UN PRESTITO NAZIONALE PER RIPARTIRE
Le informazioni- o meglio gli spifferi- che arrivano da Bruxelles sui lavori per la preparazione del Recovery Fund sono frammentarie ed incerte. Appare chiaro, tuttavia, che il percorso sarà lungo e tutto in salita. Quindi, nel contempo, dovremo fare da soli. Uno scatto d’orgoglio nazionale potrebbe fare da molla anche al contributo europeo, come avvenne nel 1947, quando l’allora denominato Prestito per la Ricostruzione venne varato ben prima del Piano Marshall, anzi sono gli storici dell’economia, diede la stura ad accelerare i tempi dello European Recovery Plan americano.
Si sono levate in queste ultime settimane voci in favore di un tale prestito, che potremmo chiamare Prestito Nazionale per la Ripresa, ad esempio quella dell’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti. Deve essere inteso come un auspicio alla creazione di uno spazio non solo di mercato in cui si riconoscano le nazioni e quindi i popoli europei i cui governi hanno firmato i Trattati che regolano il meccanismo di una politica economica europea che, come i Commissari Europei hanno più volte sottolineato, è sempre indipendente dalle volizioni elettorali. Un Prestito Nazionale per la Ripresa è – come ha commentato di recente Giulio Sapelli – per sua intima essenza fondata sulla unità di un popolo che si riconosce in una comunità di destino, antitetico, dunque, a quello del governo dall‘alto dei popoli.
E’ una proposta fattibile soprattutto a ragione della ricchezza delle famiglie italiane che, se motivate, potranno mobilitarsi per dare corpo all’iniziativa. E’ la ricchezza delle famiglie che, sino ad ora, ha fatto da argine all’altissimo debito pubblico e fatto sì che le agenzie di rating non degradassero eccessivamente i nostri titoli. Stando alle ultime rilevazioni della Banca d’Italia, le famiglie italiane dispongono di una ricchezza netta pari a circa 8,4 volte il reddito disponibile.
Come si vede dal grafico in basso, tratto dall’indagine della Banca d’Italia “La ricchezza delle famiglie italiane “, nessun altro Paese avanzato mostra un rapporto tra ricchezza e reddito più alto di quello dell’Italia.
Un Prestito Nazionale per la Ripresa può essere declinato in vari modi. Dovrebbe essere a lunga scadenza (30-40 anni – qualcuno ha resuscitato i vecchi titoli irredimibili, come quelli dell’Impero Britannico) ma dovrebbe salvaguardare il valore del capitale e, soprattutto, dare un tasso d’interesse appetibile. Ciò è particolarmente difficile in una fase, come l’attuale, di bassi tassi d’interesse destinata probabilmente a proseguire grazie alla politiche espansive della Banca centrale europea (Bce). Una proposta interessante è quella del Premio Nobel Robert Shiller: un tasso d’interesse collegato alla crescita del Pil. Ciò avrebbe anche un forte valore simbolico: i sottoscrittori si sentirebbero personalmente e direttamente coinvolti nella ripresa.
Il Prestito Nazionale per la Ripresa non sostituirebbe l’apporto dell’Unione europea, ma lo stimolerebbe ed accelererebbe. Come ho già scritto, l’Italia ha esigenza di enormi finanziamenti o a fondo perduto o di credito agevolato per finanziare ripresa e debito pubblico incrementale. Siamo un Paese forte e ben rappresentato soprattutto nel Consiglio e nell’Esecutivo della Bce. Non abbiamo truccato i conti per entrare nell’eurozona (come ha fatto la Grecia, per ammissione dei suoi stessi Governi). Non dobbiamo, quindi, aver paura del lupo cattivo (o per mutuare il titolo di un noto dramma degli anni sessanta del secolo scoro di Virginia Woolf ). Dobbiamo, quindi, accedere sia allo sportello sanitario del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) sia alle Outright Monetary Transactions (Omt) della Bce.