Workshop progetto Fare Italia nel mondo. Il ruolo dell'Italia nelle nuove relazioni internazionali
La convinzione alla base della discussione è che «il contributo che l’Italia potrà portare all’Ue e alla Nato sarà tanto maggiore quanto più il nostro paese, al pari degli altri paesi della grande famiglia euroatlantica, sarà capace di sviluppare una propria politica estera nazionale da portare in dote ai propri alleati europei ed americani».
Per poter contare di più nel mondo, secondo il documento preparato per il workshop, «l’Italia deve attrezzarsi per un periodo medio-lungo a svolgere una politica estera maggiormente basata, pur in una fase di aumento della scarsità delle risorse, sulla propria diretta azione internazionale e non unicamente sul perseguimento di dividendi ottenibili da semplici scelte di campo e di appartenenza quali la Ue e la Nato».
L’Italia dovrà affrontare, dunque, «i mutati scenari internazionali con un atteggiamento di continuità pragmatica: continuare a credere nei tradizionali pilastri della nostra politica internazionale (europeismo, atlantismo, americanismo, politica mediterranea), consapevoli però che questi ancoraggi da soli hanno sempre meno la capacità di garantire, con la nostra semplice appartenenza, la sicurezza del nostro paese, il suo sviluppo e la sua prosperità economica». Per la Fondazione, inoltre, «all’interno della cornice di queste alleanze l’Italia deve avere il coraggio di tentare nuove vie, anche autonomamente o sviluppando alleanze sui generis su specifici scenari subregionali (Balcani, Mediterraneo orientale, Africa), o impegnandosi in teatri lontani (Afghanistan) con l’obiettivo di conquistare dividendi da spendere sui teatri principali». Obiettivi che sono raggiungibili «attraverso una politica estera maggiormente consapevole dell’interesse nazionale e attraverso il perseguimento di un multilateralismo strumentale e non ideologico, quest’ultimo possibile solo in seguito a una chiara definizione delle principali priorità nazionali».