Un laboratorio "tricolore" per l’Europa identitaria: ecco l’asse italo-ungherese
«Salvini è il mio eroe!» Viktor Orban utilizza una parola tanto cara al popolo ungherese per benedire il ministro dell’Interno italiano. Quella magiara è infatti terra di eroi; dove le strade, le piazze e persino le pietre raccontano le storie di quei tanti che nei secoli hanno lottato e vinto per la difesa dell’indipendenza e la fede di una delle nazioni più orgogliose e fiere della Mitteleuropa. Se le parole hanno quindi un peso, l’incontro tra i due leader si conclude con un evidente segno più. Ovvia e chiara l’unità d’intenti sui temi dell’immigrazione e della difesa dei confini continentali. «Noi ungheresi abbiamo dimostrato che può essere fermata sia sul piano giuridico che fisico. Salvini è popolare in Ungheria perché sta dimostrando che l’immigrazione può essere fermata anche in mare, solo lui lo ha fatto».
Ma c’è di più, perché è sui temi economici che l’intesa tra i due è addirittura su tutta la linea. A partire dalla flat tax, cavallo di battaglia Matteo Salvini e del centrodestra che sulle sponde del Danubio è già realtà. Ed è appunto da lì che quello ungherese si presenta come un laboratorio tutto da esplorare, dove al contenimento della tassazione corrisponde anche un basso tasso di disoccupazione. Insomma, «la dimostrazione che un Paese può crescere investendo, spendendo e non tagliando e sacrificando», commenta il segretario del Carroccio. Fuori dall’Eurozona, dunque, l’Ungheria cresce economicamente mantenendo tuttavia i prezzi sotto controllo. Nazione in cui la ricetta liberale, corretta però in chiave identitaria, fa correre in tandem lo sviluppo con la tutela del bene comune.
Insomma, si piacciono i due. E mentre le manifestazioni di protesta dell’area antagonista sono sullo sfondo, Orban si concede persino una civetteria stilistica: la cravatta verde. Un segnale che trasforma un’intesa in una vera e propria sinergia transnazionale in vista della prossima scadenza Europea. «Stiamo lavorando per un’alleanza che escluda le sinistre – ha spiegato a sua volta Salvini – e riporti al centro le identità che i nostri governi rappresentano, ognuno con la sua storia. Possiamo unire energie diverse con un obiettivo comune».
Il premier magiaro ha dunque le idee chiare. E a fronte della geografia centrodestra/centrosinistra, non può non sentirsi culturalmente e strategicamente alternativo al socialismo europeo. «Gentiloni ha sempre parlato male del popolo ungherese, mentre la Lega ci ha sempre difesi. All’amico Berlusconi, invece, ho chiesto: appoggi il fatto che io incontri Salvini? Lui mi ha risposta “Certo”». Della simpatia con Giorgia Meloni, ne ha parlato lei stessa al Tempo e sulla scorta di approcci comuni ai medesimi temi continentali. Insomma, guarda all’Italia Orban e vede un altrettanto interessante laboratorio politico da studiare. E non è evidentemente quello del governo gialloverde, i cui nodi sono in parte già venuti al pettine a latere della crisi Diciotti sulla scorte delle incertezza pentastellate. Il laboratorio è semmai tricolore. Proprio come la bandiera ungherese.
*Ferdinando Adonia, collaboratore Charta minuta