The Queen nel villaggio globale
Nessun analista politico sarà mai capace di determinare il valore aggiunto da Elisabetta II, Sovrana del Regno Unito e Capo della Chiesa Anglicana, solo per citare due dei suoi innumerevoli titoli, alla campagna per la Brexit, quando ad uno stupito giornalista che le domandava la sua posizione sull’argomento, gli domandò a sua volta, un po’ piccata, se era veramente necessario restare in Europa. A capo della più antica democrazia parlamentare del mondo, Elisabetta detiene un potere disegnato dalla consuetudine, non essendo sancito da una Costituzione scritta. Le sue prerogative sono essenzialmente tre diritti-doveri: essere informata, suggerire e mettere in guardia. Avendo superato tutti record di longevità al vertice dello stato, 68 anni di regno, passata indenne dalla seconda guerra mondiale, alla quale partecipò come ausiliaria, rappresentando a volte il padre Giorgio VI, quando ciò era possibile, ha attraversato la seconda metà del ventesimo secolo, e buona parte del ventunesimo, entrando ed uscendo dall’Europa, nella quale gli inglesi non avevano mai creduto fino in fondo e, destreggiandosi tra le piccole e grandi minacce alla civiltà occidentale, dalle tensioni sociali, alle emergenze ambientali fino ad arrivare al terrorismo di matrice religiosa. L’arrivo della grande pandemia, che ha sorpreso i popoli di tutto il pianeta in un momento di apparente relativa sicurezza, ha mostrato tutti i limiti della provvisorietà che caratterizza i vertici delle democrazie parlamentari di tipo repubblicano. Gli appelli, più o meno accorati e credibili, alla coesione nazionale degli inquilini dell’Eliseo, della Casa Bianca, ed anche del Quirinale, sono stati recepiti come un atto dovuto, un dovere d’ufficio, da parte di funzionari , sebbene i più alti funzionari che possa esprimere un’architettura costituzionale, preoccupati soprattutto di rimanere indenni dal contagio. Lei no. Her Majesty, che si è vista sfiorare da 15 primi ministri del Regno Unito, 7 Pontefici ed una dozzina di Presidenti statunitensi ha conservato, nell’avvicendarsi dei suoi interlocutori, ruolo e prerogative. Nei grandi cambiamenti che hanno caratterizzato il suo lungo regno è rimasta immutabile, autorevole, ferma e, nonostante l’avanzata età, non si è trasformata nella nonna d’Inghilterra, ruolo già felicemente ricoperto da sua madre, ma nel continuo divenire, è rimasta l’unico punto fermo al quale gli inglesi, e non solo, guardano con affettuosa e rispettosa considerazione nella vita ordinaria e nei momenti difficili. Pertanto, mentre il suo Primo Ministro, che al comparire dei primi contagi nel Regno Unito, dopo essersi attirato critiche con la sua infelice uscita sulla “immunità di gregge”, sperimentava sulla sua pelle la paura ed il disagio del contagio, the Queen, prudentemente, ha in un primo momento taciuto. Il suo messaggio alla nazione, il quarto del suo regno, ha rincuorato gli inglesi, anche i più vecchi, nella cui memoria è vivo il ricordo della battaglia d’Inghilterra, quando le micidiali V2 oscurarono il cielo di Londra. Dio salvi la Regina, forse unico leader globale, anche quando, passata quella che sembra debba lasciare il ricordo di una terza guerra mondiale, del “villaggio globale” sarà rimasto ben poco.