Verso la crisi di governo ad alta velocità?
La previsione di una rottura tra le forze di governo sulla Tav sembrerebbe ovvia, ma è improbabile che Cinquestelle corra il rischio di sbattere contro il ricorso anticipato alle urne che vedrebbe, stando ai sondaggi, enormemente ridotta la propria rappresentanza parlamentare. Alla Lega viceversa le elezioni anticipate andrebbero a fagiolo sull’onda lunga del consenso che porterebbe certamente Salvini sulla poltrona di Palazzo Chigi. Ma Il leader della Lega sa bene che il Capo dello Stato non scioglierebbe le Camere tanto più se la prospettiva fosse una schiacciante vittoria del carroccio. Se si rompe altro che elezioni, dal cilindro del Quirinale verrebbe probabilmente fuori un’alchimia fatta di tecnici, Pd, centristi di varia origine, pentastellati responsabili e chi più ne ha più ne metta. Una rottura oltretutto farebbe schizzare lo spread alle stelle con conseguente ricaduta negativa su coloro che ne fossero stati gli artefici. E allora? Sembra impossibile, ma anche sulla Tav si troverà infine una parvenza di compromesso per tirare a campare in ossequio all’andreottiano insegnamento “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Tutto in linea con un governo del cambiamento dove tutto rimane tale quale e con una politica che ricalca palcoscenici d’illusionismo dove l’impossibile si veste da miraggio che riflette il mancato possibile.
Tav non solo, mettici pure la questione Venezuela dove i gialli e i verdi sbiadiscono i loro colori in un’astensione che sarebbe ridicola se non fosse prima di tutto vergognosa. Tant’è, nessun governo è mai andato in crisi sulla politica estera tanto meno questo abituato a barcamenarsi tra il diavolo e l’acquasanta ora anche a livello cosmico.
È già, ma sull’autorizzazione al processo a carico di Salvini come la mettiamo? Il leader della Lega indossando la felpa del “mo’ vi frego io” ha inchiodato i grillini alle loro responsabilità. O votano a favore del procedimento giudiziario e sarebbe l’agonia del patto di governo, o votano contro e sarebbe l’annuncio di morte dell’avventura giustizialista grillina. Alla fine, chissà, né la prima ipotesi e neppure la seconda, un “ni” al processo, o un “processateci tutti” cioè nessuno. E si tira a campare.
Cinquestelle e Lega appaiono come partiti contemporaneamente di governo e di opposizione, un nuovo bipolarismo unito da una monocultura di potere finché dura. E cercano di farlo durare il più a lungo possibile. Almeno fino alle elezioni europee dove un quadro aggiornato delle forze in campo dovrebbe da solo indicare la strada del vero cambiamento e svuotare anche il cilindro quirinalizio di eventuali alchimie.
La politica è anche compromesso, arte del possibile e talvolta dell’impossibile (come il sodalizio Lega-Cinquestelle). Ma è soprattutto passione, anima e sangue, un progetto per oggi e per i decenni avvenire. È governare la società di oggi, è guardare al mondo che verrà, ai figli, ai posteri, con un’idea che non è mai stata sconfitta e che non muore. La destra di Salvini ha bisogno dell’anima di quella destra antica che viene da lontano e che guarda lontano, di quella fiamma che nonostante tutto non si è spenta. Dalle urne per le europee nascerà nei fatti il presupposto e la condizione per una nuova alleanza di destra e oltre, che non si si ferma e non si limita alla questione immigrati, che chiude i porti non solo, che che apre la speranza soprattutto ai giovani, a chi oggi non ha lavoro, a chi vive in povertà.
Difficilmente nel futuro ci sarà spazio per Forza Italia. Ha avuto pecche ma anche grandi meriti il movimento creato dal nulla da Silvio Berlusconi. Soprattutto nel ’94 quando riuscì a fermare il colpo di mano de cosiddetti progressisti che stavano per impossessarsi del paese uscito dal disastro di tangentopoli.
Un lungo percorso quello berlusconiano fatto di molte luci ma anche di ombre, un cammino a cavallo tra il Novecento al tramonto e l’alba di un nuovo millennio con nuovi problemi e difficoltà sia del Paese che del mondo. Berlusconi appartiene nel bene e nel male alla storia di questo Paese. Ma anche le storie più belle hanno un inizio e una fine, un’ultima ora di cui i protagonisti non sempre si rendono conto.
Sullo sfondo della sala dei passi perduti, come le damigelle un po’ andate che nessuno invita più al ballo, vedi solitario il Pd. Forse la storia della sinistra è più gloriosa è più grande di questo partito che oggi dovrebbe rappresentarla. Tanti, troppi errori ha lasciato sul suo cammino, ma anche troppe divisioni interne lo hanno minato. È un partito sconfitto prima d tutto da se stesso. Ma anche la sinistra viene da lontano e prima o poi tornerà a guardare lontano. La politica ha bisogno di passione e sangue nelle vene a destra come a sinistra. La plastica e gli algoritmi appartengono o sono appartenuti solo a un’Italia provvisoria.
*Angelo Belmonte, giornalista parlamentare