Una rondine, tante rondini per ricominciare
Scrivere sulla crisi è facile, non c’è italiano che non lo faccia su uno dei tanti social network. Tutti noi siamo tentati di farlo in ogni momento con chiunque. Siamo in un Paese che vede ovunque buio, che si sente nel mezzo di un tunnel, incapace di uscirne. Litigioso come mai. Siamo il ventre molle della crisi europea e nel contempo al centro del Mediterraneo: mare in tempesta, tra guerre e terrorismo, confine tra Islam e Cristianesimo, spaventati per l’ondata di migranti che non accenna a fermarsi e che nessuno sembra in grado di governare e, nel contempo, smarriti a fronte della crisi economica che attanaglia tutti, impoverisce molti, disgrega comunità e famiglie.
I partiti sono saltati, lo dicono in molti. I corpi sociali su cui si reggeva la società italiana, anche quando lo Stato non esisteva e non agiva, sono ormai privi di rappresentanza, delegittimati, spesso disgregati. Le Camere di Commercio sono state di fatto annichilite, la Confindustria ha perso ogni legittimità, i sindacati affondano nello squallore degli scandali, le forme organizzate di rappresentanza si sono ridotte a meri Caf esattori di monete dai più deboli. L’Europa è peggio di noi, screditata e senza leader, incapace di decidere anche sui meri regolamenti, figuriamoci sulle sfide epocali che ha di fronte.
Ogni italiano si sente solo e in lite con gli altri. Non sono saltate solo le classi, ma ogni gruppo sociale e ogni forma di rappresentanza. Resistono solo le forme di volontariato: lodevoli, straordinarie, che come fiumi carsici emergono e stupiscono in ogni momento di emergenza. A dimostrazione di quanto forte potrebbe essere la Nazione Italia se ci fosse una vera rappresentanza di ideali e di progetti, di speranza e di futuro che sapesse incanalare questa energia sotterranea in una visone condivisa e in una comunità politica. Se vi fosse una classe dirigente percepita e consapevole di essere tale, del suo ruolo e delle sue responsabilità.
Oggi non c’è. Oggi non si intravvede. Oltre il buio del tunnel, nulla ancora appare.
Il confronto sul referendum sembra una sfida titanica sul nulla. Perché la riforma è davvero il nulla e perché chi la combatte non offre altro che il nulla.
Lo scontro sul referendum è tra una Italia arrogante che ha occupato la scena senza affrontare e risolvere i veri problemi del Paese e un’Italia raffazzonata, che resiste, spesso troppo rancorosa, comunque priva di una alternativa.
Occorre offrire una prospettiva diversa, per non cadere dalla padella alla brace. Se si votasse oggi, con qualunque legge elettorale, sarebbe comunque difficile fermare il Movimento Cinque Stelle, come dimostra il fatto che, malgrado il disastro di Roma, gli elettori pentastellati continuano imperterriti a manifestare la loro fiducia a un movimento e a un gruppo dirigente che non ha un progetto di governo del cambiamento, ma che rappresenta solo una sommatoria di no e di veti, spesso senza alcun fondamento nella realtà, ma che fa leva solo sulla rabbia e appunto sulla disgregazione sociale, culturale e politica di un Paese annichilito e di una Nazione smarrita e impaurita. I Cinque Stelle non sono certo la soluzione, ma chi vuole fermarli ha il dovere di offrirla una soluzione, per non apparire solo il Vecchio che resiste al Nuovo.
In questo contesto, Farefuturo vuole offrire a chi avverte il bisogno di ricominciare una palestra per misurarsi e ritrovarsi. Charta Minuta è stata una rivista in cui per oltre quindici anni si è confrontata la destra che aspirava a governare il Paese, dando soluzioni ai problemi, identificando i SI su cui vale la pena di impegnarsi e non limitandosi ai NO su cui è facile ritrovarsi.
Charta Minuta intende riprendere questa strada, offrendo a chi vuole misurarsi e partecipare lo spazio per farlo, con una linea creativa e aperta che sappia coinvolgere senza distinzioni di età o di appartenenza, senza rancori e recriminazioni sul passato e sugli errori che ciascuno di noi ha fatto, quindi senza steccati e senza pregiudizi, perché questo non è il momento di dividersi ancora su ciò che è stato, ma di trovare un percorso comune da indicare agli altri evidenziando quello di cui vi è maggiore bisogno: una classe dirigente che sappia indicare un progetto che scuota il Paese, idee e valori che coinvolgano al fine di costruire e non meramente distruggere. Affinché non si sia costretti solo a votare contro, divisi dal passato e incattiviti dal presente, ma a votare, e se possibile anche a partecipare, per costruire un futuro. Con la forza delle idee ed anche, sarebbe bello, con il sorriso di chi sa che sta facendo qualcosa di utile per la sua comunità.
Serve nuovamente una destra e non tante destre, a fronte di una sinistra che potrebbe ulteriormente lacerarsi dopo il referendum. Serve una destra che non sia la sommatoria di no, che non faccia il verso ai Cinquestelle, che non si limiti ad affastellare le opposizioni, per quanto tante esse siano, che non rinunci insomma ad offrire, da subito e al meglio, un progetto per l’Italia e se possibile anche per l’Europa, della quale non possiamo fare a meno.
Si, è vero: intorno ci sono solo gufi e bulli. Noi cerchiamo altro: una rondine, si sarebbe detto una volta, tante rondini sarebbe meglio. Proviamoci.
*Adolfo Urso, presidente Fondazione Farefuturo