sino a epoca recente a noi non ostili. Ho in mente, sotto tale profilo, i ripetuti colpi di Stato in chiave anti-occidentale che caratterizzano da alcuni mesi a questa parte le dinamiche interne di paesi quali il Mali e il Bourkina Faso , sovente con il manifesto coinvolgimento di gruppi di mercenari pilotati da Mosca .
Che la narrativa ostile alle democrazie liberali stia facendo progressi e proseliti in varie parti del mondo ( ma questo non può che rafforzare la nostra volontà di resistere anche con una altrettanto efficace contro-narrativa ) è testimoniato proprio in questi giorni tra l’altro dalla bocciatura alle Nazioni Unite della mozione occidentale che chiedeva di mettere in calendario una discussione sulle sostanziate accuse di gravi violazioni dei diritti umani e civili perpetrate dalle autorità di Pechino nella regione del Xinjiang dove vive , come noto, una consistente minoranza uigura di religione mussulmana. E’ un grave colpo per l’Occidente che dve indurci ancora di più a tenere alta la guardia in difesa dei nostri valori nella consapevolezza, come dicevano gli antichi greci , che il “verbo è un signore possente”.
Da qui la scelta compita dai promotori del convegno (appunto IRI, Farefuturo e Comitato Atlantico di coinvolgere nella discussione sul tema della costruzione di una narrativa antitetica a quella autocratica non solo politici e studiosi di vaglia europei, canadesi e statunitensi ma anche figure di spicco di paesi dell’area centro e nord- africana ( quali la Tunisia) che ancora apprezzabilmente resistono a tali tentativi di destabilizzazione . E che sono dunque in grado , anche per tale motivo, di arrecare un effettivo valore aggiunto alla costruzione di una efficace risposta del cosiddetto “Occidente collettivo” – politicamente più ampio come sappiamo di quello racchiuso nel perimetro transatlantico- a tali maligne influenze .
Ancora una domanda : al di là della costruzione di una narrativa in grado di contrastare quella delle potenze autocratiche he cosa può fare la comunità euro-atlantica per prevalere nella sfida che quelle ultime hanno lanciato nei suoi confronti e che contributo può apportare a tali riflessioni un Forum come quello che sta per aprirsi ?
Checchia. La prima osservazione che mi sento di formulare è che i prossimi tre giorni di discussione ad ampio spettro sui temi al centro di questa intervista costituiscono in realtà un ulteriore tassello di un percorso di collaborazione tra Farefuturo, l’International Republican Institute e il Comitato Atlantico che sin dall’inizio ha posto il tema della difesa e promozione della democrazia ,nelle aree a noi più vicine e non solo , al centro della propria attenzione. Direi che le tre Think -Tank che ho appena citato sono in Italia le sole ad aver fatto dell’interesse per tali temi , in un momento geo-politico così complesso e per molti versi drammatico, il proprio tratto qualificante. L’evento che sta per aprirsi si colloca non a caso in una linea di sostanziale continuità tematica con il “Med-Atlantic Forum ” svoltosi sempre a Roma, nello stesso formato , lo scorso novembre su temi quali quello della individuazione di un percorso di stabilizzazione e crescita condivisa nel cosiddetto Mediterraneo allargato che vede al centro proprio il nostro Paese. Ciò che non sfugge naturalmente ai nostri amici dell’IRI che hanno ab initio colto le potenzialità di un’Italia saldamente inserite nella cornice europea e atlantica per evitare che il nostro Mediterraneo si trasformi , in prospettiva , in un lago russo o cinese. Il prossimo Forum costituirà un’occasione preziosa per ascoltare anche le voci espressione di Paesi di area medio-orientale e nord- africana noi culturalmente e politicamente vicino , nel segno di una riflessione congiunta e di un serio dialogo tra europei , americani e figure medio-orientali di chiara ispirazione democratica per fronteggiare una comune minaccia
Sul piano più strettamente geo-politico , e vengo alla mia seconda riflessione, direi che il Forum è anche in linea con il nuovo concetto Strategico dell’Alleanza Atlantica , scaturito dal Vertice di Madrid dello scorso giugno. Documento di policy per l’Alleanza nel XXmo secolo che individua in una NATO con un approccio globale ( cosa non diversa da un NATO globale..) uno dei passaggi imprescindibili per fare fronte al meglio ai tentativi di destabilizzazione delle nostre società democratiche, cosi come di buona parte di quelle dell’area Medio-Oriente e Nord – Africa .Tentativi portati avanti con tante determinazione ( l’aggressione russa all’Ucraina ne è prova lampante e le sue implicazioni per la stabilità dei nostri assetti verrano esaminate con ogni attenzione) da Mosca e Pechino : per non citare che alcune capitali del fronte anti-occidentale. Aggiungo, e concludo, che avere riservato tanto spazio nell’agenda dei lavori alle drammatiche ricadute della crisi ucraina per lo scacchiere europeo, mediterraneo e nord-africano è poi conferma della condivisa consapevolezza di Farefuturo, dell’IRI e del Comitato Atlantico del fatto che il Mediterraneo allargato non rappresenta solo uno scacchiere strategico in quanto tale , ma anche uno specchio d’acqua che collega due Oceani ( l’Atlantico e l’Indo-Pacifico) , mari ( il Mar Nero eia Mar Rosso) e zone interne quali l’Europa Meridionale, il Medio-Oriente , il Maghreb , il Sahel e il corno d’Africa).Tutte aree sulle quali da tempo si stanno concentrando , con i mezzi e la spregiudicatezza che conosciamo, le mire russe e cinesi. In quest’ultimo caso anche attraverso quella “ Via della Seta” il cui carattere di implicita minaccia per l’Occidente in senso lato Giorgia Meloni aveva a suoi tempo opportunamente denunciato in Senato, auspicando una netta presa di distanza Italian dagli accordi sulla Nuova via della Seta conclusi negli scorsi anni anche dal nostro Paese.